mercoledì 27 aprile 2016

OLTRE I CONFINI DEL TEMPO - QUINTA PUNTATA

CAPITOLO 5


E
ra strabiliato. Non solo quella ragazza si era intrufolata nel suo studio, chiedendo un bicchiere di brandy come se fosse stata un suo compagno di bevute. Adesso si era messa in testa di farlo impazzire di desiderio?
     Se ne stava seduta in maniera scomposta sulla sua poltrona, le gonne sollevate abbastanza da lasciargli intravvedere le caviglie sottili e il seno che sporgeva dalla scollatura dell’abito in maniera indecente.
     E aveva appena detto che fornicare faceva bene alla salute!
     Cominciò a sudare, incapace di distogliere gli occhi da quella visione celestiale. Quasi senza rendersene conto si alzò, accorciando la distanza fra loro. Sara lo studiava da sotto le ciglia leggermente abbassate, le dolci labbra atteggiate a un’espressione di sincero stupore.
     – Beh, cosa ho detto di strano? – chiese, alzandosi in piedi a sua volta. 
     Incapace di resistere alla tentazione, Giulio la afferrò e le cercò le labbra. Fu sopraffatto dal suo profumo, un aroma floreale che gli fece venire l’acquolina. Dapprima la sentì irrigidirsi contro il proprio petto, ma quando le mordicchiò il labbro inferiore si rilassò. Aprì la bocca, permettendo alla sua lingua di entrare con irruenza. Era eccitato. Le mani di Sara si aggrapparono alla sua schiena e lui provò il desiderio di stringersi maggiormente a lei. Voleva bere il suo respiro, aspirare il suo odore… possederla.
     Poi tornò alla realtà e fece un passo indietro. – Dannazione! – Non avrebbe dovuto baciarla in quel modo. Cosa gli era preso? Era diventato uno sbarbatello privo di autocontrollo? Con il respiro ansante e il cuore che gli palpitava nel petto, le lanciò uno sguardo timoroso.
     – Mi hai baciata – fece lei, rompendo il silenzio. Non sembrava incollerita o sconvolta. Nei suoi occhi leggeva solo stupore.
     Deglutì. – Non puoi provocare a tal punto un uomo e pretendere che stia lontano da te. Ricordatelo, in futuro.
     – Io ti avrei provocato?
     I suoi occhi sembravano fiamme incandescenti. Adesso era irritata. Poteva percepire il suo sdegno dalla linea tesa della mascella.
     – Oseresti negarlo? Vieni qui, ti sollevi le gonne a mostrare le tue deliziose caviglie e…
     – Le mie deliziose caviglie? – Sara rise di gusto, gli occhi spalancati. – Non vorrai dirmi che le mie caviglie ti eccitano!
     Giulio si sforzò di tornare a respirare regolarmente. Aveva smesso di farlo non appena aveva posato le labbra sulle sue. – Qualsiasi cosa di te mi eccita, dannazione!
     Sara gli puntò un dito contro il petto, l’espressione corrucciata. – Beh, se sei infoiato vedi di fartela passare e non dare la colpa a me!
     – Vorrei farti notare che anche tu hai ricambiato il mio bacio.
     Lei incrociò le braccia sul petto, il viso che si tingeva di rosso come il sole al tramonto. – Mi hai colta alla sprovvista – si giustificò. – Non puoi infilarmi la lingua in bocca e… oh, al diavolo! Sei un vero bastardo!



     Giulio non riusciva a crederci. Quella ragazza imprecava sul serio come uno scaricatore di porto! Non aveva mai sentito una donna usare un simile linguaggio, nemmeno nei postriboli più malfamati di Taranto. E quella non doveva essere neppure la prima volta che veniva baciata in quel modo. Non gli era parsa spaventata da quell’intrusione. Anzi, aveva dischiuso le labbra e accolto la sua lingua famelica come se fosse stata esperta nell’arte del baciare.
     E chiaramente lo era.
     Diamine, era riuscita a fargli perdere totalmente l’uso della ragione con quel bacio. Cosa che neppure donne ben più esperte di lei erano mai riuscite a fare. Il solo pensiero lo irritò. Chi le aveva insegnato a baciare così? Non avrebbe dovuto importargli, eppure lo avrebbe volentieri preso a calci. Immerso nei suoi pensieri omicidi, quasi non si avvide che Sara si era avvicinata alla porta.
     Fu la sua voce a riscuoterlo. – Spero che non accada più. Nonostante in questa casa tutti pensino il contrario, non nutro interesse nei tuoi confronti. È chiaro?
     Giulio esitò. Cosa diavolo intendeva dire? Chi pensava che lei potesse avere delle mire su di lui?
     – Non potrei essere più d’accordo. Neppure io ho un particolare interesse nei tuoi confronti. La mia è stata pura lussuria.
     Sara si fermò per lanciargli un’ultima occhiata assassina. – Fottiti! – rispose, prima di varcare la porta.
     Nel caso in cui avesse avuto dei dubbi sul fatto che lei non fosse stata educata come una fanciulla della buona società, con quell’ultima parola li aveva fugati tutti. Decisamente.
     Suo malgrado, una risatina gli uscì dalle labbra tese.

* * * * * * * * * *

Sara era confusa. Il suo cuore batteva come le ali di un uccellino spaventato. Lo sentiva nelle costole, persino nella gola. Avrebbe voluto negare che quel bacio l’aveva sconvolta, ma sarebbe stato come mentire a se stessa. Nemmeno Mario era mai riuscito a causarle un tumulto simile. I suoi baci erano stati dolci, rassicuranti. Giulio invece era stato passionale e irruente. Irresistibile.
     Sara, levatelo dalla testa!
     Ci mancava che si innamorasse di lui. Di un uomo irritante, maschilista, ladro e per di più appartenente a un’altra epoca. Mai fra due persone erano esistite distanze più incolmabili. Era semplicemente impossibile.
     Entrò correndo nella propria stanza e richiuse la porta alle sue spalle, appoggiandovisi con la schiena, nel tentativo di calmare i battiti impazziti del proprio cuore. Aveva le guance in fiamme, non sapeva se di piacere o indignazione.



     Borbottando frasi senza senso, si avvicinò all’armadio dove erano state riposte le sue cose. Aprì l’anta di scatto, facendola cigolare, e afferrò il suo zaino per deporlo sul letto a baldacchino. Furiosa con se stessa per aver ricambiato il bacio di Giulio, tirò fuori il proprio spazzolino da denti e il dentifricio. Gli occhi le bruciavano e all’improvviso si rese conto che non sarebbe riuscita a trattenere le lacrime.
     Da quando era cominciata quell’avventura non aveva mai ceduto al pianto. Non ne aveva avuto il tempo. Tutto era accaduto così velocemente: l’incontro con Giulio, la notte trascorsa nel capanno di caccia, stretta fra le sue braccia, e infine il viaggio verso Taranto. Quando era giunta in quella casa si era sentita sollevata, solo per il fatto di avere un tetto sopra la testa e poter fare un bel bagno caldo. Ma ora tutta la drammaticità di quella situazione la investì come un uragano: si trovava sola,  in un mondo a lei sconosciuto, senza la minima idea di come fare a ritrovare la strada di casa.
     E Giulio era il suo unico punto di riferimento. Che lo volesse o no, aveva bisogno di lui. Eppure era terrorizzata da ciò che provava in sua compagnia. Emozioni talmente intense da fermare il respiro e che la facevano sentire vulnerabile.
     Si asciugò le lacrime con un gesto rabbioso. Piangere non l’avrebbe aiutata. Doveva essere forte, escogitare un piano. Ma più ci pensava, meno aveva le idee chiare. Alla fine prese spazzolino e dentifricio, avvicinandosi a una bacinella posata su un piccolo tavolo rotondo, accanto al letto. Vi versò l’acqua contenuta in una brocca e cominciò a lavarsi i denti, con gesti meccanici. Poi si deterse il viso, cercando di lavare via le lacrime e il rossore che si era formato attorno agli occhi.
     Ci avrebbe pensato l’indomani, dopo una notte di riposo. Come diceva Rossella O’Hara in Via col vento, domani è un altro giorno. Si sforzò di crederci.
     La parte più difficile fu togliersi l’abito che era stata costretta a indossare dopo il bagno. Era chiuso con una marea di minuscoli bottoncini dietro la schiena e sotto l’abito i lacci del corsetto rendevano l’impresa ancora più complicata. Ora capiva perché le dame di un tempo avevano sempre una cameriera che le aiutava a svestirsi! Ma lei non voleva ricorrere all’aiuto di nessuno. Se l’era sempre cavata da sola, anche nelle difficoltà. Doveva solo ingegnarsi.
     Quando finalmente riuscì a uscire da quell’insopportabile vestito si sentì come rinascere. Adesso poteva riprendere a respirare normalmente, senza sentire la gabbia toracica compressa da quell’orrendo bustino.
     Rabbrividì. Nonostante nel camino ardesse un bel fuoco, sentì il freddo aggredirle la pelle nuda. Si affrettò ad afferrare la camicia da notte di lino che le era stata lasciata sul letto e la indossò. Poi si mise sotto le coperte, rilassandosi per il tepore che la avvolse subito dopo.
     La stanza era rischiarata da una lampada a olio, situata sul suo comodino. Per un attimo pensò di tenerla accesa tutta la notte, ma non era una buona idea. Se fosse caduta mentre lei era addormentata, causando un incendio? Gli incendi erano piuttosto frequenti in quell’epoca.
     Sospirò e la spense, ritrovandosi nel buio più totale. Le tende erano state tirate e non entrava il minimo spiraglio di luce dall’esterno. In compenso sembrava che la casa fosse invasa dai rumori: scricchiolii, passi… le parve di sentire persino dei flebili lamenti.

     Tremò, rannicchiandosi maggiormente sotto le coperte. Infine la stanchezza si impadronì di lei.

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