Se volete sapere cosa ne pensa Anita Blake, del blog "Insaziabili Letture", di Scandalosi legami. leggete qui:
http://insaziabililetture.blogspot.it/2015/10/recensione-scandalosi-legami-di-laura.html?spref=fb
Grazie anche per i bellissimi banner!!!
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lunedì 26 ottobre 2015
SCANDALOSI LEGAMI - LA PRIMA RECENSIONE
Ringrazio di cuore Eva Palumbo, e il blog "La mia biblioteca romantica", per questa graditissima sorpresa. Vi adoro!!!
http://bibliotecaromantica.blogspot.it/2015/10/scandalosi-legami-di-laura-gay.html?showComment=1445850101649#c8693944383465376212
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domenica 18 ottobre 2015
SCANDALOSI LEGAMI DA OGGI IN EBOOK
Carissimi lettori,
vi informo che "Scandalosi legami" è diventato un vero e proprio ebook da scaricare e da oggi è in vendita su tutti i principali store online. E non solo, fino al 31 ottobre lo troverete in offerta lancio al modico prezzo di 0,99 €.
Affrettatevi!!!
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martedì 13 ottobre 2015
SCANDALOSI LEGAMI - VENTISEIESIMA PUNTATA
*Attenzione!* Per gli argomenti trattati, questo racconto è riservato ad un pubblico adulto.
Non sapeva come fosse riuscito a
resistere fino al suono della campanella. Jacopo uscì dalla classe stanco,
nervoso e con le mani sudate. Se le asciugò nei jeans prima di dirigersi verso
la III B e fermarsi davanti alla porta. Diede una sbirciata all’interno, lasciandosi
sfuggire un sospiro di sollievo: Viola era ancora lì, in piedi, con la testa
sepolta nello zaino. Indossava un miniabito stretch che le stava da Dio.
Il respiro gli
si fermò in gola. – Ehm, Sartori… posso parlarti un minuto? È per la recita
scolastica.
La sua
compagna di banco, ferma accanto a lei, gli lanciò un’occhiata maliziosa.
Glielo aveva detto? Dannazione, non aveva affrontato quell’argomento con lei,
ma pensava fosse chiaro che dovesse restare un segreto. Poi Viola si voltò a
guardarlo, le guance accese e un sorriso stupendo, e tutto intorno a lui
scomparve. Jacopo era certo che non sarebbe stato in grado di dire neppure il
proprio nome, in quel frangente.
L’amica di
Viola gli passò a fianco. – Vi lascio soli. Arrivederci, Prof.
– Ciao, a domani.
Viola mosse un
passo verso di lui, accorciando la distanza. – È bello vederti.
Jacopo entrò
nell’aula e richiuse prontamente la porta alle sue spalle. Vi si appoggiò
contro, come alla ricerca di un sostegno. Il cuore sembrava volergli schizzare
fuori dal petto. – Ciao, Viola. Come stai?
Il suo sorriso
si allargò. – Secondo te? Continuo a toccare il cielo con un dito. Non mi
sembra vero.
– Dobbiamo
stare attenti. Non ne abbiamo parlato, ma è di fondamentale importanza che tu
non dica a nessuno quello che c’è tra noi.
Aveva usato il
presente di proposito. Cazzo, non era disposto a rinunciare a lei. La voleva
ancora. Viola si morse il labbro e arrossì in quel modo che ormai gli era
diventato così familiare. Sentì un tuffo al cuore mentre le si avvicinava.
– L’ho detto
solo a Daniela – confessò, timorosa. – Ma di lei possiamo fidarci. È la mia
migliore amica.
Jacopo si
passò una mano tra i capelli, lo sguardo ipnotizzato dal corpo flessuoso di lei
che si muoveva per andargli incontro: i fianchi snelli e le lunghe gambe
tornite; il seno che si intravvedeva sotto alla scollatura dell’abito.
Deglutì,
dimenticando ogni altra cosa. – D’accordo. Ma non farne parola con nessun
altro. Perderei il posto di lavoro, se si sapesse. Detesto puntualizzarlo, ma…
– È per dirmi
questo che sei venuto? – Viola sembrava delusa. Si fermò, gli occhi incatenati
ai suoi.
Jacopo
l’afferrò e se la strinse contro il petto. – Dio, no. Scusami. Volevo vederti,
in realtà. Impazzivo dalla voglia di vederti, di stringerti.
Le mani si
mossero contro la sua volontà. Le accarezzò i seni attraverso la stoffa del
vestito e poi le afferrò la nuca, cercandole le labbra. Sapeva che non doveva.
Erano a scuola e chiunque avrebbe potuto entrare e sorprenderli. Eppure, non
era riuscito a resistere al desiderio opprimente che dilagava in lui.
Solo un bacio,
si disse. Uno solo.
La bocca si
mosse avida contro quella di lei, le lingue si incontrarono, si sfiorarono, e
un brivido gli percorse la schiena. – Viola – disse con voce roca, staccandosi.
– Stavo pensando che noi due non siamo mai stati a un vero appuntamento. Che ne
dici di uscire con me stasera? Potremmo andare a mangiare una pizza oppure al
cinema.
Aveva parlato
a raffica, il cuore in gola. Non era mai stato così agitato in vita sua!
Lei gli posò
entrambe le mani sul petto e iniziò a giocherellare con i bottoni della sua camicia.
Ne sganciò uno e poi lo fissò con aria birichina. – Dico che è un’idea
stupenda.
Jacopo
trattenne il respiro, mentre Viola sganciava anche il secondo bottone, accarezzandogli
il torace con quelle dita sottili e affusolate. Il brivido lungo la schiena si
intensificò, strappandogli un ansito. Dovette fermarla appoggiando una mano
sopra quella di lei. – Viola, non qui. Potrebbe entrare qualcuno.
– Jacopo, ti
desidero.
Quelle parole,
appena sussurrate, gli risuonarono nelle orecchie come un colpo di cannone.
Lei lo
desiderava.
Cazzo, quella
creatura stupenda desiderava proprio lui!
Le sfiorò
un’ultima volta le labbra. – Anch’io, Viola. Anch’io.
Erano in un
bar del centro davanti a un piatto di Bonet.
Viola affondò il cucchiaino nel dolce, quasi senza sentire le chiacchiere
incessanti di Daniela. Quando ci si metteva, la sua amica era logorroica.
– Ehi, mi stai
ascoltando?
Arrossì e si
ficcò in bocca il cucchiaino, assaporandolo a occhi chiusi. – Scusami, ero
distratta.
– Già. Chissà
come mai? Con uno spasimante come il professor Torre, che ti guarda in quel
modo languido, anch’io sarei distratta. Anzi no. Sarei a casa sua. Nel suo
letto.
A Viola quasi non
andò di traverso il dolce. Cominciò a sputacchiare e dovette trangugiare un
bicchier d’acqua per smettere di tossire. Si guardò intorno, speranzosa di non
aver attirato l’attenzione di nessuno.
– Non mi ha
guardata in modo languido – protestò irritata. – E comunque mi ha dato
appuntamento per stasera. Oh, come vorrei passare la notte da lui, Dani! Non
hai idea.
Lei ridacchiò.
– Be’, un’idea ce l’avrei. E sentiamo, perché non puoi restare da lui?
– Scherzi? Chi
lo dice a mio padre? Ho già una fottuta paura che non mi lasci uscire la sera.
È incazzato perché non gli ho detto della festa della scuola.
Daniela alzò
gli occhi al cielo. – Tuo padre è un vero dittatore. I miei non mi danno tutte
queste restrizioni. Quando uscivo con Riccardo, dormivo da lui tutti i fine
settimana.
Riccardo era
stato il primo ragazzo di Daniela. Una storia durata un anno e finita
all’improvviso perché lui si era trovato un’altra. Viola rabbrividì al
pensiero. Sarebbe successo anche a lei e a Jacopo di lasciarsi così? Forse lei
era un’inguaribile romantica, ma sperava che la loro storia durasse in eterno.
Sbuffò piano.
– Mio padre non mi permetterebbe mai di dormire a casa di un ragazzo.
Figuriamoci se gli dicessi che esco col mio insegnante di inglese!
– Io tuo padre
proprio non lo capisco. Invece di essere contento… così avresti lezioni private
d’inglese gratis.
Viola non
riuscì a trattenere una risata. Si alzò, scostando la sedia e producendo un
fastidioso stridio. – Tu sei mezza matta! – esclamò cercando il portafoglio
nello zaino. – Secondo te, andrebbe a pensare alle lezioni d’inglese? Gli
verrebbe un colpo, se sapesse che non sono più vergine. Te lo dico io!
Daniela si
alzò a sua volta e insieme si diressero alla cassa. – Perché non vai a stare
con tua madre? Sono sicura che lei ti lascerebbe più libera.
Viola si fermò
di scatto con la sensazione che l’aria le fuoriuscisse dai polmoni. – Mia
madre? Quella è sempre in giro per il mondo. Se ne frega di me.
– Appunto.
Potresti fare tutto quello che vuoi. Anche dormire tutte le notti a casa di
Jacopo.
Lei non prese
neppure in considerazione l’idea. Avrebbe spezzato il cuore a suo padre, ne era
sicura. E poi non voleva lasciarlo, anche se a volte era testardo e
autoritario. Si apprestò a pagare le ordinazioni di entrambe, quando la mano di
Daniela calò sulla sua spalla facendola trasalire.
– Guarda, non
è la prof di italiano quella?
Viola guardò
fuori dalla vetrata del bar. Diana Ricci stava attraversando i portici di
corsa, infagottata in un cappotto rosso fuoco; la sciarpa di lana che le copriva
metà volto. – Sì, è lei. E allora?
– Secondo te
cosa ci fa in centro, dopo la scuola? Se non sbaglio, abita da tutt’altra
parte.
– Saranno
fatti suoi, non credi?
Daniela
assunse un’espressione curiosa e un po’ maligna. – Secondo me ha un amante.
Ehi, ma non è il palazzo in cui si trova l’ufficio di tuo padre, quello?
Viola tornò a
guardare fuori dalla vetrata. Si sporse un po’ per vedere meglio e annuì.
Effettivamente suo padre aveva l’ufficio proprio lì, in Corso Regina
Margherita. A pochi passi dalla sua scuola.
Aggrottò la
fronte. – Be’, questo non vuol dire proprio niente. Ci sono una marea di uffici
lì, mica solo quello di mio padre.
– Già. Ma la
professoressa Ricci ultimamente è stata piuttosto intima di tuo padre, giusto?
Era a casa tua la sera in cui avete litigato. E l’altro giorno è venuta da te,
dicendo che glielo aveva chiesto lui. Come mai tutta questa confidenza tra
loro? Non ti sembra strano? Dovrebbero conoscersi appena.
Viola deglutì.
Daniela aveva perfettamente ragione, anche lei lo aveva considerato strano.
Solo che, presa dai suoi problemi con Jacopo, non ci aveva riflettuto granché.
Ma ora che la sua amica glielo faceva notare, un senso di gelo si impadronì di
lei.
Suo padre
aveva una relazione con la sua insegnante di italiano?
Era assurdo.
Lui
frequentava solo modelle anoressiche o attricette da quattro soldi. E la Ricci
era una donna distinta, non particolarmente attraente. O meglio, fingeva di non
esserlo, nascondendosi sotto abiti antiquati e ridicoli. Ma lei l’aveva
guardata bene, quella volta a casa sua.
Era bella.
Molto bella.
Scosse il capo
con decisione e riportò l’attenzione sul barista che la fissava impaziente. –
Non dire cazzate, Dani – rimproverò l’amica.
Non era vero.
Non poteva
essere vero.
mercoledì 7 ottobre 2015
SCANDALOSI LEGAMI - VENTICINQUESIMA PUNTATA
*Attenzione!* Per gli argomenti trattati, questo racconto è riservato ad un pubblico adulto.
Viola entrò in casa in punta di
piedi. Si era tolta le scarpe per fare meno rumore, ciononostante la luce si accese all’improvviso e suo padre le
si avvicinò, lo sguardo torvo e poco rassicurante. Si appoggiò con la spalla a
una colonnina di marmo, le braccia incrociate sul petto. – Dove diavolo sei
stata? E perché cazzo non rispondi al cellulare? Ti avrò lasciato una decina di
messaggi!
Lei si morse
il labbro. – Sei già tornato? Pensavo che saresti stato fuori tutta la notte.
– Non hai
risposto alle mie domande, signorina.
Viola sbuffò e
roteò gli occhi. – Sono stata a una festa organizzata da alcuni compagni di
scuola. C’era musica ad alto volume e non ho sentito suonare il telefono –
Evitò di dire che l’aveva silenziato per poter fare l’amore con Jacopo senza
interruzioni.
– Per quale
motivo non ne sapevo nulla? – Suo padre inarcò un sopracciglio. Era un gesto
che faceva sempre quando era irritato, il che non prometteva nulla di buono. Si
stava mettendo male.
Calmati, Viola. Qualsiasi cosa lui dica non
guasterà la tua felicità.
Si schiarì la
voce, lasciando cadere la borsetta su una poltroncina. – Non ti ho detto nulla
perché tu mi avresti imposto di tornare a casa prima di mezzanotte, come
Cenerentola.
Lui inarcò
anche l’altro sopracciglio. Viola si corresse: si stava mettendo molto male. – Ottimo. Adesso mi nascondi
le cose? Non mi piace affatto come ti stai comportando, Viola. Adesso fila a
letto, ma ne riparleremo. Puoi giurarci.
Lei avrebbe
voluto chiedergli che fine avesse fatto il suo appuntamento di quella sera. Non
era mai successo che rientrasse così presto, quando si vedeva con una delle sue
amichette. La tipa in questione gli aveva dato buca? Ma tutti questi
interrogativi rimasero senza risposta. Viola si limitò a obbedire e si chiuse
in fretta in camera sua.
Quella notte
avrebbe sognato Jacopo, le sue mani che l’accarezzavano ovunque e i suoi baci,
carezze vellutate sulla pelle.
Era proprio
vero: niente avrebbe guastato la sua felicità. Neppure i rimproveri di suo
padre o le sue punizioni.
Si sfilò
l’abito da sera in silenzio e lo ripose ordinatamente nell’armadio. Poi si mise
davanti allo specchio, cercando di studiare i cambiamenti del proprio corpo.
Si notava che
era diventata donna?
I seni erano
un po’ più gonfi e doloranti, e fra le gambe si sentiva ancora indolenzita.
Viola si sfiorò appena, trattenendo il respiro. Quanto avrebbe voluto che fosse
Jacopo a toccarla lì.
Un rossore
improvviso le imporporò le guance.
Lui aveva
detto che lo avrebbero rifatto. Di nuovo.
Non vedeva
l’ora!
Indossò una
vecchia maglietta che usava come pigiama e s’infilò nel letto, sotto le
coperte. L’indomani avrebbe raccontato tutto a Daniela. L’emozione che provava
dentro non poteva tenerla per sé o sarebbe traboccata fino a farla scoppiare.
Sorrise
abbracciando il cuscino. Poi spense la luce e si lasciò sopraffare dalla
stanchezza.
Andrea non
riusciva a dormire. Era incazzato con Viola, con Diana e con se stesso. No, non
era esatto. Quello che provava per la professoressa Ricci andava al di là della
rabbia o del rancore. Era puro e semplice desiderio.
Con un
sospiro, afferrò lo smartphone e compose il numero che ormai conosceva a
memoria. Per un attimo pensò che lei non avrebbe risposto, ma dopo un paio di
squilli la voce morbida di Diana gli giunse all’orecchio, incendiandogli una
volta di più i sensi.
Se bastava la
sua voce a farlo eccitare era proprio fottuto.
– Pronto,
Andrea sei tu?
– Finalmente
ti sei decisa a memorizzare il mio numero.
– Non ce n’è
bisogno. Tu sei l’unico che mi chiama a quest’ora della notte.
Lui rise
piano, stringendo il cellulare tra le dita e appoggiandosi allo schienale del
letto. – Ti ho svegliata?
– No, non
dormivo.
Avrebbe voluto
chiederle se stava pensando a lui e se era eccitata, ma non voleva entrare in
un terreno pericoloso. Dannazione, ce l’aveva ancora duro. Avrebbe dovuto
gettarsi sotto l’acqua fredda. Meglio se ghiacciata.
– Cosa stavi
facendo?
A quella
domanda lei non rispose. La sentì schiarirsi la voce, come se fosse
imbarazzata. – Senti, Andrea… mi hai chiamata per qualche motivo in particolare
o solo per sapere se ero già a letto.
– Non
pronunciare quella parola.
– Quale
parola?
– Letto. Se
penso a te in un letto, impazzisco. E sono già piuttosto teso per conto mio.
Seguì un’altra
pausa silenziosa, infine lei disse: – Che è successo? Problemi con Viola?
Andrea
sospirò. – È tornata a casa poco fa. Dice di essere stata a una cazzo di festa
coi compagni di scuola.
– Ah, sì. Ne
ho sentito parlare a scuola. I ragazzi volevano invitare anche me. Che
assurdità! Mi ci vedi in un locale notturno assediata dai miei alunni?
Diana rise,
probabilmente per stemperare la tensione, ma lui era sempre incazzato. Molto
incazzato. – Il peggio della faccenda è che non mi ha detto nulla. È uscita di
casa approfittando della mia assenza e non ne avrei saputo nulla, se non fossi
rientrato prima di lei.
– Mi dispiace.
Hai voglia di parlarne?
– Avrei voglia
di rompere qualcosa. Cazzo, Viola non si è mai comportata così!
– Tua figlia
attraversa un’età difficile e credo che…
– Finisci la
frase.
Andrea percepì
un lieve fruscio, come se Diana si stesse muovendo. Forse aveva cambiato
posizione. La sua immaginazione cominciò a lavorare frenetica. Dove si trovava?
Sul letto? Era nuda o con quel grazioso babydoll che le aveva visto addosso?
La voce di lei
interruppe i suoi pensieri indecenti. – Credo che Viola si sia innamorata di un
compagno di classe.
– Credi o te
l’ha detto lei?
– A questa
domanda non posso rispondere.
Andrea sbuffò.
Era preoccupato per sua figlia. Dannatamente preoccupato.
– Pensi che ci
abbia fatto sesso?
Il silenzio
che seguì lo fece sorridere, malgrado tutto. Immaginò Diana diventare rossa
come un peperone. Riusciva quasi a vederla.
– No, non
credo. Tua figlia ha la testa sulle spalle. Dovresti avere un po’ più di fiducia
in lei. Quando le ho parlato mi è sembrata molto matura, più delle ragazze
della sua età.
Lui imprecò
sottovoce. – E questo è un bene o un male?
– Andrea, non
puoi impedirle di crescere. Lascia che faccia le sue scelte. Le sue esperienze.
E sì, anche i suoi sbagli.
– Saresti
stata un’ottima madre, sai? Lo disse all’improvviso, quasi senza riflettere, e
si accorse di averla spiazzata in qualche modo. – Ehi, ci sei ancora?
– Sì, certo.
– Vorrei che
fossi qui. Mi manchi.
– Andrea…
– Lo so, lo
so. Dobbiamo smetterla. È questo che stai per dirmi, non è vero?
– È quello che
dovrei dirti – fece una pausa. – Ma non è quello che voglio.
Per un attimo
fu tentato di chiederle di raggiungerlo, ma non sarebbe stato il caso, con
Viola che dormiva nell’altra stanza. – Buonanotte, Diana – disse, infine.
– Buonanotte,
Andrea.
– Non posso crederci! – Daniela
le lanciò uno sguardo obliquo, smettendo di digitare sullo smartphone. –
L’avete fatto sul serio? Tu e il professor Torre?
Viola aprì la
bocca e la richiuse di scatto guardandosi attorno; i sensi in allerta e le
guance che scottavano per l’imbarazzo. Si trovavano nel piazzale della scuola,
proprio davanti al cancello d’entrata. Inutile dire che erano circondati da una
marea di studenti chiassosi.
– Sei pazza?
Abbassa la voce!
L’amica fece
spallucce e ficcò il cellulare nello zaino, dimenticando all’istante la chat su
WhatsApp. – Uffa! Chi vuoi che ci
senta? Nessuno ci sta prestando attenzione, te lo garantisco. Avanti, racconta!
Lei finse di
esaminare un sassolino per terra, sicura che non sarebbe riuscita a parlare
guardandola negli occhi. – Oh, Dani… è stato bellissimo! Lui è così dolce e
bacia da Dio.
– Non ti ha
fatto male? Io la prima volta mi sarei messa a urlare per il dolore.
– Solo un po’.
Insomma, pensavo peggio. E comunque, prima di penetrarmi mi ha fatta venire.
Sai, con le dita.
Arrossì ancora
e si mise a frugare nello zaino, fingendo di cercare qualcosa di fondamentale
importanza.
– Cavolo, come
ti invidio! Deve saperci fare davvero. Be’, ma d’altra parte lui è un uomo, non
un ragazzino sfigato come quelli che frequentano questo liceo.
Viola stava
per replicare, quando la voce di Scarpati le fece sollevare la testa di scatto.
– Eccoti qui! Dove cazzo sei finita ieri sera?
Merda.
Si era proprio
dimenticata di Stefano. Lo aveva mandato a prenderle da bere al bancone del bar
e poi era sparita con Jacopo, senza pensare minimamente a lui. Si morse la
lingua, assumendo un’espressione dispiaciuta.
– Scusami,
Stefano. Non sono stata bene e il professor Torre mi ha riaccompagnata a casa.
Deve avermi fatto male qualcosa che ho mangiato a cena, perché ho vomitato
tutta la notte.
Lui fece una
smorfia di disgusto. – Potevi mandarmi un messaggio, almeno. Ti hanno vista ballare
insieme al prof e poi sei sparita. Nessuno sapeva dove fossi finita.
– E quando te
lo mandavo il messaggio? Tra una vomitata e l’altra? Sono stata sul punto di
svenire!
Daniela
trattenne una risatina e lei le diede una gomitata in un fianco. Ci mancava che
si mettesse a ridere, rovinandole la recitazione migliore di tutta la sua vita.
Doveva ammetterlo: era un’attrice nata.
Scarpati
spostò il peso da un piede all’altro e tossicchiò. – Ero preoccupato.
– Mi spiace,
Stefano.
In un certo
senso non era una bugia. A Viola dispiaceva davvero per lui e non era fiera di
averlo usato per ingelosire Jacopo. Tutte quelle storie sul fatto che il fine
giustifica i mezzi non le aveva mai credute. Ciononostante, non era pentita.
Quello che aveva provato tra le braccia di Jacopo era in grado di scacciare
ogni altro pensiero, ogni timore, ogni rimorso.
Esisteva solo
lui, il suo corpo nudo e muscoloso che si muoveva sul proprio.
Avvampò di
nuovo, il che giocò a suo favore. Stefano le credette e abbozzò un sorriso. –
Okay, tutto sistemato. Quando possiamo vederci? Io e te da soli, intendo.
A una simile
domanda Viola non era preparata. Quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
Guardò l’orologio al polso, alla ricerca disperata di un’idea. – Accidenti,
sono le otto passate! Dobbiamo salire in classe. Ti chiamo io, d’accordo?
Lui esitò, ma
Viola non gli diede il tempo di aggiungere altro che era già schizzata via,
seguita da Daniela con le lacrime agli occhi per le risa trattenute.
– Lasciatelo
dire, Viola – esclamò l’amica mentre si lanciavano su per le scale. – Tu sì che
sai raccontare palle. Sei eccezionale.
A quel punto
anche a lei scappò da ridere, ma soffocò le risate con la mano. In fretta,
varcarono la porta dell’aula, prima che arrivasse l’insegnante della prima ora.
venerdì 2 ottobre 2015
SCANDALOSI LEGAMI - VENTIQUATTRESIMA PUNTATA
*Attenzione!* Per gli argomenti trattati, questo racconto è riservato ad un pubblico adulto.
Jacopo rimase a guardarla
intenerito. Era stupenda, sdraiata sul suo letto, coi capelli arruffati attorno
al viso e le gote accese per il piacere appena provato.
Lei si sollevò
su un gomito, lo sguardo allarmato. – Non è tutto già finito, vero? Voglio
dire, tu…
– No, Viola. In realtà deve ancora cominciare.
Si portò una
mano all’inguine.
Cazzo. Ce
l’aveva così duro che gli faceva male.
Si calò i
jeans, liberandosene velocemente, per poi incatenare di nuovo lo sguardo su
Viola. – Ti farà un po’ male, piccola – si scusò. Se avesse potuto evitarle il
dolore della prima volta, lo avrebbe fatto. Ma non era possibile, purtroppo.
Lei gli
sorrise in quel modo dolce che lo mandava in estasi. – Non importa. Voglio
darti piacere, Jacopo. Lo voglio così tanto.
Lui deglutì.
Era rimasto senza parole, cosa che gli succedeva raramente. Per nascondere
l’imbarazzo, si protese verso il comodino alla sua sinistra e frugò nel primo
cassetto.
Dove aveva
messo i preservativi?
Ah, eccoli!
Ne prese una
confezione e la aprì coi denti, facendo attenzione a non danneggiarlo. Dio, era
così eccitato che gli tremavano le mani.
– Posso
aiutarti? – La voce un po’ infantile di Viola lo fece trasalire. – Ti prego,
voglio imparare.
– D’accordo.
Devi posizionarlo sulla punta e poi srotolarlo lentamente. Sì, così. Brava.
Le parole gli
uscirono leggermente roche e dovette trattenere un sibilo.
Cristo, sentir
scorrere le dita di Viola sul proprio pene era la cosa più eccitante che avesse
mai provato in vita sua. E dire che ne aveva avute di donne prima di lei. Ma
Viola era speciale. Unica.
Le allargò le
cosce con il ginocchio, posizionandosi al centro; l’uccello che premeva alla
base della sua apertura. Voleva fare piano, ma non era sicuro di riuscire a
controllarsi. Un gemito soffocato gli uscì dalla gola nell’esatto momento in
cui glielo mise dentro, spingendo fino in fondo. La sentì irrigidirsi, sul
volto una smorfia di dolore che avrebbe voluto cancellare con i baci.
Dio, quanto
era stretta.
Vergine.
Inviolata.
Sua.
– Viola, mi
dispiace – disse fermandosi all’istante, i muscoli di tutto il corpo in
tensione. – Vorrei rendertelo più facile, ma…
– Non ti
preoccupare – La voce di lei era un rauco sussurro. – Va bene così. Posso
sopportarlo.
Le dita
affusolate di Viola si posarono sul suo zigomo sinistro e scesero sul mento,
dove un accenno di barba gli rendeva la pelle più ispida. I suoi occhi erano
sognanti, come se davvero non le importasse del dolore appena provato,
concentrati su di lui.
Jacopo provò a
muoversi. Uscì lentamente, per poi riaffondare in lei.
Dio, non era
certo di riuscire a mantenere quel ritmo.
Sentiva
l’esigenza di spingere più veloce, più forte, martellarla senza fine.
Alla fine
strinse i denti. – Viola, non so descriverti quello che sto provando. Mi stai
mandando in pappa il cervello.
Lei sorrise.
Un sorriso timido, incerto. Dolcissimo. – È la stessa cosa che sto provando io.
Oh, Jacopo, mi fai toccare il cielo con un dito. Ti prego, non trattenerti. Non
trattarmi come se fossi una bambola di porcellana.
A quel punto,
non riuscì proprio a fare piano. Le catturò le labbra con un bacio umido che
sapeva di buono, i fianchi che si muovevano frenetici dentro e fuori di lei. La
sua fica lo avvolgeva come una guaina bollente, incredibilmente stretta e
scivolosa.
Se quello non
era il Paradiso, gli somigliava maledettamente.
Quando tutto finì, Viola si
accorse di avere le unghie conficcate nella schiena di Jacopo. Non se ne era
resa conto, ma doveva avergli lasciato dei segni.
Che vergogna!
– Ti è
piaciuto? – Si sentiva ansiosa e imbarazzata mentre lui si afflosciava su di
lei, privo di forze.
La sua bassa
risata ruppe il silenzio. – Dovrei essere io a chiederlo a te, non ti pare?
Jacopo le
scostò un ricciolo dalla fronte e lei arrossì. – Be’, io non ho termini di
paragone. Ma vorrei sapere se a te è
piaciuto.
– Viola, non
mi è solo piaciuto. È stato
fantastico.
Lui rotolò al
suo fianco, sudato e ansante. Era così bello. Viola avrebbe voluto allungare la
mano e toccarlo, ma all’improvviso si riscoprì timida e impacciata. Si coprì
col lenzuolo, distogliendo lo sguardo. – Quindi, non ti sei pentito?
Jacopo si fece
a un tratto serio, concentrato. – Tu ti sei pentita? – Nella sua voce percepì
una preoccupazione che la intenerì e rassicurò al tempo stesso.
– Mai. È stata
la notte più bella della mia vita. Non la dimenticherò finché vivo.
– Nemmeno io,
Viola – Si protese verso di lei, sfiorandole le labbra con un dito. – Nemmeno
io.
Il bacio che
seguì fu dolce, tenero. Il bacio di due amanti che si scambiano tenerezze dopo
il sesso. La parte che Viola preferiva.
Doveva
ammetterlo: sentirlo muoversi dentro di lei era stato emozionante, ma non
piacevole. Aveva provato un dolore intenso, acuto, che l’aveva lasciata quasi
stordita. Ma tutto ciò che aveva preceduto il rapporto sessuale vero e proprio,
be’… quello era stato meraviglioso. Era certa di non aver mai provato un
piacere così intenso. Adorava le carezze di Jacopo, i suoi baci. Non si sarebbe
mai stancata di baciarlo. Come ora, le loro lingue che si intrecciavano,
comunicandosi vicendevolmente un messaggio segreto che solo gli innamorati
potevano comprendere.
Si strinse
maggiormente a lui, ruotando il bacino. Ma Jacopo si staccò da lei
all’improvviso, un sorriso di scuse sulle labbra carnose. – È meglio che ti
riaccompagni a casa o farò di nuovo l’amore con te. E non è proprio il caso.
Non adesso.
Lei dovette
reprimere un sospiro di acuta delusione. – Per me non c’è problema – mormorò,
sollevandosi su un gomito.
– Viola, è
stata la tua prima volta – Il suo tono era inflessibile. A un tratto era
tornato il professore e lei l’allieva. – Non voglio stancarti. Sarai
sufficientemente provata.
Lei si morse
il labbro. – Sento solo un po’ di bruciore. Davvero, non è nulla…
– Viola… – La
fissò severo e lei fu costretta a capitolare. – La prossima volta andrà meglio,
vedrai. Mi assicurerò di farti godere così tanto da dimenticare questo…
fastidio.
– Oh, allora
ci sarà una prossima volta? Davvero? – Viola non avrebbe voluto manifestare
così apertamente la propria apprensione, ma non era riuscita a frenarsi in
tempo. Il cuore aveva ripreso a battere forte, lo sentiva rimbombare contro lo
sterno.
Lui le sfiorò
di nuovo le labbra con le proprie. – Puoi scommetterci, piccola.
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