oggi vi ripropongo un racconto che pubblicai sul blog "La mia biblioteca romantica" per la rassegna estiva Summer in love 2015.
Buona lettura!
Katie detestava volare. Si lasciò
cadere sulla poltroncina della Business
Class, lo stomaco annodato dalla paura. Cercò di distrarsi osservando i
passeggeri del volo 306 della American
Airlines: uomini d’affari in doppiopetto e donne rigide e impettite, nei
loro tailleur grigio topo. Era tutto inutile: l’ansia le attanagliava le
viscere.
Sospirò, maledicendo se stessa per aver
accettato quell’incarico. A quell’ora avrebbe dovuto trovarsi in vacanza, su
qualche spiaggia della California. Ma no. Il suo redattore capo aveva deciso di
assegnare proprio a lei l’intervista al multimiliardario Luke Anderson che, per
inciso, detestava i giornalisti. Così si era ritrovata su quell’aereo, diretta
a Parigi, dove Anderson aveva deciso di tenere un incontro con la stampa.
Stava imprecando a bassa voce, proprio
quando un uomo alto e atletico prese posto accanto a lei. Era fasciato in un
completo scuro d’alta sartoria, con occhiali da sole e aria da non-mi-rivolgete-la-parola-altrimenti-mordo.
Non che lei avesse intenzione di intavolare con lui una qualsiasi discussione.
Era troppo impegnata a contare mentalmente per distrarsi.
L’aereo decollò e Katie si ritrovò a
chiudere gli occhi, serrando le dita sulle maniglie della poltroncina. Aveva
allacciato correttamente la cintura di sicurezza? Si augurò di averlo fatto e
ricominciò a contare.
Uno,
due, tre…
Arrivata a quattrocentottanta perse il
conto. Oddio, stava andando in iperventilazione!
– Va tutto bene? – chiese una voce roca,
decisamente sexy. Katie aprì gli occhi di scatto per incontrare quelli
dell’uomo seduto accanto a lei, che evidentemente si era tolto gli occhiali da
sole e ora la fissava con un paio di iridi azzurro cielo.
– S-sì… credo – balbettò con un filo di
voce, senza riuscire a distogliere lo sguardo da quegli occhi. Erano
incredibili. Quasi ipnotici. Accorgendosi che lo stava fissando imbambolata da
un paio di minuti, si schiarì la voce. – È solo che ho paura degli aerei –
spiegò, agitando la mano per aria.
L’uomo dagli occhi azzurri fece un
sorrisino accondiscendente. – Io invece detesto i voli di linea. Purtroppo il
mio aereo privato ha avuto un guasto e così ho dovuto prendere d’urgenza questo.
Ho necessità di raggiungere Parigi al più presto.
Aereo privato? Chiaramente la stava
prendendo in giro.
Katie si stampò un sorrisino ironico sul
volto pallido e annuì. – Sì, certo. La capisco.
Ostentando una calma che non provava
affatto, afferrò il cartoncino laminato con le istruzioni per le emergenze:
uscite di sicurezza, giubbotti di salvataggio… non ci aveva mai capito niente
di quella roba, il che accrebbe la sua ansia.
– Forse farebbe meglio a metterlo giù –
fece il tizio con l’odio per i voli di linea, indicando il cartoncino che
teneva in mano. – Chiuda gli occhi e si rilassi.
Rilassarsi?
E chi ci riesce?
Katie si morse il labbro quasi fino a
farlo sanguinare. – E come?
– Pensi a qualcosa di piacevole.
– Non mi viene in mente nulla.
In realtà, tutto ciò a cui riusciva a
pensare era un rumore di sottofondo, dall’aria alquanto sinistra. Cercò di
incamerare ossigeno e rivolse uno sguardo atterrito a Occhioni azzurri. –
Secondo lei, questo rumore è normale?
Lui aggrottò la fronte. – Quale rumore?
– Non lo sente?
– Io non sento nulla.
In quel preciso istante l’aereo ebbe un
sussulto. Katie fu assalita da un’ondata di panico. Cominciò a sudare freddo
mentre afferrava il braccio di Occhioni azzurri, come fosse stata un’ancora di
salvezza.
Oh,
Dio. Oh, Dio. Oh, Dio.
Senza accorgersene cominciò a ripeterlo
come una litania. Poi delle labbra calde e seducenti coprirono le sue e tutto
intorno a lei svanì come d’incanto.
Luke si ritrovò quella donna
impossibile fra le braccia. L’aveva baciata per distrarla, ma era sua
intenzione limitarsi a un bacio superficiale, quasi fraterno. Invece, non
appena avvertì il corpo morbido e arrendevole di lei contro il proprio petto,
perse ogni cognizione del tempo e dello spazio.
Dannazione, sembrava fatto apposta per
modellarsi al suo!
Un brivido caldo gli serpeggiò lungo la schiena.
Per un attimo la guardò dritta negli occhi. Erano grandi e scuri, intrisi di
paura, ma anche di un desiderio malcelato che gli incendiò il sangue nelle vene
all’istante. Percepì il profumo di lei nelle narici: un aroma intenso di
vaniglia e di donna che gli andò dritto al cervello, procurandogli un’erezione
improvvisa. Poi lei lo afferrò per la nuca, attirandolo nuovamente a sé. E
l’incendio divampò improvviso e inarrestabile.
Quella bocca era così fresca, così
morbida, così irresistibile. Luke chiuse gli occhi e si abbandonò alla
sensualità di quel bacio, senza porre la minima resistenza. E perché avrebbe
dovuto? In fondo era un uomo con normali appetiti sessuali e quella donna aveva
tutte le carte in regola per stregare qualsiasi maschio arrapato avesse
incontrato sul suo cammino. E lui era senz’altro arrapato in quel momento.
Certo, avrebbe dovuto riflettere prima di agire in quel modo sconsiderato, ma
in quell’attimo non riuscì a pensare ad altro che a quel corpo premuto contro
il proprio, la morbida curva del seno che gli sfiorava il torace e che riusciva
a percepire attraverso la stoffa della camicia.
Un violento calore gli attraversò le
membra togliendogli il fiato. Infine, lei si scostò liberandosi dal suo
abbraccio, una luce confusa nello sguardo. – Oh, mio Dio.
Non sapendo che altro dire, Luke azzardò
una battuta. – Allora? Sono riuscito a evocarle qualcosa di sufficientemente
piacevole?
La donna arrossì continuando a fissarlo
inebetita. Sembrava aver perso l’uso della parola. – È tutto a posto? Le
chiese, preoccupato.
– Sì, credo di sì – Sbatté le lunghe
ciglia appuntite e inspirò. – Perché diamine l’ha fatto?
Luke scrollò le spalle. – È stato un impulso.
Volevo cercare di distrarla.
– Oh, in quanto a questo ci è riuscito
molto bene – Il tono di voce era lievemente indispettito. – Se per caso ha
pensato che fossi una conquista facile a causa della mia avversione per gli
aerei…
Luke inarcò un sopracciglio e la
interruppe: – Certo che no! Crede che io vada in giro a sedurre donne
spaventate sugli aerei?
– Cos’altro dovrei pensare? Mi è saltato
addosso come una bestia in calore!
– Be’, non mi sembra che lei abbia reagito
in modo assai differente. Alla prima occasione mi ha ficcato la lingua in bocca.
La sconosciuta fece un verso
stridulo, gli occhi talmente sgranati da sembrare due palle da bowling. – Cosa
avrei fatto io?
Osava pure negarlo? Luke si lasciò
sfuggire una risatina sprezzante. – Perché non ammette che le è piaciuto?
– Che cosa? – Arrossì di nuovo, annaspando
come se fosse in cerca d’ossigeno. Oddio, dopo quel bacio non era da escludere.
– Come osa?
Luke alzò gli occhi al cielo. Quella donna
era petulante e ostinata. Ma cazzo, baciava da Dio.
***
Katie avrebbe voluto dare una
bella lezione a quello sbruffone, solo che quel bacio aveva scosso
profondamente la sua abituale compostezza. Da quanto tempo non veniva baciata
in quel modo? Troppo, senza dubbio. Anzi, a essere sinceri nessun uomo l’aveva
mai baciata così, con quell’intensità travolgente ed eccitante.
Si schiarì la voce e distolse lo sguardo,
fissandolo oltre il finestrino. Ci mancava pure che perdesse la testa per un
perfetto sconosciuto. Era davvero così disperata? Di certo lui l’aveva pensato.
Cielo, si era comportata in modo sconsiderato.
Le era bastato posare le labbra sulle sue per avvertire una potente scossa di
desiderio. Era stata colta dall’impulso di affondare le dita nei suoi capelli e
di accarezzare quel volto da dio greco. Avrebbe voluto saggiare la consistenza
della sua pelle, aspirare a pieni polmoni quell’odore di maschio eccitato e far
scorrere la lingua su di lui per sentirne il sapore.
Ok, era matta da legare.
Lo aveva desiderato così tanto, che anche
ora il solo pensiero le procurava un nodo allo stomaco.
– Ha intenzione di non rivolgermi più la
parola? – le chiese a un tratto la voce roca di lui. Pareva contrariato. Katie
gli rivolse quella che sperava fosse un’occhiata incendiaria.
– Esattamente.
– Almeno potrebbe ringraziarmi.
– Ringraziarla? Per quale motivo dovrei
farlo? – Katie si accigliò all’istante.
– Be’, le ho fatto passare l’attacco di
panico.
Diamine, aveva ragione. Non si stava più
preoccupando dei tremolii dell’aereo, né di precipitare da un momento
all’altro. Ogni suo pensiero era rivolto a quell’uomo affascinante ed
enigmatico – e anche un tantino presuntuoso – che l’aveva baciata come Dio
comanda. Non smetteva di chiedersi come sarebbe stato avere con lui un incontro
più intimo. Se faceva sesso come baciava… oddio, il solo pensiero le faceva
tremare le ginocchia!
Sbuffò, irritata più con se stessa che con
lui. Poi afferrò la prima rivista che le capitò sotto mano e finse di
immergersi nella lettura. Ma dopo pochi istanti fu costretta a sollevare lo
sguardo, irritata dalla risatina sarcastica di lui. – Che c’è ora?
Occhioni azzurri continuò a ridacchiare. –
Sta tenendo la rivista al contrario.
Un’ondata di calore l’avvolse. Avrebbe
voluto sprofondare. Chissà come, riuscì a mantenersi seria e distaccata. – Che
fa? Mi spia?
Altra risata.
Che male aveva fatto per meritarsi un
compagno di viaggio simile? Cercò di darsi una risposta, ma non vi riuscì.
Si ignorarono per il resto del viaggio, e
atterrati all’aeroporto Charles De Gaulle si persero di vista. Katie fu
impegnata nella ricerca di un taxi che la portasse dritta in albergo e
dimenticò del tutto lo sconosciuto dagli occhi azzurri. Be’, non proprio del
tutto. Sentiva ancora il gusto della sua bocca sulla lingua, ma non l’avrebbe
ammesso neppure sotto tortura. Una donna deve essere superiore a certe cose.
Agitò una mano per chiamare un taxi, che
le stava sfrecciando davanti, e gli corse dietro rischiando di ruzzolare per
terra, a causa delle scarpe col tacco alto. Le aveva messe per darsi un tono
più professionale, ma lei odiava i tacchi alti. Indossava solo ed
esclusivamente ballerine e adesso cominciava a ricordarne il motivo: i sandali
che aveva ai piedi facevano un male cane!
– Bonjour
– esclamò nel suo esitante francese, mentre si lasciava cadere sui sedili
posteriori del taxi. – Mi porti a La
tremoille, per favore.
Si trattava di uno dei più lussuosi
alberghi parigini ed era proprio lì che Mr. Anderson avrebbe ricevuto i
giornalisti, il giorno successivo. Per l’occasione, il giornale non aveva
badato a spese e le aveva prenotato una stanza nel medesimo hotel. Ma quando
Katie scese dal taxi, rimase quasi senza fiato e si rese conto di due cose: la
prima era che non possedeva un abbigliamento adeguato e la seconda… be’, la
seconda era che si sarebbe sentita come un pesce fuor d’acqua in quell’ambiente
raffinato ed esclusivo. Un motivo di più per detestare Anderson e quella
dannata intervista.
Sollevò il mento e drizzò la schiena,
sforzandosi di camminare come una modella in passerella. Quindi, si avviò verso
l’entrata di quell’edificio spettacolare che si trovava tra Montaigne Avenue e
gli Champs-Elysees. Giunta all’ingresso, per poco non inciampò rischiando di
rovinare a terra, ma riuscì a tenersi in equilibrio, evitando all’ultimo
momento di fare la sua entrata trionfale. Le mancava proprio quello per
attirare l’attenzione su di sé, cosa che voleva evitare a tutti i costi. Fu
quando si diresse alla reception e notò le fronti corrugate di alcune signore
dell’alta società, nei loro abiti griffati, che intuì che qualcosa non andava.
Era una sua impressione o stavano fissando con disapprovazione proprio lei?
Abbassò lo sguardo e si rese conto orripilata che la gonna le si era strappata
proprio all’altezza del fondoschiena e che stava esibendo davanti a tutti il
suo perizoma di pizzo nero.
C’era mai limite al peggio?
Katie si augurò di non scoprirlo e
trascinandosi dietro il trolley, mentre fingeva un’indifferenza che era ben
lontana dal provare, si fermò di fronte alla receptionist. – Dovrebbe esserci
una prenotazione a mio nome. Sono Katie Wilson del Chicago Sun-Times.
La signorina, impeccabile nella sua divisa
blu notte, le indirizzò un sorrisino tirato. – Mi lasci controllare… ah, ecco…
lei è qui per la conferenza stampa con Luke Anderson, giusto? La sua stanza è
la 108, al primo piano. Le auguriamo un buon soggiorno.
Katie fece una smorfia. Un bel soggiorno
un cavolo! In fondo era lì per una dannatissima intervista, proprio mentre la
sua amica del cuore Jessica si godeva le spiagge della California alla faccia
sua. Si lasciò sfuggire un borbottio indistinto e si avviò verso gli ascensori,
mentre un fattorino prendeva in consegna il suo bagaglio.
Di una cosa era sicura: detestava già
Parigi!
***
Seduta al bar dell’albergo, Katie
stava affogando i suoi dispiaceri con un drink delizioso, ma altamente
alcolico, quando scorse un viso conosciuto: Occhioni azzurri, il tipo
dell’aereo, si stava dirigendo proprio nella sua direzione.
Merda.
Si stampò in faccia un’aria distaccata e
professionale, e fece finta di non riconoscerlo. Purtroppo, non bastò a
dissuaderlo. Con un sorrisino ironico su quelle labbra perfette e invitanti,
Occhioni azzurri si piazzò proprio davanti a lei. – Guarda un po’ chi si
rivede! – esclamò mettendo in evidenza la sua dentatura perfetta. – La ragazza
che ha paura degli aerei.
Lei si tese come le corde di uno
stradivari. – Non ho paura degli aerei – precisò, acida. – Ho paura delle
altezze elevate.
Occhioni azzurri rise piano, con quel suo
modo di fare da seduttore nato. – Un vero peccato. Immagino che non avrà
intenzione di salire sulla Tour Eiffel, vero?
In risposta gli lanciò un’occhiataccia. –
Questi non sono affari suoi.
– Trovarsi a Parigi e non visitare la Tour
Eiffel è una vera tragedia.
Katie bevve un altro sorso del suo drink,
un sopracciglio biondo che schizzava verso l’alto. – La vera tragedia, in
realtà, è trovarsi qui per intervistare un dannato miliardario con la puzza
sotto al naso. Non sono in viaggio di piacere, signor So-tutto-io.
Lui aggrottò la fronte e si grattò la
punta del naso. Un bel naso, a onor del vero. – Quindi lei è una giornalista.
Si trova qui per la conferenza stampa con Anderson?
– Come lo sa? È qui anche lei per lo
stesso motivo?
Occhioni azzurri scrollò le spalle. – In
un certo senso.
Katie non riusciva a crederci. Era un
collega! Altro che aereo privato e tutte quelle stronzate. Era certa che la
stesse prendendo in giro, durante il volo. Gli indirizzò un sorrisino ironico e
gli indicò lo sgabello accanto al suo. – Be’, possiamo darci del tu, allora.
Avanti, siediti. Mal comune, mezzo gaudio, come si suol dire.
Dopo un attimo di esitazione, lui si
accomodò e fece segno al barman di portargli lo stesso drink che stava bevendo
lei. A quanto pareva erano già in sintonia. Katie sorrise tra sé, felice di
aver trovato qualcuno con cui sfogare la propria frustrazione. – Sai, io avrei
dovuto essere su una spiaggia della California, invece che qui a Parigi. Per
colpa di Anderson ho dovuto rinunciare alle mie vacanze, ti pare giusto?
– Ah, davvero? Be’, mi spiace.
Katie sbuffò, continuando a sorseggiare la
sua bevanda. Aveva un disgustoso colore rosa shocking, ma le piaceva. Strano,
perché di solito non beveva mai alcolici. – Il mio capo ha deciso di assegnare
a me l’incarico – riprese, già un po’ brilla. – Sai, sono una delle migliori
reporter del Chicago Sun-Times.
– Sul serio? – Occhioni azzurri sembrava
aver perso la sua loquacità, ma dimostrava interesse per ciò che lei diceva. Il
sogno di ogni donna: trovarsi di fronte a un uomo affascinante che, invece di
fissarti le tette, ti ascolta davvero. Incoraggiata, Katie attese che il barman
gli servisse il suo drink e riprese a parlare.
– Tra le altre cose, sai cosa dicono di
Anderson?
– No, che cosa?
Katie sollevò un sopracciglio, in un modo
di fare cameratesco. – Che detesta i giornalisti. Raramente concede
un’intervista, ecco perché il mio capo ci tiene così tanto. Pare che questa
conferenza stampa sia un evento eccezionale.
Occhioni azzurri assaggiò il suo drink e
fece una smorfia. – Cosa ci hanno messo qui dentro?
– Non lo so, ma è buonissimo – Katie
sollevò un braccio per attirare l’attenzione del barman e ne ordinò un altro.
Il collega la osservò con espressione
dubbiosa, ma poi si limitò a scrollare le spalle. – Tornando ad Anderson, forse
è semplicemente un uomo molto occupato e geloso della propria privacy.
Katie socchiuse gli occhi terminando il
contenuto del suo bicchiere. – Sciocchezze! – Liquidò la questione con un’alzata
di spalle. – Secondo me è solo un miliardario borioso e pieno di sé. E tu? Di
che quotidiano sei?
– Forse dovresti smettere di bere –
Occhioni azzurri assunse un’aria preoccupata che la intenerì.
– Non preoccuparti. Reggo benissimo
l’alcol.
Non era vero, ma non voleva fare la figura
della provinciale con quel collega sexy che, tra le altre cose, baciava da Dio.
Forse l’aveva giudicato male sull’aereo. E se gli avesse concesso un’altra
opportunità? Erano entrambi a Parigi per lavoro. Non ci sarebbe stato nulla di
male se avessero unito l’utile al dilettevole. Gli indirizzò un sorrisino
malizioso e afferrò il secondo bicchiere come una bambina golosa un gelato.
– Sai, avevi ragione sull’aereo – gli
disse, mordendosi il labbro inferiore.
– A che proposito?
– Mi è piaciuto il tuo bacio.
Vedendo che lui non diceva nulla, Katie fu
assalita da un dubbio. – Ehi, non è che sei sposato, vero?
Occhioni azzurri fece un sorrisino. – No,
non sono sposato e neanche fidanzato. Tu però hai bevuto troppo.
– Oh, e da cosa lo avresti dedotto?
– Non mi avresti confessato che il bacio
ti è piaciuto, altrimenti.
Katie era stufa di tergiversare. Voleva di
nuovo le labbra di quel maschione sexy incollate alle sue. Il cuore le batteva
all’impazzata mentre gli fissava la bocca. Cercò di pensare a tutti i motivi
per cui non avrebbe dovuto fare ciò che stava per fare, ma non le venne in
mente nulla. Accorciando la distanza tra loro, lo baciò e oscuri fremiti di
desiderio le esplosero dentro mentre gli afferrava la nuca e affondava la
lingua in quella bocca meravigliosa. Dal canto suo, Occhioni azzurri non si
tirò indietro. Variò l’angolazione del bacio, le mani che le accarezzavano la
schiena e le natiche. Dio, il calore che emanavano a contatto con la sua pelle,
nonostante gli strati di stoffa che li separavano, era incredibile. Katie si
sentì come se fosse stato appiccato un incendio. Si staccò da lui ancora
ansimante, il cuore che le rimbombava nel petto.
– Ehi – sussurrò contro le sue labbra. –
Non sei affatto male, Occhioni azzurri.
Lui strinse la mascella. Gli occhi, fissi
in quelli di lei, emanavano scintille. Infine, le affondò le mani nei capelli avvicinando
il viso alla sua bocca. Un secondo bacio, ancora più rovente del primo, lasciò
Katie senza fiato. La lingua di lui era calda e ruvida contro la propria e la
eccitò oltre ogni dire. Gettando la testa all’indietro gli offrì anche il collo
e un gemito strozzato le uscì di gola non appena sentì le sue labbra umide
accarezzarle la pelle sensibile.
– Andiamo in camera mia – gli sussurrò
all’orecchio – La mia stanza è la 108.
Lui indietreggiò quel tanto che bastava
per fissarla negli occhi. – Sei sicura?
Oh,
Dio. Sì.
Ma non lo disse. Gli rispose invece con un
altro bacio, finché non lo vide capitolare e trascinarla letteralmente su per
le scale, dopo aver dato una lauta mancia al cameriere.
***
Katie chiuse gli occhi. Lo
desiderava da morire. Nella penombra della stanza, la bocca di lui trovò la sua
e lei la dischiuse per succhiargliela. I capezzoli si inturgidirono sotto il
vestito e un sospiro di sollievo le uscì dalla gola, quando lui glielo sfilò di
dosso per sfiorarle quelle punte estremamente sensibili coi pollici.
Oh,
cielo. Ancora. Fallo ancora.
Katie si sentiva persa in un vortice di sensazioni
incredibili. Il suo abito fu gettato sul pavimento in men che non si dica e lei
si ritrovò avvinghiata a Occhioni azzurri, il bacino premuto contro la sua
erezione.
A un tratto lui si staccò, ansimante. –
Aspetta – la sua voce era un sussurro roco. – Stiamo andando troppo in fretta…
Frena. Non so neppure il tuo nome.
– Katie. Mi chiamo Katie Wilson – Riprese
a baciarlo, sfiorandogli con la lingua il mento volitivo e la mascella. La sua
pelle era bollente e leggermente salata. Divina.
– Bene, Katie – gemette lui. – Devo dirti
una cosa.
– Me la dirai dopo. Molto dopo.
Senza voler sentire obiezioni, Katie gli
slacciò il bottone dei pantaloni e tirò giù la zip, infilando dentro la mano.
Deglutì sentendo il suo pene duro e gonfio sotto le dita e un sorrisetto
soddisfatto le incuneò le labbra.
– Katie… – Occhioni azzurri aveva negli
occhi un’espressione pericolosa, quasi demoniaca. Rimase a fissarla per una
frazione di secondo, dopo di che scosse la testa. – Oh, al diavolo! Vieni qui,
dolcezza.
Affondò la testa nell’incavo del suo seno,
leccando la tenera carne fino al capezzolo e strappandole piccoli ansiti di
soddisfazione. A quanto pareva Occhioni azzurri ci sapeva fare e non solo con i
baci. Era un amante esperto, attento.
– Ehi, collega – bisbigliò katie con un
filo di voce. – Stai andando alla grande.
Lui le sfiorò il ventre con la mano e
katie fremette quando le sue dita scivolarono sulla peluria tra le cosce. Si
stava bagnando e quella sensazione era così dolce, così perfetta. Era sicura
che nessun altro uomo fosse stato in grado di stimolarla in quel modo, come se
per lui farla godere fosse una missione di estrema importanza.
Sentì di nuovo le sue labbra sul collo e
sui seni mentre continuava a darle piacere con le dita. Katie si contorse, le
cosce serrate contro quella mano che stava facendo cose indicibili. – Ti voglio
dentro – sussurrò in un flebile lamento. – Adesso.
Lui fece un sorrisino e infilò una mano
nella tasca posteriore dei calzoni per estrarre qualcosa. Katie sentì il
fruscio di una confezione di preservativi che veniva aperta e fremette
nell’attesa. Occhioni azzurri si calò i pantaloni, senza premurarsi di
toglierli. Aveva già gettato la giacca e la camicia d’alta sartoria – doveva
informarsi sul nome del giornale per cui lavorava, perché era evidente che
veniva pagato profumatamente – in un mucchio scomposto sul pavimento, e Katie
allungò una mano a sfiorare quel petto solido e muscoloso mentre lui infilava
il preservativo e la penetrava con un’unica, poderosa spinta.
Chiuse gli occhi e in quel momento si
aprirono per lei le porte del Paradiso.
***
Luke afferrò i polsi di Katie e
li bloccò sul materasso nel momento in cui lei socchiudeva la bocca, lasciando
che le loro lingue si intrecciassero al ritmo dei movimenti pelvici. Negli
occhi di lei lesse un acuto desiderio. Una smania di essere posseduta che lo
lasciò annichilito.
Be’, quasi.
– Vuoi venire, vero, piccola?
Katie gemette e spinse avanti i fianchi. –
Oh, sì. Ti prego.
Bene. Perché aveva intenzione di farla
godere come non mai, quella notte. Luke desiderava che non si scordasse più di
lui, sebbene in realtà non le avesse ancora detto chi era.
Ma non era quello il momento. Ora
desiderava solo perdersi in lei.
I muscoli del suo corpo si tesero mentre
spingeva più forte, sussurrandole sconcezze all’orecchio. La sentì ridacchiare
e inarcare la schiena per andargli incontro, come in una danza sensuale in cui
lei era la prima ballerina.
Aveva avuto molte altre donne in
precedenza, eppure Luke era certo di non aver mai trovato qualcuno con cui
riusciva a sentirsi così in sintonia. Katie gli era entrata nel sangue da
subito, fin da quel primo bacio sull’aereo. In realtà, già allora avrebbe
voluto strapparle le mutandine e possederla su quella dannata poltroncina della
Business class.
Luke cominciò a muoversi più veloce, ansimando
come un mantice. Il sangue gli ribolliva nelle vene mentre ascoltava Katie
gemere sempre più forte, fino a urlare di piacere.
Gridava per lui. Per lui solo.
Una soddisfazione primitiva gli riempì il
petto. Voleva raggiungere l’orgasmo insieme a lei, toccare la vetta nel
medesimo istante. Si tirò indietro per riaffondare dentro di lei e in quel
momento vide le sue labbra tremare in un sospiro di piacere.
Chiuse gli occhi, respirò a fondo e venne a sua volta. Per un momento si aggrappò
a quella sensazione, gustandola fino in fondo. Si sentiva rilassato, felice…
completo.
Non era mai stato così bene con una donna.
– Katie, devo dirti una cosa. Devo farlo,
ora.
Ma lei borbottò qualcosa e con un sorriso
di beatitudine su quelle labbra a cuore si addormentò.
***
Si svegliò di soprassalto. La
luce che penetrava dalla finestra la colpì in pieno volto, quasi accecandola.
Dio, che ora era?
Aveva dormito tutta la notte come una
bambina, complice l’alcol e il sesso. Il buon
sesso. Anzi, meraviglioso. Era stato… non avrebbe saputo definirlo a parole.
Katie allungò una mano verso l’altra metà del letto. Era ancora calda e
profumava di lui.
Occhioni azzurri.
Si accorse solo in quell’istante che non
conosceva il suo nome. Be’, lo avrebbe scoperto molto presto. La rassegna
stampa con Anderson era alle nove. Lanciò un’occhiata assonnata alla sveglia
sul comodino e quasi non lanciò un urlo. Erano le otto e mezza, il che voleva
dire che era in ritardo. Un ritardo pauroso.
Cazzo,
cazzo, cazzo.
Si cacciò giù dal letto e quasi inciampò
nella moquette. Le girava la testa, non avrebbe saputo dire se a causa dei
drink micidiali che aveva bevuto la sera prima – al solo pensiero le veniva da
vomitare – o se per il sesso strepitoso con Occhioni azzurri. Corse in bagno
alla velocità della luce e si gettò sotto la doccia. Lavare via l’odore di
Occhioni azzurri, che le si era appiccicato addosso, un po’ le dispiacque. Ma
pensò che avrebbero potuto combattere il secondo round quella sera stessa, dopo
l’intervista. Anzi, magari avrebbero potuto trascorrere il resto della giornata
chiusi in camera.
Un sorrisino entusiasta le fece incurvare
le labbra all’insù, mentre cantava a squarciagola You can’t hurry love dei Dixie Chicks e si insaponava il corpo
indolenzito. Dopo la doccia, si asciugò per bene e si infilò un paio di
pantaloni neri e una camicia di seta rosso porpora, con una discreta
scollatura. Un abbigliamento non troppo discreto e formale, ma elegante al
punto giusto. Calzò i suoi sandali tacco dodici ed ecco fatto, era pronta per
scendere nella fossa dei leoni per farsi sbranare da Anderson.
Anzi, no. Magari sarebbe stata lei a
sbranare lui.
Si sentiva vitale come non mai.
Fischiettando il motivetto dei Dixie
Chicks, che ormai le era rimasto nella testa, si pettinò i capelli in uno
chignon alto sulla nuca, lasciando ricadere qualche ricciolo ai lati del viso, per
un effetto più sbarazzino. Sorrise soddisfatta allo specchio.
Vai e stendilo, Katie!
Ma quando si ritrovò nella sala conferenze,
al piano terra, la sua spavalderia cominciò a scemare. I colleghi degli altri
rotocalchi erano già presenti e si scambiavano battute e commenti sull’acidità
di Anderson, chiedendosi il motivo di quella conferenza stampa così inattesa.
Ma non vedeva Occhioni azzurri da nessuna parte. Katie sentì una fitta allo
stomaco.
Non se la sarà data a gambe, vero?
Non sarebbe stato il primo uomo da una
botta e via che incontrava sul proprio cammino. Non che fosse contraria al
sesso senza legami, sia chiaro. Il fatto che fosse andata a letto con un perfetto
sconosciuto era un esempio evidente di come la pensasse in merito. Però trovava
irritante che la mattina dopo l’uomo in questione sparisse all’improvviso, come
se non fosse esistito se non nella sua immaginazione. Dopotutto erano entrambi
adulti e consenzienti. Perché darsi alla macchia? In quanto all’immaginazione…
be’, non era proprio possibile che si fosse sognata tutto quanto. Una sessione
di sesso come quella non si immagina. Era stato tutto fin troppo reale.
Si sistemò una ciocca di capelli dietro
l’orecchio e si morse leggermente il labbro, proprio nel momento in cui la
porta si apriva e Anderson faceva il suo ingresso, in un completo grigio scuro Dolce & Gabbana. La bocca le si
spalancò d’impulso, restando bloccata in un’esclamazione di stupore. No, di
puro terrore in verità.
Occhioni azzurri e Luke Anderson erano la
stessa persona.
Dio, era stata a letto con la persona che
doveva intervistare e non solo, gli aveva sbattuto in faccia tutta la sua
avversione nei suoi confronti, complice qualche drink di troppo. Inutile dire
che il suo comportamento non era stato affatto professionale. Sarebbe bastato
molto meno per farle perdere il posto di lavoro.
Col cuore che le batteva contro le
costole, Katie cercò di farsi piccola piccola, mimetizzandosi dietro a una
pianta. Aveva le guance in fiamme e la sua mente correva alla velocità della
luce, nel tentativo di fare un po’ di chiarezza. Inutile. Era nel caos più
completo. Non riuscì ad afferrare una sola delle parole che Anderson disse al
microfono. Le domande dei colleghi fioccarono, una dopo l’altra, ma lei non
riuscì ad aprire bocca. Rimase imbambolata a fissare il dio greco che solo
qualche ora prima si era trovato nudo nel suo letto. Con lei sotto.
Adesso sì che le veniva da vomitare.
Il tempo passò quasi senza che se ne
accorgesse. La sala si svuotò e rimasero solo lei e Anderson.
– Puoi uscire da lì, ora – Lui la stava
fissando con un sorriso fra l’imbarazzato e il divertito.
Katie si irrigidì. – Immagino che te la
sarai spassata alle mie spalle. Complimenti! Ti capita spesso di spacciarti per
un'altra persona, per portarti a letto qualcuno?
I
suoi occhi assunsero un colore inquietante, diventando due pozze scure. – Ehi,
io non mi sono spacciato per un altro. Volevo dirtelo, ma tu non mi hai
lasciato parlare. E poi, dopo il sesso, ti sei addormentata di botto, come
sotto l’effetto del cloroformio.
Katie provò un’altra ondata di nausea. –
Sei un bastardo, Anderson – disse con le lacrime agli occhi. – Stai lontano da
me.
Gli voltò le spalle e corse via senza
voltarsi.
La sua vita si era trasformata in un
incubo dal quale non esisteva via d’uscita.
Avrebbe voluto morire.
California, una settimana dopo
Katie osservò le onde del mare
infrangersi sulla riva, i capelli mossi dal vento. Un ciuffo le finì sugli
occhi, ma non lo scostò. Si sentiva inerme di fronte a quell’immensità, azzurra
come gli occhi di Anderson.
Maledizione, non voleva pensare a lui. Non
doveva.
Al giornale le avevano imposto una
settimana forzata di ferie, durante la quale avrebbero riflettuto sulla sua
posizione. Il che equivaleva a un licenziamento sicuro. Tra i reporter inviati
a Parigi, era l’unica che aveva fatto ritorno senza un pezzo nelle mani. La
maledetta intervista.
Calde lacrime di frustrazione le bagnarono
il volto e le asciugò col dorso della mano, mentre qualcuno le si avvicinava
con passi felpati.
– Possiamo parlare? Ti ho inseguita per
tutta la California e ora mi devi cinque minuti del tuo tempo.
Non ebbe bisogno di voltarsi per capire a
chi appartenesse quella voce. Ormai era impressa a fuoco nel suo cuore. –
Anderson, che ci fai qui? Sei venuto a esultare per la mia sconfitta?
Lui si sedette sulla sabbia al suo fianco.
All’apparenza era calmo e controllato, ma un guizzo della mascella le fece
capire che non era così sicuro di sé come desiderava apparire.
– Katie, non era mia intenzione prenderti
in giro. A Parigi non mi hai lasciato il tempo di spiegare.
Si voltò verso di lui, una rabbia cieca
che le comprimeva lo stomaco. – Spiegare? Non c’è nulla da spiegare. È stato
solo sesso. Non penserai che per me abbia significato qualcosa di più?
Naturalmente stava bleffando. Lui aveva
significato molto di più. Significava
tutto. Non si sarebbe sentita così
annientata, altrimenti. Ma non voleva fare la figura della donna patetica che
aveva letteralmente perso la testa per l’affascinante miliardario. Aveva un
orgoglio da difendere, dopotutto.
Lui sospirò e si lasciò sfuggire
un’imprecazione. – Dannazione, Katie. Mi vuoi ascoltare? Mi dispiace per quello
che è accaduto e sono pronto a rimediare.
– Rimediare? E come?
– Posso concederti un’intervista
esclusiva. Solo per il tuo giornale. Potrai farmi tutte le domande che vuoi,
anche sulla mia vita privata se lo desideri.
Katie sgranò gli occhi. Anderson non
parlava mai della sua vita privata. –
D’accordo. Voglio sapere se ti capita spesso di andare a letto con donne
abbordate nei bar degli alberghi.
Lui fece un sorrisino. – Veramente sei
stata tu ad abbordare me in quell’albergo. Comunque no, non mi capita spesso.
Il fatto è che poche donne mi fanno l’effetto che mi fai tu.
Katie si alzò di scatto. All’improvviso sentiva
le lacrime pungerle gli occhi. Non voleva ascoltarlo, non voleva credere di
essere stata per lui qualcosa di più di una semplice scopata. Altrimenti non
sarebbe riuscita a negare i sentimenti che provava per lui e che decisamente
era meglio tenere per sé. – A chi vuoi darla a bere, Anderson?
Si alzò anche lui, gli occhi fissi nei
suoi. – Non sto mentendo, katie. Tu mi sei entrata dentro nell’esatto momento
in cui le mie labbra hanno sfiorato le tue, su quel maledetto aereo. Voglio
solo una possibilità. Permettimi di ricominciare da capo.
Il sangue cominciò a fluirle più veloce
nelle vene. – Ricominciare da capo? Se intendi farmi mettere piede di nuovo su
un aereo, privato o di linea che sia, te lo puoi scordare!
Anderson rise piano e scosse la testa, i
capelli arruffati dal vento. – Non era quello che intendevo, anche se il sesso
ad alta quota non deve essere male. Dovremmo provare un giorno o l’altro.
Suo malgrado, Katie si lasciò sfuggire un
sorriso. Come faceva quell’uomo a farle dimenticare la rabbia, l’umiliazione…
ogni cosa. Niente sembrava avere importanza se non lui, lì in piedi, davanti a
lei. Sospirò. – Non provarci, Anderson – rispose divertita.
Lui l’afferrò per le spalle, attirandola a
sé. – Ho intenzione di provarci, invece. E a lungo – Le labbra coprirono le
sue, trasmettendole una scossa di desiderio talmente forte da farla tremare.
Quando si staccò, Katie sollevò su di lui
uno sguardo sognante. – Anderson, tu mi fai sentire sempre come se mi trovassi
ad alta quota.
Lui inarcò un sopracciglio. –
Considerato l’effetto che ha su di te l’altitudine, non so se si tratti di un
complimento.
Ridendo, Katie lo afferrò per il bavero
della camicia. – Baciami, stupido.
E lui la baciò.
FINE
Un bellissimo racconto, avvincente dalla prima all'ultima riga. Ottimi personaggi e ambientazione. Lei, Katie, in apparenza soprovveduta ma davvero frizzante. Lui, Luke, il sogno di ogni donna, dal fascino irresistibile. Bravissima Laura, come sempre. Complimenti.
RispondiEliminaGrazie, sono davvero contenta che ti sia piaciuto. Un abbraccio.
Elimina