giovedì 30 aprile 2015

SCANDALOSI LEGAMI - QUINTA PUNTATA



Diana osservò Sartori da sotto le ciglia abbassate. Sembrava sincero quando diceva di tenere alla propria figlia. Forse era un padre assente, ma non per questo disinteressato. Si inumidì le labbra, prima di rispondergli. – Mi dia retta, cerchi di passare un po’ più di tempo insieme a lei. Le parli e soprattutto ascolti cosa ha da dirle. Questo è l’unico consiglio che posso darle.
     – E se non volesse confidarsi con me? Viola è quasi una donna, ormai. Forse ha bisogno di una figura femminile che la guidi e la consigli.
     Sartori era un uomo acuto e perspicace, su questo non aveva il minimo dubbio. – Pensa che la madre parlerebbe con Viola, se le facesse presente che sta attraversando un periodo difficile?
     Lui fece una risata amara. – Ne dubito fortemente. Però potrebbe provare a parlarci lei.
     – Io? – Diana sgranò gli occhi, incredula. – Perché io?
     – Be’, è la sua insegnante e mia figlia la stima molto. Le sarei infinitamente grato, se mi facesse questo favore.
     Diana esitò. Non era professionale lasciarsi coinvolgere nella vita di quell’uomo affascinante e carismatico. Però era anche vero che in gioco c’era la carriera scolastica di Viola e, come insegnante, lei aveva tutto il diritto di cercare di capire se la ragazza aveva dei problemi. Alla fine annuì. – D’accordo. Farò un tentativo.
     Il sorriso che Sartori le dedicò la fece avvampare. Era un sorriso caldo, intimo, da camera da letto. Avrebbe dovuto metterla a disagio e irritarla, invece la eccitò. In quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per un contatto fisico, ma non doveva dimenticare il fatto che lui, con ogni probabilità, era abituato a donne ben diverse da lei: eleganti, raffinate e bellissime. Ora che le veniva in mente, aveva letto qualche articolo su Andrea Sartori, sulle riviste di gossip. Si diceva che cambiasse compagna di letto ogni notte. Ed era solito accompagnarsi a modelle o dive del cinema e della televisione. Sicuramente doveva trovare lei, una povera professoressa zitella, decisamente scialba e poco allettante. Se stava facendo il cascamorto, era unicamente per convincerla a dargli una mano con Viola e sarebbe risultato oltremodo patetico se lei si fosse convinta del contrario.
     Il suo umore peggiorò all’istante e per fortuna l’arrivo del cameriere la salvò da un momento di forte imbarazzo. Lasciò che le riempisse il calice di un vino bianco vivace, che mandò giù con estremo piacere.
     Ricomponiti, Diana. Quell’uomo non sarà mai tuo.

* * *

Dopo la cena Sartori la riaccompagnò a casa, come un perfetto gentiluomo. Guidava una di quelle auto sportive che solo gli uomini molto ricchi possono permettersi e questo la fece sentire a disagio. Che cosa ci faceva lei, lì, con lui? Erano persone così diverse.
     Quando raggiunsero la palazzina in cui abitava, cercò di dissuaderlo dall’accompagnarla fino al portone. Ma avere la meglio su quell’uomo era un’impresa superiore alle sue possibilità e alla fine dovette cedere. Lasciò che le aprisse la portiera dell’auto, guidandola lungo il marciapiede deserto, rischiarato da un unico lampione.
     Impiegò più del dovuto a trovare le chiavi di casa, nella borsa ricolma di oggetti inutili, e quando riportò lo sguardo su di lui si avvide che la stava fissando intensamente. Si morse il labbro, confusa. Cosa intendeva fare? La risposta le giunse inaspettata: Sartori la afferrò saldamente, mettendole una mano dietro la nuca mentre l’altra le stringeva la vita. La teneva così stretta che riusciva a sentire il battito calmo e regolare del suo cuore. Quasi non riusciva a respirare.
     – Grazie per la bella serata, Diana – la sua voce le procurò un lieve fremito. Era talmente vicino che poteva aspirare il suo odore, un misto di cuoio e acqua di colonia, molto maschio.
     – Grazie a lei per la cena, signor Sartori. È stata squisita.
     – Andrea.
     – Come? – Quasi non riusciva ad afferrare il senso delle sue parole. Sbatté le ciglia, come per schiarirsi le idee.
     – Chiamami Andrea. Voglio sentire il mio nome sulle tue labbra.
     A quel punto era completamente soggiogata da lui. – Andrea – mormorò, senza fiato.
     Lui la premette più forte a sé e il suo ventre entrò in contatto con qualcosa di duro. Diana sollevò immediatamente lo sguardo, il cuore che le batteva in petto come un uccellino impazzito.
     Non riusciva a crederci. Si sforzò di trovare un modo per gestire la situazione in maniera adeguata, ma provava un profondo imbarazzo. Cielo, aveva il pene di Sartori contro il proprio stomaco.
     Il pene in erezione, per l’esattezza.
     E anche piuttosto grosso.

     Poi Sartori lasciò andare la presa e appoggiò le mani ai lati della sua testa, bloccandola contro il portone di casa e fissandola con occhi di brace. Nessuno dei due disse una parola. Lui chinò il capo, senza distogliere lo sguardo, e Diana deglutì. Realizzò in quel preciso istante che stava per baciarla e, maledizione, lei desiderava da morire che lo facesse.


lunedì 20 aprile 2015

OLTRE I CONFINI DEL TEMPO - UN ESTRATTO

Vi lascio un estratto del mio time-travel, "Oltre i confini del tempo", in vendita su amazon e kobo.

TRAMA:

Sara ha diciotto anni e sta passando un periodo difficile. Il suo ragazzo l'ha lasciata e a scuola non riesce a trovare la giusta concentrazione. Ma durante una gita scolastica in Puglia, la sua vita cambia di colpo: Sara si ritrova catapultata nel 1813, in un mondo a lei totalmente sconosciuto, alla mercé di un affascinante ladro gentiluomo che le fa battere forte il cuore. Ma chi è veramente Giulio Guadalupi? Un pericoloso brigante o un ricco aristocratico? Fra colpi di scena e situazioni esilaranti, Sara vivrà un'avventura fantastica e conoscerà il vero amore, quello capace di infrangere le barriere del tempo.



ESTRATTO:

Si era rimessa in cammino da un bel po’, quando lo vide. Era un giovane alto, vestito con una camicia di lino bianca e dei calzoni al ginocchio piuttosto antiquati, chino sul fiume. Pareva intento ad abbeverarsi, come se non nutrisse alcun timore di bere acqua non potabile o inquinata.
     Sara stava per mettersi a correre verso di lui, quando il giovane si voltò all’improvviso, sul viso un’espressione accigliata e diffidente. Solo in quel momento si accorse che le stava puntando contro un’arma: una di quelle pistole antiche che si vedono nei musei.
     – Resta fermo lì, non un passo di più – sibilò, feroce. I suoi occhi percorsero interamente la sua figura, come per studiarne le forme. – Siete una donna – aggiunse, subito dopo. – Vestita in quel modo vi avevo presa per un ragazzo.
     Lo vide aggrottare la fronte e fare qualche passo verso di lei, senza abbassare l’arma. – Non vorrai farmi credere che quella cosa che hai in mano spara? – chiese Sara, indecisa se prenderla sul ridere o irritarsi.
     L’uomo continuò ad avanzare. – Oh, sì che spara. E se non volete ritrovarvi con un bel buco nel cuore, fareste bene a non muovervi.
     Sara trattenne il respiro. Lo sconosciuto aveva un fisico asciutto e agile, indiscutibilmente minaccioso. Le sopracciglia erano ben disegnate e i grandi occhi, color azzurro ghiaccio, la stavano fissando intensamente.
     Deglutì. Aveva senza ombra di dubbio le sembianze di un brigante, uno di quelli che si vedono nei film storici. Persino i capelli gli davano quell’aspetto: erano scuri e lunghi, raccolti in una coda di cavallo con un laccio di cuoio.
     – Ma chi diavolo sei? Un pazzo che si diverte a terrorizzare le ragazze indifese?
     Lui rise. Una risata bassa, gutturale e tremendamente sexy. – Scusate se mi permetto, ma non avete affatto l’aria della ragazza indifesa. Per quale motivo siete vestita come un uomo?
     Sara abbassò lo sguardo. Indossava una camicia, un paio di leggings e stivali. – Non sono vestita da uomo! – sbottò esasperata. – I leggings sono indiscutibilmente un indumento femminile. E la camicia…
     – State cercando di confondermi con un linguaggio bizzarro? Ebbene, risparmiate il fiato. È piuttosto evidente che siete vestita da uomo. Le donne non indossano brache e stivali. Che ne è di corsetto, sottogonne, pizzi e seta?
     Il sorriso dello sconosciuto si fece ironico, ma non fu quello a turbarla. – Corsetto? Sottogonne? Ma di cosa stai parlando?
     – Dell’abbigliamento consono a una fanciulla. E, ditemi, cosa ci fate tutta sola in aperta compagna? Non avete paura di essere assalita dalla banda di Papa Ciro?
     Sara sbatté le palpebre. Si sentiva confusa. – Chi? – che lei sapesse l’ultimo Papa si chiamava Francesco, non Ciro.
     L’uomo inarcò le sopracciglia. – Non avete mai sentito parlare di Papa Ciro e la sua banda di briganti?
     Sara scosse la testa. – Francamente no. Chi sarebbe costui?
     L’uomo si grattò la testa con la mano libera, mentre nell’altra continuava a impugnare la pistola.
– Voi ferite il mio orgoglio. Avete davanti proprio uno dei suoi seguaci, sapete? Ci diamo tanta pena per saccheggiare i dintorni e la gente neppure sa chi siamo! Un vero colpo al cuore.
     Il suo tono era ironico, ma Sara intuì che si sentiva spiazzato. Beh, lei non era da meno.
     – Ancora non hai risposto alla mia domanda. Chi diavolo è questo Papa Ciro?
     – Il suo vero nome è Ciro Annicchiarico. Un tempo faceva parte del clero, ma adesso è diventato il capo di una banda di briganti.
     Sara era sempre più peplessa. – Un prete che ruba? Oddio, meglio che essere pedofilo in fondo.
     Lui aggrottò la fronte. – Pedofilo? Come diamine parlate, si può sapere?
     Brigante o no, la persona che aveva di fronte doveva essere un bell’ignorante.
     Sara alzò gli occhi al cielo. – I pedofili sono quelli che stuprano i bambini.
     Un altro sorrisino ironico fece capolino sul suo viso abbronzato. – Una signora non dovrebbe nemmeno affrontare certi argomenti. Comunque potete star sicura, a Ciro piacciono le donne, non i ragazzini. E anche al sottoscritto.
     Finita la frase, riprese a fissarla lentamente, da capo a piedi, percorrendo con occhi insolenti ogni parte del suo corpo, per poi indugiare lo sguardo sulla scollatura della camicia. Per quale motivo la guardava in quel modo?
     Sara sbuffò. – Quindi derubate la gente? È per questo che mi stai puntando contro quella “cosa”? – indicò quell’arma antiquata, non sapendo come altro definire quel pezzo da museo – Vuoi i miei soldi?
     Aprì lo zaino con gesti impazienti. Ci mancava anche lo scippatore! Quella doveva essere la sua giornata sfortunata. Tirò fuori il portafogli e gettò per terra delle banconote. – Ecco, è tutto quello che ho!
     Il ladro fece una smorfia. – Cosa pensate che dovrei farci con quei pezzi di carta?
     Pezzi di carta? Erano ben cento euro!
     Sara incrociò le braccia sul petto. – Se non ti interessano i miei soldi, allora cosa vuoi da me?
     Lui fece un altro passo verso di lei, gli occhi fissi nei suoi. Sembrava un felino che girava intorno alla preda e un brivido di apprensione la inchiodò al suolo.
     – Domanda interessante – fece il brigante, scostando una ciocca di capelli che gli era ricaduta sulla fronte. – Potrei fare molte cose con voi, ma non ora. Adesso dobbiamo andarcene da qui. Mi stanno alle costole e non ho alcuna intenzione di farmi trovare.
     Sara spalancò gli occhi, inorridita. – Io non vengo da nessuna parte con te!
     Si voltò di scatto, cominciando a correre all’impazzata. Era senza fiato, ma continuò ad andare avanti, facendosi strada fra gli olivi che circondavano il letto del fiume e ignorando i sassi e le buche nel terreno che la facevano sbandare.
     Gocce di sudore le imperlavano la fronte. Non avrebbe resistito a lungo, ma non poteva cedere. Nella sua mente c’era un’unica certezza: doveva fuggire via da quel pazzo. Poi un pesante colpo a un fianco la fece cadere a terra. Il dolore fu lancinante e le tolse il poco fiato che le era rimasto. Un paio di mani l’afferrarono, girandola bruscamente, finché non si ritrovò a fissare gli occhi glaciali del brigante, o quello che era.
     – Dove diavolo credete di andare? Se pensate che vi lasci libera di correre a denunciarmi, vi sbagliate di grosso.
     Sara sputò qualcosa per terra. Forse sangue. Nella caduta si era rotta il labbro inferiore che sanguinava copiosamente. La testa le girava come in un vortice.
     – Non ho intenzione di denunciare nessuno – disse, non appena ritrovò un po’ di fiato. – Voglio solo tornare a casa.
     Lacrime di frustrazione le offuscarono la vista mentre lui la afferrava per le braccia, impedendole i movimenti.
     – Pensate che vi creda?
     – Ti prego, lasciami andare.
     Il corpo del brigante la schiacciava sotto al suo peso, togliendole il respiro. Inaspettatamente riprese a fissarla in un modo strano.
     – Chi diavolo siete?
     Con la mano le sfiorò il labbro sanguinante, per poi scendere con esasperante lentezza lungo la guancia e sul collo.
     – Cosa diavolo stai… – Sara era sempre più turbata. Non voleva pensare alle sensazioni provocate da quelle carezze. Non ora. – Toglimi le mani di dosso!
     Lui la ignorò. Continuando a tenerla inchiodata a terra, le afferrò il mento. Sara cercò di divincolarsi, ma l’uomo aveva dita d’acciaio. – Avete la pelle di una gran dama – riprese, come se stesse riflettendo ad alta voce. – E un ottimo profumo, di certo costoso. Non ne ho mai sentito uno uguale.
     Sara si sentì il cuore in gola. Cosa intendeva farle? Cercò di respirare normalmente, ma era difficile con lui che muoveva quella mano su di lei con una disarmante familiarità.
     Si ritrovò a fissare i suoi occhi di ghiaccio con sguardo supplice. Ma lui non la lasciò andare e continuò la sua esplorazione, insinuando una mano sotto la sua camicetta.
     All’improvviso lo sentì imprecare sottovoce. – Diamine, non indossate biancheria intima?
     Sara trattenne il fiato. Le sue dita ora le stavano accarezzando l’addome, fino a raggiungere l’ombelico. Avrebbe dovuto scalciare, lottare in qualche modo, invece si sentiva come paralizzata. Perché non aveva indossato una canotta sotto la camicia?
     Finalmente il brigante la lasciò andare. Con un movimento fluido si alzò in piedi, sollevandola di peso. Sembrava sofferente. Forse nella caduta si era ferito a sua volta, sebbene non mostrasse lacerazioni evidenti.

     Una volta in piedi, Sara lo fissò sospettosa. – Mi lascerai andare?


lunedì 13 aprile 2015

SCANDALOSI LEGAMI - QUARTA PUNTATA

*Attenzione!* Per gli argomenti trattati, questo racconto è riservato ad un pubblico adulto.

Andrea non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. La professoressa Ricci si era presentata all’appuntamento vestita con un semplice tubino nero che le arrivava poco sopra il ginocchio e le fasciava i fianchi arrotondati, lasciandogli immaginare le curve che nascondeva. Non era nulla di provocante o eccessivamente raffinato. Un tempo lo avrebbe definito squallido. Eppure, indossato da quella donna aveva su di lui un effetto devastante.
     Non vedeva l’ora di toglierglielo!
     Risollevò lo sguardo, tornando a fissarla negli occhi e simulando un qualche interesse per ciò che stava dicendo. Aveva labbra morbide, sensuali, sottolineate da un filo di rossetto. Labbra che sarebbe stato un vero piacere baciare, leccare, mordere.
     Una fitta all’inguine lo indusse ad agitarsi sulla sedia, alla ricerca di una posizione più comoda.
     – Ha ascoltato una sola parola di quello che ho detto? – La voce di lei lo colse di sorpresa, facendolo trasalire. Era dannatamente difficile concentrarsi con un corpo come quello, lì davanti.
     Andrea si schiarì la voce. – Mi stava parlando di Viola, giusto?
     La professoressa sbuffò, roteando gli occhi. – Le stavo dicendo che ultimamente sua figlia è molto distratta. Ma deve essere un vizio di famiglia.
     Un sopracciglio schizzò verso l’alto e lui non riuscì a trattenere un sorrisino. – Ero distratto, lo ammetto. Mi stavo chiedendo che tipo di biancheria intima indossa sotto a quell’abito. È sempre così maledettamente sexy, Diana? Posso chiamarla per nome, non è vero?
     La vide arrossire come una scolaretta e la fitta all’inguine si intensificò.
     – Come ha detto?
     – Mi ha sentito benissimo.
     Gli venne una gran voglia di allungare una mano verso di lei e sfiorarle una guancia, per sentire il calore della sua pelle: in quel preciso momento sembrava sul punto di andare a fuoco. Invece riportò il discorso su binari più sicuri. – Riguardo a Viola, non so cosa le stia capitando. Con me non parla molto.
     – Forse dovrebbe passare un po’ più di tempo con sua figlia.
     Non aveva parlato in tono di rimprovero, eppure Andrea si sentì infastidito. – Non importa la quantità del tempo che si passa coi propri figli. Conta la qualità.
     Lei rise, ma senza gioia. I suoi occhi, di quel verde misterioso e intrigante, erano fissi su di lui, quasi intendessero trapassarlo da parte a parte. – Non ho mai sentito un’affermazione più ridicola!
     Andrea cominciò a tamburellare con le dita sul tavolo. Si interruppe solo quando il cameriere giunse per prendere le ordinazioni, dopo di che tornò a fissare Diana con un briciolo di irritazione. – Come le ho già spiegato, sono un uomo molto impegnato. Dirigo una società informatica di livello internazionale e spesso sono all’estero per lavoro. Viaggio in continuazione. Anche volendo, non posso trascorrere molto tempo con Viola.
     La professoressa sospirò. Sembrava decisamente contrariata. – E la madre? Non è mai venuta a scuola a parlare coi professori.
     A quel punto Andrea si irrigidì. Non gli piaceva parlare di Lisa. L’aveva esclusa dalla sua vita e così aveva fatto anche sua figlia. – La madre di Viola è sempre in giro per il mondo. È una famosa modella e si è sempre disinteressata di lei. Non la vede da anni.
     La sorpresa le fece battere le palpebre. Per un istante lo fissò, aggrottando la fronte. – Siete divorziati?
     – Non ci siamo mai sposati.
     La vide tentennare e poi recuperare in fretta il proprio autocontrollo. – Be’, di certo non è la situazione ideale per una ragazza dell’età di Viola. Il padre è troppo impegnato e la madre assente. Non c’è da stupirsi che il suo rendimento a scuola sia calato ed è un vero peccato perché Viola ha ottime possibilità. È sveglia e intelligente. Deve solo applicarsi di più.

     Andrea si passò una mano fra i capelli. – Mi dica cosa devo fare con lei e lo farò. Viola è importante per me. È la cosa più preziosa che ho.


venerdì 3 aprile 2015

HAREM'S BOOK RECENSISCE LA DAMA MISTERIOSA

Care lettrici,
oggi vi propongo un'altra recensione, a cura del blog Harem's Book. Lo conoscete?
Per chi fosse curioso di sapere cosa ne pensa Ginger de "La dama misteriosa", ecco il link: http://www.haremsbook.com/?p=2871#comment-1314

Buona lettura!