domenica 24 settembre 2017

LA DAMA MISTERIOSA - INCIPIT

Carissimi lettori,
oggi vi propongo l'incipit di un altro mio romance storico. Se avete amato La contessa delle tenebre, non potete di certo lasciarvi sfuggire La dama misteriosa. Ritroverete l'affascinante sir Drake, personaggio secondario nel primo romanzo, che qui diventa protagonista assoluto. E conoscerete Julia, una donna che si mette in gioco per ottenere ciò che desidera da tutta una vita: l'amore di suo marito.



TRAMA:

Londra, 1805. Sir Jonathan Drake, baronetto impiegato presso i servizi segreti britannici, ha sempre rifuggito l’amore. Ma quando incrocia lo sguardo di una misteriosa e seducente dama con un abito provocante, in un palco all’Opera, se ne invaghisce all’istante.
Quella donna lo affascina e lo turba nel profondo; non ha riconosciuto in lei l’insignificante creatura che ha sposato dieci anni prima e poi dimenticato, relegandola nella sua dimora di campagna.
Ora quella fanciulla timida e impaurita si è trasformata in una donna ammaliante e sensuale, pronta a riprendersi ciò che lui le ha negato. E tutto a un tratto, Drake non desidera altro che prenderla fra le braccia e amarla appassionatamente. Ma le umiliazioni da lei subite, in tutti quegli anni di solitudine, non sono così facili da dimenticare e lui dovrà lottare assiduamente per riconquistarla. Anche se per farlo dovrà mettere a rischio il proprio cuore.



PROLOGO




Bedfordshire, giugno 1795

Sedeva davanti alla toeletta, le mani posate in grembo in una posa rigida e innaturale. Tremava un poco, ma non perché facesse realmente freddo in quella stanza. Anzi, dalle alte finestre aperte filtrava una piacevole brezza, considerata la stagione.
     Julia sospirò, lanciando un’occhiata ansiosa alla porta che metteva in comunicazione la sua camera da letto con quella di sir Jonathan Drake, il suo sposo. Aveva la gola secca e un rivolo di sudore le scendeva lungo il collo. Non era certa di riuscire a tenere a bada l’agitazione, non la sua prima notte di nozze.
     Si umettò le labbra, tornando a fissare lo specchio davanti a sé ed esaminando per l’ennesima volta la propria figura snella, fasciata in un’impalpabile camicia da notte che poco celava del suo corpo ancora acerbo. Avrebbe desiderato possedere forme più arrotondate e seducenti per poter compiacere meglio il proprio marito; invece era alta, magra e spigolosa, senza alcuna attrattiva.
     Le dita corsero all’acconciatura. I nastri con cui aveva legato i capelli si erano disfatti e ora sgradevoli riccioli ramati sfuggivano al rigido chignon sopra la nuca, dandole un aspetto sciatto e  disordinato. La cameriera si era offerta di scioglierle le lunghe chiome e pettinarle per lei, ma Julia  si era rifiutata. Odiava i suoi capelli color carota e tenerli sciolti sulle spalle sarebbe servito unicamente a farla rassomigliare a uno spaventapasseri.
     Un rumore di passi la fece irrigidire. La porta cigolò aprendosi, mentre Sir Drake faceva il suo ingresso nella stanza nuziale, dopo essersi congedato dagli amici che, giù da basso, avevano brindato in onore degli sposi fino a tarda sera. Jonathan era un giovane di bellezza innegabile. Irradiava una forte mascolinità che a Julia non era certo indifferente. Alto, di corporatura atletica, dimostrava più dei suoi venticinque anni. Quando irruppe all’interno, lo fece con una disinvoltura naturale, certamente pronto ad assolvere i propri doveri coniugali senza la minima esitazione o imbarazzo. Vestiva con eleganza informale, una giacca blu scuro fatta su misura, dei calzoni color crema che lo fasciavano come una seconda pelle e un paio di stivali lucidi. I serici capelli biondi contrastavano con il nero del fazzoletto da collo, annodato in maniera impeccabile.
     – Vediamo di portare a termine il nostro ingrato compito, milady – le disse, lasciandosi cadere su una poltrona per togliersi gli stivali, lo sguardo che percorreva la sua intera figura rischiarata dalla flebile luce di una candela.
     Julia deglutì, seguendo i movimenti bruschi del marito con apprensione. Sembrava irritato e forse anche un po’ brillo. Avrebbe voluto dirgli che per lei non vi era nulla di ingrato in tutto ciò, ma le parole non vollero uscire, costringendola a restare in silenzio.
     Poi lui si chinò a sfilarsi le calze. – Sarò sincero con voi fin dall’inizio: vi ho sposata unicamente perché vi sono stato costretto. Mio padre pensa che la figlia di un duca possa essere un buon affare per me. Tuttavia, non illudetevi. Non sono innamorato di voi, né mai lo sarò.
     – Come fate a dirlo? – istintivamente Julia ritrovò la voce. Incatenò gli occhi ai suoi, sforzandosi di capire se fosse serio o se quelle parole crudeli fossero il risultato dei troppi bicchieri di vino che si era scolato durante il ricevimento di nozze. – Ancora non sapete nulla di me. Forse, conoscendomi meglio…
     La sua bassa risata la fece irrigidire. – Non vi illudete, milady. Non credo nell’amore e sono convinto che qualsiasi illusione romantica possiate nutrire nei miei confronti sia solo il frutto di fantasie sciocche e infantili.
     Con un movimento repentino, Jonathan si alzò sfilandosi da sopra la testa la candida camicia di lino, per poi abbandonarla sul pavimento insieme al resto degli indumenti. Julia sgranò gli occhi, fissando senza fiato la gloriosa distesa del petto e i capezzoli ritti che risaltavano sulla pelle abbronzata. Poi, le mani di Jonathan scesero sull’allacciatura dei calzoni. Il suo primo istinto fu quello di voltarsi e distogliere lo sguardo, ma si fece forza e rimase inerte, senza muovere un solo muscolo. Si impose di guardarlo mentre si abbassava le braghe sulle cosce muscolose, finché non fu completamente nudo di fronte a lei.
     Allora sentì stringersi lo stomaco e serrò i pugni conficcandosi le unghie nei palmi. L’asta del sesso era lunga e spessa e sembrava crescere sotto il suo sguardo fino a svettare contro i muscoli dell’addome.
     Accorgendosi del suo sbigottimento lui rise di nuovo, piano. – Be’, come vedete sono perfettamente in grado di consumare questa unione, quali che siano i miei sentimenti per voi – Fece una pausa durante la quale Julia ebbe l’impressione che tutto l’ossigeno le venisse risucchiato dai polmoni. – Allora, vogliamo andare a letto?

* * *

Jonathan cercò di fare tutto il più velocemente possibile. Julia era stretta e si agitava sotto di lui, rendendo più complicati gli affondi. Aveva provato a eccitarla accarezzandola fra le cosce, ma lei si era immediatamente irrigidita, scalciando per spingerlo via e mettendosi a piangere.
     Sospettava che fosse frigida.
     Imprecò sottovoce mentre si ritraeva per penetrarla ancor più in profondità, ignorando le sue lacrime. Ecco perché odiava le vergini e si guardava bene dall’andare a letto con una donna che non avesse una certa esperienza. Julia lo stava facendo sentire un bruto e quello era, senza ombra di dubbio, l’amplesso più insoddisfacente della sua vita.
     – Non durerà ancora a lungo – le sussurrò, muovendosi più in fretta. – Vi avrei evitato tutto questo, ma la nostra unione non sarebbe stata legale altrimenti.
     In risposta udì un altro singhiozzo sommesso.
     Jonathan giurò a se stesso che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe posseduto la moglie. Forse, se e quando gli fosse venuta voglia di mettere al mondo un erede, avrebbe ripetuto l’esperienza. Ma non prima di allora. Per un attimo sperò che lei rimanesse subito incinta, così da non doversene occupare più.
     Con un basso ringhio riversò il proprio seme dentro di lei e rotolò via, ansimando leggermente. Lei rimase immobile, a fissare il soffitto sopra le loro teste come una vergine sacrificale. Be’, vergine non lo era più a ogni modo. Jonathan si sollevò su un gomito e la fissò accigliato. – Domani partirò per Londra e non mi vedrete per molto tempo, mi avete capito?
     Lei sgranò i suoi occhioni verdi, mordicchiandosi il labbro inferiore. – Londra? Per quale motivo?
     – Ho deciso che vivremo separati, così voi non dovrete sopportare la mia presenza né io la vostra. Sarà molto meglio per entrambi.
     Si aspettava di sentirla sospirare di sollievo, ma non fu così. Julia rimase rigida e impettita. Cominciava a credere che quello fosse il suo stato naturale. Jonathan si schiarì la voce. – Ascoltatemi, Julia. Non dovete preoccuparvi. Mi occuperò del vostro mantenimento e di tutto ciò di cui potreste avere bisogno. Non vi mancherà mai nulla.
     Lacrime silenziose ripresero a scendere lungo le sue guance pallide.
     Perché diavolo piangeva adesso?
     Stufo di sopportare tutto ciò, Jonathan si alzò e si rivestì senza dedicarle un’altra occhiata. – Addio, Julia – disse infine, varcando la porta.
     Sbatté l’uscio con forza alle sue spalle, lasciandosi dietro una ragazzina in lacrime e una notte da dimenticare. Per fortuna, era tutto finito.



1




Londra, maggio 1805

Le donne lo affascinavano. Soprattutto quelle dissolute, prive di inibizioni. Era intrigato dal loro modo di sedurre, mettendo in mostra i seni voluttuosi attraverso le scollature degli abiti mentre agitavano i propri ventagli davanti al viso imbellettato.
     Jonathan Drake si mosse sulla poltroncina, lo sguardo rivolto al palco privato in cui sedevano due dame attraenti, intente a seguire rapite l’esibizione del tenore. Una delle due aveva lunghi capelli bruni, intrecciati con fili di perle che ne risaltavano la lucentezza. Era una delle più famose cortigiane di tutta Londra e la conosceva piuttosto bene. L’altra invece era per lui un vero mistero. La colse nell’atto di sventolarsi languidamente il viso delicato, arrossato dal caldo, mentre alcune ciocche dei setosi capelli ramati le sfioravano il collo sottile. Era certo di non aver mai visto una donna più sensuale e conturbante di quella.
     Un brivido caldo gli scese lungo la schiena quando lo sguardo gli cadde sulla porzione di carne opulenta, contenuta a stento nel corpetto dell’abito color smeraldo che ben si intonava al colore dei suoi occhi. La scollatura era dannatamente generosa e gli provocò un’erezione improvvisa che premeva in modo imbarazzante contro i suoi calzoni aderenti.
     Strattonò il fazzoletto da collo allentandolo.
     Era una sua impressione o lì dentro si soffocava?
     Tornò a osservare quell’ammaliante creatura domandandosi chi potesse essere. Di certo non un membro del ton, a giudicare dalla compagnia che si era scelta e dal vestito audace che indossava. Tuttavia, non sembrava neppure una demi-mondaine, con quei grandi occhi da cerbiatta impaurita che saettavano a destra e a sinistra, quasi nel tentativo di prendere familiarità con un ambiente a lei poco consono.
     Forse era una parente di Madame Dubois, giunta da fuori Londra per tenerle compagnia. A ogni modo doveva scoprirlo. Era giusto in cerca di una nuova amante e quella sembrava fare proprio al caso suo: bella come una dea, pareva coniugare innocenza e spregiudicatezza in un’unica persona.
     Ne era inevitabilmente affascinato.
     All’improvviso, la dama misteriosa si protese in avanti sollevando il binocolo per mettere meglio a fuoco i cantanti d’opera sul palcoscenico. Nel farlo, i suoi seni deliziosi premettero contro la stoffa del corpetto e Jonathan fu quasi certo di intravedere le punte rosee dei capezzoli.
     Deglutì, allungando le gambe alla ricerca di una posizione più comoda.
     Dio, il suo sesso era diventato talmente duro da risultare doloroso.
     Quella donna aveva un seno stupendo, pieno e delle dimensioni giuste. Gli toglieva il fiato. Si rese conto di non riuscire a staccare lo sguardo da lei, dalla curva aggraziata delle spalle nude, dalla sua pelle di porcellana o da quelle labbra turgide e seducenti, incurvate in un autentico sorriso.
     – Sapete per caso chi sia la donna in compagnia di Madame Dubois? – chiese all’amico che gli sedeva di fianco. Roger Fisher, visconte Dillon, era al suo pari un gran intenditore di bellezze femminili e aveva un discreto numero di conoscenze nell’ambiente del demi-monde. Distolse lo sguardo dal palcoscenico, la fronte leggermente corrugata, e lo rivolse alla dama in questione. Un fischio d’ammirazione gli sfuggì dalle labbra.
     – Non ne ho idea, ma è indubbiamente una signora di gran fascino.
     Jonathan annuì. – Devo esserle assolutamente presentato. Durante l’intervallo andrò a porgere i miei saluti a Cecile.
     Roger lo osservò di sbieco, negli occhi una luce maliziosa. – Non perdi tempo, vedo. Hai lasciato la tua ultima amante solo una settimana fa e già ti stai guardando intorno?
     – Sai che non riesco a stare lontano dalle sottane, amico mio – ribatté lui, divertito. – Amanda si era fatta troppo possessiva e ho dovuto porre fine alla nostra relazione. Ma questo non vuol dire che debba condurre una vita da monaco, ti pare?
     Roger sogghignò e tornò a concentrarsi sullo spettacolo. Jonathan lo imitò, o almeno ci provò. Gli parve fosse trascorsa un’eternità quando finalmente l’orchestra smise di suonare e i cantanti si ritirarono dietro le quinte per l’intervallo. Scattò in piedi, precipitandosi fuori in direzione del foyer, dove aveva intravisto l’abito color smeraldo della dama misteriosa. Non l’aveva persa d’occhio dall’esatto momento in cui era calato il sipario. La sentì ridere per una battuta sussurratale all’orecchio da un ammiratore, mentre piegava il capo all’indietro esponendo il lungo collo pallido alla vista dei presenti. La sua risata roca, di gola, gli fece venire i brividi. Quella donna era un concentrato di sensualità. Si chiese come sarebbe stato averla a propria disposizione, nuda in un letto.
      – Buonasera, Cecile – disse avanzando con passi indolenti, un sorriso ironico stampato sul viso. – Che piacere vedervi.
     Madame Dubois lo studiò da sotto le ciglia abbassate. Ebbe l’impressione di notare un guizzo di malizia in quegli occhi di un intenso blu notte, ma fu solo un attimo. Subito dopo gli stava porgendo la mano guantata, con grazia. – Sir Drake, il piacere è tutto mio. Posso presentarvi mia cugina, madame Juliette Morin? Si trova a Londra da pochi giorni e ancora non conosce nessuno qui.
     In quell’istante la dama misteriosa si voltò, indirizzandogli un’occhiata languida che lo colpì dritto al cuore. Vista da vicino era ancora più bella.
     – Onorato di fare la vostra conoscenza, madame Morin – Jonathan si inchinò, senza distogliere lo sguardo da lei un solo secondo. Nei limpidi occhi verdi scorse delle pagliuzze dorate che parvero risplendere sotto le luci del lampadario di cristallo che illuminava la sala.
     Lei si schiarì la voce celando il bel volto dietro al proprio ventaglio, in un gesto che gli parve allo stesso tempo pudico e civettuolo. – Sono io a sentirmi onorata, sir Drake. Ho sentito molto parlare di voi.
     – Sul serio? Spero non diate ascolto ai pettegolezzi. Non tutto quello che si dice sul mio conto corrisponde a verità.
     Juliette rise di nuovo, piano. – Corrisponde a verità che siete uno degli uomini più ambiti nei salotti londinesi e che non lasciate mai un’amante insoddisfatta?
     Se nutriva ancora qualche dubbio sul fatto che quella donna non fosse una demi-mondaine, fu immediatamente fugato da quelle parole. Nessuna signora avrebbe mai affrontato un argomento tanto audace in pubblico. Decise di stare al gioco. – Non posso confermare un’affermazione del genere senza peccare di superbia, madame. Ma sono a vostra disposizione qualora voleste confutare voi stessa tali dicerie.
     Lei arrossì appena, dietro al ventaglio, causandogli uno spasmo al basso ventre. Finora non si era mai reso conto di trovare affascinanti le donne capaci di arrossire. Eppure, fu una certezza nel momento in cui il suo sguardo si posò su quelle gote fiammeggianti.
     – Mi state proponendo di diventare la vostra amante, sir Drake? – Juliette sbatté le lunghe ciglia ramate, ammaliandolo. Se ancora fosse stato restio a soccombere al suo fascino, sarebbe caduto ai suoi piedi in quel preciso istante. Quella donna ci sapeva maledettamente fare.
     Rise a sua volta. – Perdonate la mia sfacciataggine, madame. Proprio non so resistere al fascino di una bella donna.
     – Sul serio mi trovate bella? 
     Gli parve sorpresa, i grandi occhi verdi che lo scrutavano da dietro il ventaglio. Diamine, ne dubitava forse? Oppure era semplicemente a caccia di complimenti? Stava per risponderle a tono quando Madame Dubois posò la mano guantata sul braccio della cugina. – Il secondo tempo sta per iniziare. Sarà meglio tornare ai nostri posti.
     Jonathan si accigliò. Era già finito l’intervallo? Il tempo era volato in compagnia di Juliette e quasi non se ne era accorto. – Quando potrò rivedervi? – si affrettò a chiederle, infischiandosene di apparire troppo insistente.
     – Mi piacerebbe visitare Londra – rispose lei, gli occhi che rilucevano di entusiasmo mal celato. – Potreste farmi da cicerone, se per voi non è un disturbo.
     – Nessun disturbo. In realtà pensavo di proporvelo io stesso. Posso passare a prendervi domani, nel primo pomeriggio. Dove alloggiate?
    – Sono ospite di mia cugina Cecile. Immagino sappiate dove abiti, non è vero? Tutta Londra lo sa.
     Jonathan annuì. Non c’era da stupirsi che l’indirizzo di madame Dubois fosse così noto. A turno erano finiti tutti nel suo letto. – A domani, allora.
     Lei gli indirizzò un cenno di assenso e un ultimo sorriso sbarazzino, prima di congedarsi e sparire dentro al suo palco. Pur a malincuore, Jonathan si avviò verso il proprio e si lasciò cadere sulla poltroncina. Ignorò lo sguardo curioso di Roger e sbuffò piano. Quel secondo tempo sarebbe stato terribilmente lungo, ne era certo.

* * *

Julia si accomodò al suo posto, stringendo il proprio ventaglio con tanta forza da spezzarlo. Tremava tutta. – Non mi ha riconosciuta – disse, con un sospiro che non avrebbe saputo dire se di sollievo o rammarico.
     Madame Dubois le prese una mano fra le sue, in un gesto affettuoso. – Non dovete stupirvene. Voi stessa mi avete detto che sono trascorsi dieci anni dall’ultima volta che lo avete visto e che da allora siete cambiata molto.
     Lei annuì, fingendo di guardare il palcoscenico mentre uno scroscio di applausi accoglieva il ritorno dei cantanti. – Avevo sedici anni quando mi sono sposata con Jonathan. Ero così insignificante a quei tempi! Magra, senza seno e col viso coperto di lentiggini. I miei capelli erano indomabili e di un orribile color carota: un’accozzaglia di riccioli ribelli – rise amaramente al ricordo della ragazzina timida e ingenua che era stata. Col tempo aveva preso peso, i seni erano fioriti e i capelli si erano leggermente scuriti diventando di un caldo rosso tiziano. Anche il viso aveva perso traccia delle lentiggini che tanto l’avevano afflitta nella sua adolescenza. La sua pelle ora era perfetta: candida e setosa.   
     Ma i cambiamenti più importanti li doveva a madame Dubois. Lei era la sua mentore. Le aveva insegnato ad avere fiducia in se stessa e tutte quelle armi di seduzione, utili a far cadere gli uomini ai suoi piedi. Grazie a lei era riuscita ad attirare l’attenzione di suo marito, che in quegli anni si era completamente disinteressato alla sua persona.
     Sospirò, trattenendo a stento le lacrime. – Vuole rivedermi. Domani.
     Cecile la studiò un attimo, prima di risponderle. – E voi? Volete rivederlo?
     Cielo, sì! Non era lì per quello?
     Lasciò andare il respiro, facendosi aria col ventaglio. – Certo. È lo scopo del mio viaggio a Londra riconquistare mio marito.
     – Riconquistarlo o diventare la sua amante? Sono due cose ben diverse, mia cara.
     Julia scrollò le spalle. – Voglio sedurlo, fargli perdere completamente la testa. Pensate che sia sbagliato?
     Madame Dubois le rivolse un sorriso malizioso. – No, affatto. Tuttavia, mi chiedo perché vogliate proprio lui. Non mi avete detto che la vostra prima notte di nozze fu orribile, insoddisfacente per entrambi? Qui a Londra ci sono tanti uomini affascinanti che darebbero la vita per venire a letto con voi. Posso presentarvene alcuni, se lo desiderate.
     Julia si irrigidì. – Vi ringrazio per l’offerta, ma non sono cambiata poi così tanto. Non sono una sgualdrina. E poi le voci che ho sentito sul conto di mio marito sono entusiastiche. Tutte le sue amanti sono concordi nel definirlo un uomo appassionato, decisamente al di sopra di ogni aspettativa a letto. Voi stessa me lo avete confermato.
     Cecile ridacchiò, probabilmente ricordando i tempi della sua antica relazione con Jonathan. – Sì, vostro marito ci sa fare. Su questo non vi sono dubbi, ma…
     – Sono certa che, se mi considerasse alla stregua di un’amante, si impegnerebbe per soddisfare anche me.
     – Ma certo, mia cara. Quello che non capisco è perché vogliate sedurlo, per poi tornare nel Bedforshire a fare la reclusa. Cosa ricaverete da questa avventura?
     Julia esitò. Vi aveva riflettuto a lungo negli ultimi mesi, ma era difficile esprimere a parole ciò che provava. Si schiarì la voce. – Voglio sentirmi una donna sensuale e disinibita, almeno per una volta nella vita. E voglio fare l’amore con mio marito. Non mi importa se non sarà per sempre. Non nutro illusioni in tal senso. So bene che tutte le sue relazioni si concludono, prima o poi, e che  Jonathan non è portato per i legami di lunga durata. Ma è così umiliante sapere di essere l’unica donna che non ha conosciuto il piacere fisico tra le sue braccia.
     – Dunque è una questione di orgoglio?
     – Forse. A ogni modo, mi aiuterete?
     Madame Dubois sorrise. – Ma certo, mia cara. Sarà divertente vedere sir Drake capitolare. Ciononostante, non temete che possa scoprire il vostro inganno? Se decidesse di raggiungervi nel Bedfordshire, capirebbe che voi e Juliette Morin siete la stessa persona.
     Julia si lasciò sfuggire un’amara risata. – Non viene a trovarmi da dieci anni. Perché dovrebbe volerlo fare adesso?
     – Prima o poi potrebbe desiderare di mettere al mondo un erede a cui passare il titolo di baronetto.
     Lei deglutì. Sì, esisteva quella possibilità in effetti. Ma non le importava. – Correrò il rischio.




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