vi è piaciuto il racconto Brividi ad alta quota? Se vi siete lasciati conquistare da Katie e Luke, ecco a voi il sequel del racconto. Stavolta l'ambientazione è natalizia, ma vi regalerà emozioni e risate a volontà.
Buona lettura!
Katie strofinò il naso contro il collo del suo uomo, dopo
una performance di sesso da urlo. Il profumo di lui, un aroma intenso di sudore
e acqua di colonia, le invase le narici.
Divino.
Lui le accarezzò piano la
schiena, scendendo ad afferrarle i glutei. – Signorina Wilson, stavolta ha dato
il meglio di sé. Se lo lasci dire.
Lei sorrise divertita. Le piaceva
quando la chiamava signorina Wilson.
Era una delle sue ricorrenti fantasie erotiche quella di fare sesso con uno
sconosciuto. Qualcuno che non sapesse nulla di lei.
Oddio, a dire il vero tra lei e
Luke era nato tutto così. La prima volta che erano finiti a letto non conosceva
neppure il suo nome. Anzi, lo credeva addirittura qualcun altro. Per un attimo
le parve di rivivere quell’incredibile weekend a Parigi.
– Ascolta… – Luke si sollevò su
un gomito, gli splendidi occhi azzurri puntati su di lei. – C’è una cosa che
devo dirti.
Ahi.
Di solito, quando un uomo
esordisce in quel modo, è per darti una brutta notizia: confessare un tradimento,
o peggio per dirti che ti vuole lasciare.
Katie trattenne il respiro. –
Quale cosa?
– Mia madre verrà a Chicago per
Natale.
– E allora?
La madre di Luke viveva in Canada
e vedeva il proprio figlio solo durante le festività. Quindi, nulla di strano
che volesse raggiungerlo a Chicago, ora che lui si era trasferito da quelle
parti.
Luke si passò una mano tra i
capelli spettinati. – Le ho detto che vi avrei fatte conoscere.
Katie si sollevò di scatto, il
cuore che sembrava schizzarle fuori dal petto. – Che cosa? Io non sono pronta a conoscere tua madre. Ricordi cosa
avevamo deciso? Di andare per gradi. Goderci il nostro rapporto senza impegni,
senza doverlo gridare al mondo intero.
Luke sollevò un sopracciglio. –
Katie, ci frequentiamo già da cinque mesi ormai. Mi sembra di averti concesso
tutto il tempo necessario per abituarti all’idea. E mia madre non è esattamente
il mondo intero.
– È la stessa cosa! – Katie era
turbata. Anzi, no. Terrorizzata. Quest’ultima parola rendeva meglio l’idea.
Strinse gli occhi, puntandogli un dito contro. – Sai bene che non voglio che si
sappia in giro che io e te andiamo a letto assieme.
– Potrei trovarlo offensivo –
Luke fece scattare in alto anche l’altro sopracciglio, segno che era indispettito.
Molto indispettito. – E per inciso, io e te non andiamo a letto insieme. Siamo
una coppia. È differente.
Katie non riusciva a capire quale
fosse la differenza. O forse non voleva accettare l’idea di essersi legata
sentimentalmente al plurimiliardario più noto del Paese. La notizia di una
storia tra loro sarebbe stata sbattuta in prima pagina, e nonostante lei fosse
una giornalista, odiava l’idea di apparire sui rotocalchi. Specie per una cosa
così intima e personale.
– A ogni modo, se si sapesse di
noi due, al giornale tutti penserebbero che, se sono riuscita a ottenere
un’intervista esclusiva da te, è solo merito del fatto che mi sono infilata nel
tuo letto. Sarebbe estremamente umiliante.
Luke roteò gli occhi. Pareva
frustrato, ma non in collera. – Prima o poi dovremo dare la notizia. Non ce la
faccio più ad andare avanti così. Costretto a nascondermi ogni volta che ci
vediamo.
– Hai sempre detto che lo trovavi
eccitante.
– Le prime due settimane, forse.
Ora non più. Ora voglio ufficializzare il nostro rapporto.
– È un ultimatum?
– Chiamiamolo così – Luke
incrociò le braccia sul petto muscoloso, appoggiandosi ai cuscini. – A Natale
tu pranzerai con me e mia madre. Altrimenti, considera conclusa la nostra
storia. Mi sono spiegato?
Katie sbuffò.
Eccome se si era spiegato.
Cercò di mostrarsi indifferente,
ma il mondo le stava crollando addosso. Non era pronta a rinunciare a Luke
Anderson. Non ancora.
***
Non avrebbe voluto metterla di fronte a una simile decisione.
Luke sapeva che non sarebbe riuscito a rinunciare a lei in ogni caso. Tuttavia,
non aveva avuto scelta. Era stufo di tutti quei sotterfugi: intrufolarsi a casa
sua di soppiatto a notte fonda, per poi andarsene all’alba. Nessuna cenetta
romantica nei ristoranti della città. Nessuna serata al cinema. E che dire
delle passeggiate al chiar di luna? Impensabili.
Non ne poteva davvero più. Aveva
un orgoglio da difendere.
Senza contare il fatto che lui
desiderava sul serio ufficializzare il loro rapporto. Le aveva persino comprato
un anello con un diamante grosso come una noce, e contava di darglielo proprio
il giorno di Natale. Dopo di che avrebbero fatto l’amore. Intensamente. Con una
rinnovata passione.
Aveva pianificato tutto.
E non aveva intenzione di
rinunziarvi, solo perché la donna che amava se la faceva sotto dalla paura.
Si mise a sedere sul letto mentre
Katie si rivestiva in fretta, sulle labbra un broncio infantile. Avrebbe voluto
mangiarsela di baci, ma si trattenne. Invece rimase a fissarla beandosi del suo
corpo perfetto, fasciato in un abito talmente aderente da non lasciare nulla
all’immaginazione.
– Hai intenzione di andare al
lavoro vestita così? – borbottò con un pizzico di gelosia. – Non sei un po’
troppo sexy?
Lei gli rivolse uno sguardo
torvo. Era ancora arrabbiata. – Sai com’è… se mi devo trovare un nuovo amante,
è bene che mi dia da fare. Manca appena una settimana a Natale.
Piccola vipera.
Quest’ultima frecciata poteva
risparmiarsela.
Luke fece un grugnito e si alzò a
sua volta, raggiungendola e abbracciandola da dietro. – Ma fino ad allora sei
mia – Le sollevò l’orlo dell’abito, scoprendo le cosce rivestite da un paio di
autoreggenti nere. Infilò un dito sotto il pizzo delle calze, massaggiandole la
tenera carne con lenti cerchi. – Soltanto mia.
Katie si lasciò sfuggire un
sospiro. – Farò tardi al lavoro.
Lui la baciò proprio sotto la
nuca, scendendo lungo il collo vellutato. – Cercherò di concludere in fretta.
Il dito risalì fino all’elastico
delle mutandine, insinuandosi all’interno.
Cristo, era già bagnata.
– Sì, credo che non mi ci vorrà
molto.
I sospiri di Katie si
trasformarono in gemiti veri e propri, mentre le strofinava il dito sul
clitoride gonfio e desideroso delle sue attenzioni.
Un lento sorriso gli incuneò le
labbra.
Forse non era detta l’ultima
parola.
***
Era in ritardo. Tremendamente in
ritardo.
Katie spalancò la porta della
redazione col respiro affannato, nella mente il ricordo dell’ultimo amplesso
con Luke. Arrossì avviandosi verso la propria scrivania, i tacchi degli stivali
che risuonavano sul pavimento.
– Ehi, Katie – La voce di Sylvia,
una delle sue colleghe, la fece voltare di scatto. – Il capo vuole vederti nel
suo ufficio. Immediatamente.
Lei deglutì, arrestandosi di
colpo.
Ecco, lo sapeva.
Adesso avrebbe ricevuto una bella
lavata di capo. E tutto per colpa di Luke.
Con la coda tra le gambe mutò
direzione e si ritrovò davanti a una porta a vetri. Bussò, trattenendo il
respiro finché una voce tuonò: – Avanti!
Timidamente infilò la testa
all’interno. – Sono io, Katie. Desiderava vedermi?
– Ah, Wilson. Era l’ora che si
facesse vedere. Entri.
Mordicchiandosi il labbro, Katie
si fece avanti richiudendo la porta alle spalle. Le tremavano le ginocchia, ma
non voleva far capire che era in ansia. Quindi, si piazzò davanti alla
scrivania del grande capo, in attesa.
Lui si appoggiò allo schienale
della poltrona, studiandola in silenzio. Solo dopo un esame approfondito – Dio
mio, come minimo doveva avere i capelli in disordine e le labbra ancora gonfie
dei baci di Luke – si decise a parlare.
– L’ho convocata per assegnarle
un compito che solo lei può portare a termine.
Lei sbatté le palpebre più volte.
La stava prendendo per i fondelli? Era vero che, dopo la famosa intervista
esclusiva ad Anderson, la sua posizione all’interno del Chicago Sun-Times era decisamente migliorata. Ma non fino a questi
punti.
Aggrottò la fronte. – Quale
compito, signore?
Lui si grattò la testa pelata. –
È trapelata la notizia che Anderson trascorrerà il Natale in compagnia della madre
e della fidanzata.
Fidanzata?
Da quando era diventata la
fidanzata?
Katie sentì il proprio cuore
rimbalzarle nel petto mentre si imponeva di restare calma. Non poteva
permettersi il lusso di giocare a carte scoperte. – Non sapevo che fosse
fidanzato.
Il grande capo si appoggiò coi
gomiti alla scrivania, le mani unite a piramide. – Non lo sapeva nessuno,
Wilson. È stato molto bravo a celarne l’identità fino a adesso. Ma lei
scoprirà di chi si tratta. Voglio sapere tutto di questa donna: nome, età,
professione… persino che taglia di reggiseno porta. Siamo intesi?
Katie si sentì svenire all’idea
che la sua taglia di reggiseno venisse sbandierata su tutti i giornali.
Era decisamente troppo.
Arrossì. – Ehm… e cosa le fa
pensare che io riesca nell’intento? Non vedo Anderson da mesi. Dopo quella
famosa intervista non ho più avuto contatti con lui.
Bugiarda.
Eccome che li aveva avuti e anche
piuttosto intimi. L’ultimo quella stessa mattina, a essere precisi. Ma il capo
non poteva saperlo, giusto? Lo vide scuotere la testa con rassegnazione e
s’irrigidì.
– Senta, Wilson… mettiamola così…
o mi porta le informazioni che le ho chiesto e mi scrive un articolo coi
fiocchi, in esclusiva, oppure si consideri licenziata.
Fece per deglutire, ma aveva un
groppo in gola e la saliva quasi le andò di traverso. – Licenziata, ha detto?
– Sì, ha capito bene.
Li-cen-zia-ta.
Oh, merda.
Era proprio il caso di dirlo.
***
Luke osservò Katie che si
avvicinava con passo spedito, un orrendo paio di occhiali da sole a celarle lo
sguardo e un cappello a larghe falde sulla testa.
Come diavolo si era conciata?
La risata gli morì in gola nel
momento in cui l’ebbe abbastanza vicina da accorgersi che era nervosa. Anzi,
no… incazzata nera.
– Che è successo? – le chiese un
po’ preoccupato. – Questa è la prima volta che accetti un appuntamento alla
luce del sole, in mezzo alla gente.
Lei si guardò intorno, quasi
volesse sincerarsi di non aver attirato l’attenzione degli altri clienti del
locale. Un po’ difficile, visto il modo in cui si era vestita. Poi gli puntò
contro un dito accusatore.
– Come hai potuto farlo?
– Fare che cosa?
Luke era perplesso.
Non le staccò gli occhi di dosso
mentre prendeva posto al tavolo che aveva riservato per loro due, calcandosi
quell’orribile cappello sulla testa. Katie parve ritrovare la calma e gli
indirizzò un gelido sorriso.
– Avanti, a chi lo hai detto?
– Tesoro, ti giuro che non riesco
a capirti.
– Di noi due. A chi lo hai detto?
Luke cominciava a comprendere
quale fosse il problema. Tossicchiò. – A nessuno, te lo giuro. Ti avevo
promesso che non l’avrei fatto e mantengo sempre le mie promesse. Nemmeno a mia
madre ho fatto il tuo nome… per ora.
Lei si tolse gli occhiali e i
suoi incredibili occhi da cerbiatta si strinsero fino a scomparire. – Al
giornale è trapelata la notizia che trascorrerai il Natale con la tua
fidanzata. Fidanzata, hai capito
bene. Com’è possibile, se come dici hai tenuto la bocca chiusa?
Luke cominciò a innervosirsi, suo
malgrado. Rifletté sugli ultimi avvenimenti e si schiarì la voce. – Be’, ho
prenotato un tavolo nel migliore ristorante di Chicago. Un tavolo per tre.
Forse mi è sfuggito il fatto che avrei pranzato con mia madre e un’altra donna.
Ma non ho mai detto…
Katie grugnì qualcosa di
incomprensibile e si infilò nuovamente gli occhiali. – E da questo avrebbero
dedotto che l’altra donna è la tua
fidanzata? Non un’amica o una lontana parente. La fidanzata.
Luke si deterse la fronte sudata
col fazzoletto. Non faceva particolarmente caldo in quel locale, soprattutto
considerato che la temperatura esterna era scesa a tre gradi sotto lo zero e si
prevedeva una bella nevicata. Ciononostante lui si sentì avvampare. In realtà,
c’era un motivo per cui doveva essere trapelata la notizia del fidanzamento.
C’era la questione dell’anello. Aveva comprato quel dannatissimo anello, solo
che a lei non poteva dirlo. Avrebbe rovinato la sorpresa.
Si protese in avanti ostentando
uno dei suoi sorrisi migliori. Quelli che di solito mettevano in ginocchio le
signore. – Non ne ho idea, piccola. Ma tu sai come sono i giornalisti. Da una
cosa piccola così, ne fanno una montagna. Avranno lavorato un po’ di fantasia.
Katie iniziò a tamburellare sul
tavolo con un grazioso ditino. La conosceva e sapeva che stava riflettendo
sulle sue parole.
– E sia – la sentì rispondere
dopo un po’. – Accetterò di pranzare con te a Natale.
Luke si illuminò all’istante. Il
cuore perse un battito mentre prendeva la mano di Katie tra le sue,
accarezzandole piano l’interno del polso. – Fantastico, piccola. Non te ne
pentirai, lo giuro.
Lei tolse la mano e lo studiò con
diffidenza. – Lo spero bene. Comunque non ho finito… desidero un po’ di
collaborazione da parte tua.
– Collaborazione? – La voce gli
uscì un po’ stridula. – In che senso?
Katie strinse gli occhi e
avvicinò il viso al suo. – Nessuno deve sapere che io sono la tua fidanzata. Se
un giorno dovremo mai dare una simile notizia, voglio essere io a informare
amici e parenti. Nonché i colleghi. Non desidero finire sulle prime pagine
delle riviste di gossip. Intesi?
Luke assentì. Non poteva darle
torto. – Ma certo, tesoro. Terrò la bocca cucita, te lo giuro.
Lei parve rilassarsi. Tornò a
sorridere e gli scoccò un bacio su una guancia. – Bene. Ci tenevo a chiarire
questo punto. Ora che ne dici di ordinare? Ho una fame da lupi!
Luke fece segno al cameriere di
avvicinarsi. Si sentiva molto più tranquillo anche lui.
Sarebbe andato tutto bene.
O almeno lo sperava.
***
Il giorno di Natale
Katie si rimirò allo specchio e
fece una smorfia. Per l’occasione aveva indossato una parrucca bionda che le
dava l’aspetto di una donna sexy e sofisticata. Poi si era infilata un abito
d’alta moda, di quelli che indossano i vip alle serate di gala. Okay, aveva
dato fondo a tutti i suoi risparmi per acquistarlo, ma così era certa che
nessuno avrebbe visto in lei la giornalista squattrinata del Chicago Sun-Times, bensì una dama
dell’alta società.
Chiuse gli occhi.
Respira, Katie. Respira.
Si passò un filo di trucco sulle
guance pallide e applicò delle lenti a contatto azzurre per cambiare il colore
degli occhi. Poi si passò una generosa dose di rossetto sulle labbra. L’effetto
non era male: persino sua madre avrebbe stentato a riconoscerla.
Ottimo.
Dopo aver calzato un paio di
scarpe tacco dodici – e tutti sapevano che lei odiava i tacchi alti – s’infilò
un cappotto col collo di pelliccia e afferrò una borsetta firmata, in cui aveva
riposto i propri effetti personali.
Era pronta.
Il cuore le batteva a mille, ma
ce l’avrebbe fatta.
Inspirò nel tentativo di darsi
coraggio e scese giù in strada, dove un taxi l’aspettava. Era stata indecisa se
noleggiare una limousine per l’occasione, ma poi aveva pensato che fosse
un’esagerazione. A ogni modo, le sue finanze non glielo avrebbero permesso.
Durante il tragitto in auto fece
un paio di telefonate e si incipriò di nuovo il naso. Infine, rivolse lo
sguardo fuori dal finestrino, rimirando la città coperta di neve e le persone
sorridenti lungo i marciapiedi, con sacchi pieni di regali e dolci natalizi.
Quello era il primo Natale che
Katie trascorreva lontana dalla famiglia, ma sarebbe stato complicato invitare
a quel benedetto pranzo anche i suoi genitori e la sorella minore. Era già
difficile gestire la cosa così.
Tornò a ripetersi per la
centesima volta che avrebbe sistemato tutto e, una volta calmate le acque, si
sarebbe decisa a presentare Luke ai suoi. Lo avrebbero adorato, ne era certa.
Il taxi si fermò di fronte al
ristorante. Era uno dei migliori della città, cosa che non avrebbe dovuto
stupirla affatto: Luke Anderson sceglieva sempre il meglio. Ancora non si
capacitava del fatto che avesse deciso di legarsi a lei. Dopotutto, Katie era
una donna ordinaria: poco appariscente e un po’ imbranata. Era una frana nei
rapporti sociali. Di certo non aveva nulla da spartire con le dame brillanti
dell’alta società.
Si accorse che le ginocchia le
tremavano un poco nel momento in cui fece per scendere dal taxi. Una sferzata
di vento le colpì il viso, scompigliandole la parrucca, e per poco non
inciampò, rischiando di finire a culo all’aria in mezzo alla neve.
Tutta colpa di quei maledetti trampoli
che aveva ai piedi!
Sbuffò contrariata, sistemando la
capigliatura meglio che poteva e calcandosi un cappello a larghe falde sulla
testa. Imprecando sottovoce si diresse a passo spedito verso l’ingresso, dove
un cameriere in livrea le aprì la porta facendola accomodare all’interno. Un
piacevole tepore l’avvolse e un altro cameriere le si avvicinò con un sorriso a
trentadue denti, pronto a prendere in consegna il suo cappotto.
Katie esitò. Doveva fidarsi?
Cavolo, quel capo le era costato un occhio della testa!
Alla fine si decise. Abbozzando
un sorriso tirato gli consegnò il proprio indumento e si fece scortare fino al
tavolo.
Il respiro le si mozzò in gola
non appena vide Luke sollevare lo sguardo su di lei e aggrottare la fronte.
Forse avrebbe dovuto avvisarlo del fatto che avrebbe modificato leggermente il
proprio look ordinario. O forse no?
***
Non appena posò gli occhi su
quell’algida bellezza bionda, un brivido gli scese lungo la schiena. Era
bellissima, fasciata in un abito d’alta moda che esaltava le sue forme sinuose,
una profonda scollatura a mettere in evidenza il seno perfetto. Continuò a
fissarla, incuriosito dal fatto che si stava dirigendo proprio verso il suo
tavolo.
Era certo di non averla mai vista
prima, sebbene avesse un’aria familiare.
Un vero enigma.
Fu quando parlò che la riconobbe
e quasi non gli cascò la mascella.
– Vogliate scusare il mio ritardo
– disse con una voce morbida e vellutata che era inconfondibilmente quella di
Katie. – C’è un traffico tremendo a Chicago il giorno di Natale. Hanno tutti la
pessima abitudine di andare a festeggiare.
Un sorriso smagliante si profilò
su quelle labbra a cuore, sottolineate dal rossetto.
Luke si rese conto di essere
rimasto a fissarla a bocca aperta per una manciata di secondi e si riscosse. Si
alzò di scatto dalla sedia e le baciò la guancia, prima di presentarla alla
madre: – Mamma, questa è…
– Sandra Smith – lo interruppe
lei, lanciandogli un’occhiata ammonitrice. – Piacere di conoscerla.
Luke era sempre più confuso.
Osservò le due donne più importanti della sua vita stringersi la mano mentre
una sensazione di panico lo assaliva. Si protese verso Katie nell’atto di
scostarle la sedia e le alitò sul collo: – Come diavolo ti sei conciata? Quasi
non ti riconoscevo!
Lei fece una smorfia soddisfatta,
quasi ne fosse compiaciuta. – Ottimo. Era proprio quello che desideravo.
Quindi, il mio travestimento ha funzionato?
Travestimento?
Luke ebbe un cattivo presagio.
– Stai fingendo di essere
un’altra perché non vuoi farti vedere insieme a me? – le sussurrò all’orecchio.
Era indignato. E anche un po’ incredulo.
Katie lo trafisse con un paio di
occhi azzurri che non erano i suoi. – Non è che non voglia farmi vedere con te.
Non desidero che si sappia chi sono. E se non sbaglio avevo chiesto la tua collaborazione,
no?
Luke strinse i denti. Ignorò gli
sguardi curiosi di sua madre e tornò ad accostarsi al suo orecchio, una collera
strisciante che gli invadeva le viscere. – Sì, ma non avevi accennato al fatto
che ti saresti presentata con una parrucca bionda e delle lenti a contatto
azzurre. Io pensavo solo che volessi evitare i giornalisti, non che ti
vergognassi di me.
La vide mordersi il labbro, quasi
fosse nervosa.
Be’, era giusto che lo fosse.
Cazzo, gli stava rovinando il pranzo di Natale!
– Io non mi vergogno di te – rispose, il tono di voce lievemente
stridulo. – Mi vergogno di me. Perché
non possiamo fingere che io sia un’altra? Un’affascinante dama dell’alta
società, per esempio?
Stavolta Luke imprecò ad alta
voce prima di tornare a sussurrare: – Perché io volevo trascorrere il Natale
con Katie Wilson, non con questa Sandra Smith che nemmeno conosco. È chiedere
troppo?
Un cameriere si avvicinò al
tavolo e lui dovette scostarsi da Katie fingendo una tranquillità che non
provava. L’ultima cosa che voleva era dare scandalo il giorno di Natale,
davanti a sua madre.
Cominciarono ad arrivare le prime
portate e Katie o Sandra, o come diavolo doveva chiamarla, si mise a parlare a
raffica. Del suo lavoro, della sua famiglia, delle sue amicizie… già, peccato che
fosse tutto inventato! Da quelle labbra adorabili non uscì una sola parola che
non fosse stata studiata a tavolino.
A Luke venne la nausea.
Tamburellò con le dita sul
tavolo, sempre più nervoso.
Arrivati al Christmas pudding, Katie si alzò porgendo il proprio smartphone al
cameriere. – Ehi, ci può scattare una foto ricordo?
Luke aggrottò la fronte. Katie
odiava le foto. Dove diavolo era finita la sua ragazza? Era stata rapita dagli
alieni e sostituita con quella bionda provocante? Non che gli dispiacesse
vederla indossare abiti di classe con profonde scollature, intendiamoci. Quello
che non sopportava era tutta quella messa in scena. Lasciò che il cameriere lo
immortalasse con un broncio che non finiva più e alla fine si alzò da tavola a
sua volta.
– Katie, devo parlarti.
Lei sbatté le lunghe ciglia a suo
beneficio. – Sandra. Mi chiamo Sandra, tesoro. Non confonderti.
Era veramente troppo.
– Senti, non mi importa come vuoi
farti chiamare. Muovi quel culo e seguimi.
Si diresse verso la Toilette con un diavolo per capello,
controllando con la coda dell’occhio che lei lo stesse effettivamente seguendo.
Se non fosse stato così in collera, si sarebbe messo a ridere per il modo buffo
in cui si muoveva su quei trampoli che aveva ai piedi.
Quando lo raggiunse era trafelata
e bellissima. In un altro momento e un’altra situazione Luke l’avrebbe stretta
a sé per baciarla fino a toglierle il respiro. Invece, strinse gli occhi
puntandole un dito contro. – Stavolta hai veramente esagerato, Katie.
Lei sbuffò. Sembrava non rendersi
conto che la sua sceneggiata era davvero fuori luogo. – Esagerato? Mi sono solo
trasformata in una donna sensuale e raffinata. Se solo prendessi questa storia
con un filo di umorismo, potremmo riderci su.
Luke non aveva voglia di riderci
su. Proprio per niente. – Cazzo, Katie. Proprio non vuoi capire? Seduta a quel
tavolo c’è mia madre e tu le hai propinato un sacco di balle. Volevo farle
conoscere la donna della mia vita e invece tu hai imbastito questo teatrino assurdo.
Ora come faccio a spiegarle che niente di quello che hai raccontato corrisponde
al vero?
Lei sgranò quegli occhioni
azzurri fasulli. – Sul serio mi consideri la donna della tua vita? Non me lo
avevi mai detto.
Per un attimo Luke pensò a quelle
che erano state le sue intenzioni: farle la dichiarazione, mettersi in
ginocchio e darle l’anello. Ma adesso non ne era più così sicuro. Scosse la
testa. – Hai rovinato tutto, Katie. Volevo ufficializzare il nostro rapporto,
chiederti di sposarmi… ma come faccio a fidarmi di una donna talmente
imprevedibile? Saresti capace di presentarti all’altare travestita da Wonder
Woman e comunicarmi la tua intenzione di lasciarmi per Superman!
Lei aprì la bocca e la richiuse
di scatto. Inspirò. – A-avevi intenzione di chiedermi di sposarti?
– Quelle erano le mie intenzioni,
sì.
– E hai cambiato idea?
Luke deglutì. Non avrebbe voluto
arrivare a quei punti, ma Katie aveva davvero superato il limite. – Mi
dispiace, ma non me la sento più di continuare. Non alle tue condizioni.
– Io non ti lascerei mai per
Superman!
Un tempo una frase del genere lo
avrebbe divertito. Si sarebbe fatto una risata e poi l’avrebbe stretta a sé per
baciarla fino a mozzarle il fiato. Ma aveva perso la capacità di ridere.
Scrollò le spalle. – Dirò a mia
madre che sei dovuta andare via per un impegno improvviso. Addio, Katie.
Poi si voltò, allontanandosi in
fretta da lei. Non si girò a guardarla. Temeva che, se lo avesse fatto, avrebbe
provato quel familiare nodo allo stomaco che solo Katie riusciva a suscitare in
lui. E voleva evitarlo. A tutti i costi.
***
Seduta davanti al camino, Katie
non riusciva a smettere di piangere. Aveva gettato alle ortiche la storia più
importante della sua vita e solo ora se ne rendeva conto. Cielo, lui aveva intenzione di sposarla! La
amava. Fin dall’inizio aveva voluto fare sul serio con lei e Katie lo aveva
ricambiato nel modo peggiore: nascondendosi dietro alle proprie paure e
mentendo.
Si vergognava da morire.
Tirò su col naso e buttò giù un
altro pezzo di Mince Pies,
annaffiandolo con un sorso di brandy.
Aveva ancora quello stupido
articolo da scrivere. Come se la sarebbe cavata, adesso? Non poteva continuare
a mentire.
Si asciugò le lacrime col dorso
della mano e cercò di riordinare le idee. Okay, avrebbe perso il lavoro. Non
era forse peggio perdere l’amore della sua vita? Ormai aveva toccato il fondo,
quindi perché non farlo con stile?
Afferrò il proprio pc portatile,
posato sul tavolino, e lo avviò. Aprì un nuovo documento mentre la sua mente
era in pieno fermento.
Adesso sapeva cosa doveva fare.
Aveva mentito per mesi. Era
giunto il momento di dire la verità.
Mentre digitava frenetica sulla
tastiera sentì il proprio cuore farsi leggero.
***
Luke si lasciò cadere sul divano
e fissò l’albero di Natale che addobbava il suo salotto. I regali accatastati
sotto erano ancora intatti, perfetti nella loro carta colorata. Non se l’era
sentita di aprirli. Non se l’era sentita di festeggiare.
In fondo, per cosa avrebbe dovuto
far festa? Per la fine della sua storia con Katie?
Ancora non riusciva a credere di
averlo fatto davvero.
Aveva lasciato la donna che
amava. L’unica in grado di farlo ridere a crepapelle, l’unica che riusciva ad
accendere in lui una passione sfrenata e duratura. Di tanto in tanto fissava il
telefono chiedendosi se non fosse il caso di richiamarla, di farsi spiegare le
ragioni del suo assurdo comportamento durante il pranzo di Natale; ma poi il
suo stupido orgoglio aveva la meglio su di lui e lo faceva sprofondare di nuovo
nella malinconia.
Sospirò.
Come se non bastasse sua madre lo
aveva riempito di domande. A lei Katie, o per meglio dire Sandra, era piaciuta
da morire. Sosteneva che fosse una delle poche persone in grado di metterlo in
riga, lui che era sempre abituato a dare ordini e ad avere intorno esseri
striscianti, interessati solo al suo denaro.
Era vero, naturalmente.
Una delle prime cose che lo
avevano colpito di lei era stata proprio la sua capacità di vedere in lui
l’uomo, piuttosto che il miliardario. Oddio, Katie manco sapeva che fosse un
miliardario quando si erano conosciuti. Lo aveva scambiato per un giornalista.
Al ricordo, inevitabilmente gli sfuggì un sorrisino.
Pensieroso, afferrò una copia del
Chicago Sun-Times e se lo rigirò tra
le mani. Una foto in prima pagina attrasse la sua attenzione. Sgranò gli occhi
incredulo. Si trattava della stessa foto che il cameriere del ristorante aveva
scattato loro durante il pranzo di Natale. Sopra di essa il titolo
dell’articolo a lettere cubitali: LA VERA STORIA DELLA FIDANZATA DI LUKE ANDERSON di Katie Wilson.
Luke deglutì stropicciandosi gli
occhi e tornando a fissare il quotidiano, quasi convinto che fosse tutta opera
della sua fantasia: Katie aveva sbattuto la loro storia sui giornali.
Il primo istinto fu quello
omicida. Avrebbe volentieri afferrato la sua ex fidanzata – sempre che fosse
corretto definirla così – per strozzarla. Ma poi vinse la curiosità e cominciò
a leggere.
Salve, sono Katie Wilson e sono una bugiarda cronica.
Per mesi ho nascosto a tutti la mia relazione con Luke Anderson:
parenti, amici, colleghi… non l’ho detto neppure al mio vicino di casa, quello
che mi presta sempre lo zucchero quando mi dimentico di comprarlo. Davvero
imperdonabile da parte mia.
Il motivo?
Avevo paura.
Paura di non saper gestire le cose in maniera adeguata. Paura che al
giornale tutti pensassero che l’intervista che avevo fatto al famoso
multimiliardario l’avessi ottenuta entrando nel suo letto, cosa non del tutto
falsa in verità.
Insomma, diciamocelo: Luke Anderson accettò di rispondere alle mie
domande per fare colpo su di me. Ora posso dirlo. Non sono quella gran reporter
che tutti credono.
E io, con la mia stupidità, ho rovinato tutto.
Sì. Ho costretto l’uomo migliore che abbia mai conosciuto in vita mia a
una relazione fatta di sotterfugi: incontri clandestini, bugie, travestimenti.
Ma il limite l’ho passato il giorno di Natale.
Lui era stato così adorabile da invitarmi a pranzo con sua madre.
Voleva farmela conoscere e poi chiedermi di sposarlo. Lui voleva sposare me. La
giornalista imbranata e bugiarda.
Invece io mi sono presentata mascherata da dama dell’alta società.
Perché?
Be’, un po’ mi vergognavo. Non capita tutti i giorni di conoscere la
madre di Luke Anderson, vi pare? Che cosa avrebbe pensato una signora così
sofisticata e alla moda di una donna comune e un po’ imbranata come me?
Ma il vero motivo è un altro.
Il mio capo voleva che scrivessi un articolo sulla fidanzata di
Anderson, pena il licenziamento. Come avrei potuto, dal momento che ero io
l’ipotetica fidanzata? Mica potevo sbandierare ai quattro venti notizie
personali su me e Luke. Cavolo, sono cose private!
Così mi è venuta la grande idea di inventarmi una fidanzata ideale.
L’avrei chiamata Sandra Smith. Un nome carino, non credete? Elegante,
sofisticato… come la donna che non ero, ma avrei tanto voluto essere.
Purtroppo, così facendo ho compromesso il mio lavoro e il rapporto con
Luke.
Ho mentito a tutti, ma soprattutto a me stessa.
Sì, perché io amo Luke Anderson. Con tutto il mio cuore.
Ma non sono stata capace di dirglielo.
E allora sapete che vi dico? Al diavolo il mio posto al Chicago
Sun-Times!
Forse ho rovinato le cose con l’uomo che amo, ma voglio andarmene a
testa alta. Per una volta nella vita voglio essere me stessa… fino in fondo.
Perché con l’amore non si scherza.
Luke sbatté le palpebre. Era
incredulo.
Katie, la sua Katie, lo amava. E lo aveva confessato davanti al mondo intero
senza preoccuparsi delle conseguenze o di apparire ridicola.
Il suo cuore cominciò a correre
come un treno.
Dio, che aveva fatto?
Aveva lasciato andare la propria
donna a causa del suo stupido orgoglio.
Era proprio un coglione.
***
Katie aprì la porta vestita con
una vecchia tuta, i capelli arruffati e gli occhi rossi.
Non era mai stata più bella.
Luke la fissò serio, appoggiato
allo stipite, gli occhi che non riuscivano a staccarsi da lei un solo istante.
– Possiamo parlare? – chiese, la voce un po’ roca.
– Oh – fu la sua risposta
concisa. Continuava a guardarlo come se fosse un’apparizione mistica. Forse il
periodo natalizio aveva su di lei degli influssi strani. – D’accordo, entra.
Lui non se lo fece ripetere. Si
precipitò all’interno del piccolo appartamento, godendosi il tepore del grande
camino. Adorava quel posto. Gli ricordava la casa in cui era nato e cresciuto,
prima di diventare un uomo pieno di soldi, ma terribilmente solo.
Si schiarì la voce. – Ho letto il
tuo articolo sul Chicago Sun-Times.
– E sei venuto fin qui per
strozzarmi?
– Forse è quello che dovrei fare…
– Luke le si avvicinò e aspirò il suo profumo. Un’altra cosa che adorava. – Ma
in realtà tutto quello che voglio è stringerti e baciarti fino a domani.
Katie sgranò i suoi begli
occhioni, tornati del giusto colore: un caldo color cioccolato. – Cosa hai
detto? Non sei in collera con me? Per averti mentito? Avrei dovuto parlarti
dell’articolo…
– Sì, avresti dovuto. Ma penso
che tu abbia fatto la giusta penitenza umiliandoti davanti al mondo intero.
Lei si morse piano il labbro. –
Esagerato. Non sono così tanti i lettori di quel giornale.
Suo malgrado, Luke sorrise. –
Be’, vorrà dire che pretenderò le tue scuse durante una conferenza stampa.
– Una conferenza stampa?
– Dovrò presentare a tutti la mia
fidanzata, giusto?
Katie si mise sulla difensiva.
Incrociò le braccia sul petto, gli occhi stretti a due fessure. – Io non sono
più la tua fidanzata. Anzi, non lo sono mai stata.
– Un’altra cosa a cui dovrò
rimediare.
Luke si mise in ginocchio davanti
a lei e tirò fuori la scatolina presa da Cartier.
– Katie Wilson vuoi sposarmi?
Gli occhi di lei luccicarono.
Stava piangendo. – Luke, se questo è uno scherzo…
– Non è uno scherzo. Rispondi
alla mia domanda, per favore. Non hai idea di quanto sia scomodo stare in
questa posizione.
Con sua enorme sorpresa Katie si
inginocchiò a sua volta. Adesso appariva emozionata… forse anche un po’
commossa. – Ma certo che voglio sposarti. Ti amo. L’ho confessato davanti al
mondo intero, no?
– Già. Ma mi piacerebbe che lo
ripetessi solo a me. Qui. Adesso.
Sì, non si era sbagliato. Erano
proprio lacrime quelle che le rigavano le guance. Ma dovevano essere lacrime di
felicità, perché allo stesso tempo la vide sorridere: un sorriso aperto,
sincero, che gli riscaldò il cuore.
– Ti amo, Luke Anderson.
– Bene. Perché anch’io ti amo,
Katie Wilson. Ti amo da morire.
Lei si asciugò una lacrima col
dorso della mano e si protese verso di lui, senza tuttavia osare toccarlo.
– Posso baciarti, ora? Sai, non
vorrei essere considerato precipitoso… ma è veramente scomodo stare in
ginocchio sul pavimento.
Lei rise. – Tu dici? Io sono
comodissima. Penso che riuscirei a stare qui a guardarti per l’eternità.
Luke l’afferrò per le spalle e
l’attirò a sé cercandole le labbra. Dio, quanto le erano mancate quelle labbra!
Seppellì le dita nei suoi capelli, la lingua che trovava il suo posto
all’interno della bocca di Katie, duellando con quella di lei.
Cazzo, sentiva le farfalle nello
stomaco.
Quando si staccò aveva il fiato
corto. – Non hai nemmeno guardato l’anello.
– Oh.
Katie aprì con dita tremanti la scatolina
di Cartier e sgranò di nuovo gli
occhi.
– Ti piace?
– Se mi piace? Oh, mio Dio. È
magnifico!
Luke le prese la mano e le infilò
l’anello al dito. Non era mai stato così emozionato in vita sua. Per un attimo
restarono in silenzio, così, inginocchiati sul pavimento. Forse, Katie non
aveva tutti i torti: non era così scomodo. Avrebbe potuto restare lì per delle ore,
con lei tra le braccia.
Si schiarì la gola. – A
proposito… il lavoro… l’hai perso?
Katie annuì, ma non sembrava
minimamente preoccupata. – Sì, hanno accettato di pubblicare il mio articolo
perché comunque avrebbe fatto notizia, ma mi hanno licenziata. Mi hanno
accusata di scarsa professionalità. Be’, me lo sono meritato.
Luke le sfiorò una guancia col
dorso della mano. – Mi spiace, piccola.
– Oh, non devi. Ho capito che il
giornalismo non fa per me. Voglio continuare a scrivere, certo, ma per me
stessa. Ho in mente un romanzo. Una commedia brillante, a essere più precisi.
Lui sorrise e l’attirò di nuovo a
sé. – Sono contento per te, allora. Ma adesso baciami.
– Di nuovo?
– Di nuovo. Non ne ho mai
abbastanza di te.
***
– Sicura di volerlo fare?
Luke fissò Katie intensamente.
Erano seduti su due comode poltrone in pelle, nel suo jet privato. Non ci
sarebbe stato nulla di strano, se non per il fatto che la sua fidanzata odiava
volare. Anzi, ne era terrorizzata.
Lei deglutì, ma poi annuì decisa.
– Sicurissima.
– Non è necessario andare a
Parigi per annunciare il nostro fidanzamento alla stampa. Possiamo farlo qui, a
Chicago.
Ma Katie sembrava irremovibile.
Scosse energicamente il capo e i suoi capelli ondeggiarono come una cortina di
seta. – No, ci siamo conosciuti a Parigi e lì daremo l’annuncio. Voglio
dimostrarti che sarò all’altezza.
Luke si intenerì. Sapeva quanto
le costasse quel viaggio in aereo. – Tu sarai sempre all’altezza.
– E poi – continuò Katie
sorridendo maliziosa. – Quando ci siamo messi insieme non mi avevi detto che ti
sarebbe piaciuto provare il sesso ad alta quota?
A Luke si seccò la gola. – Dimmi
che non stai scherzando.
Il sorriso di Katie si allargò. –
Non sto scherzando, Luke Anderson. Affatto.
In fondo, con l’amore non si
scherza.
FINE
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