CAPITOLO 4
Q
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uando
la rivide per la cena Giulio stentò a riconoscerla. Era stata lavata, vestita e
acconciata secondo la moda del momento. Era un incanto. Indossava un abito di
mussola color indaco, che ben si adattava al colore dei suoi occhi. I capelli
le erano stati acconciati sopra la nuca, ma qualche ricciolo ribelle le ricadeva
sulla fronte e sul viso, donandole un aspetto sbarazzino che lui trovava
adorabile.
Inevitabilmente il suo sguardo scese verso
la scollatura che metteva in mostra la pelle delicata del collo e il seno
generoso. Deglutì, alzandosi in piedi e salutandola con un cenno del capo.
– Siete davvero incantevole – disse, dopo
essersi schiarito la voce. Cos’era quell’emozione che sentiva nel petto?
Ammirazione? Lussuria? Era confuso.
Sara si mosse in fretta verso la tavola
apparecchiata, le labbra carnose strette in un piccolo broncio. Lui le scostò
la sedia, secondo i dettami del bon ton,
e attese che si accomodasse prima di tornare a sedersi a sua volta.
Lei si protese verso di lui. – Questo
abito è terribilmente scomodo – sussurrò, gli occhi che mandavano lampi di
irritazione. – Sono stata costretta a indossare un bustino che non mi permette
neppure di respirare. Rivoglio i miei vestiti. All’istante.
Giulio sorrise. Quella creatura era
adorabile. Non aveva mai incontrato una donna che lo divertisse e ammaliasse
allo stesso tempo. – Credo che mia madre li abbia fatti lavare, ma prometto che
ti verranno restituiti. A ogni modo, prima non scherzavo: sei bellissima,
scomodità a parte.
La contessa madre, seduta all’altra
estremità del tavolo, tossicchiò, portandosi il tovagliolo alla bocca. – Non è
educato bisbigliare a tavola!
Immediatamente entrambi si scusarono e i
lacchè cominciarono a servire. Durante la cena dominò il silenzio. Giulio era
dannatamente consapevole dello sguardo accusatorio di sua madre e preferì ignorarlo,
piuttosto che avviare una discussione spiacevole che avrebbe messo la sua
ospite in imbarazzo. Si propose, tuttavia, di parlare con lei più tardi.
Tornò a studiare l’elegante figura di Sara
che stava portando la forchetta alla bocca. Era affamato, eppure non riusciva a
concentrarsi sul cibo che aveva nel piatto. I suoi occhi erano calamitati da
quella giovane donna e dalle sue adorabili labbra. Dannazione, avrebbe voluto
baciarle, morderle… persino succhiarle fino a strapparle gemiti di piacere. Era
forse impazzito?
La vide portare alla bocca un pezzo di
fagiano arrosto e quasi gli sfuggì un ansito. – Trovate il cibo di vostro
gusto? – chiese per distogliere l’attenzione da quelle labbra.
Lei sollevò lo sguardo. – Oh, sì. È tutto
molto buono, ma non credo che riuscirò a mangiare qualcos’altro. Sono decisamente
sazia.
– Ma ci sono ancora altre tre portate! –
si intromise la contessa madre, lanciandole un’occhiata di sdegno.
Sara sgranò gli occhi, com’era solita fare
quando qualcosa la sorprendeva. – Altre tre? Ma abbiamo già mangiato una zuppa
di porri, prosciutto in gelatina, un pasticcio di carne e ora il fagiano
arrosto! Cos’altro prevede il menù?
Giulio era indiscutibilmente divertito.
Osservò la madre posare cauta la forchetta sul tavolo e portarsi nuovamente il
tovagliolo alla bocca. – Ho fatto preparare carciofi alla Bariguole, aspic alla
dominicana e una bavarese alle fragole. È solo una cena leggera, non capisco di
cosa vi lamentiate.
La loro ospite pareva sul serio
sbalordita. – E questa la definite una cena leggera?
Il menù di un pranzo natalizio prevede
meno portate! Non avete paura di diventare dei barili, abbuffandovi in questo
modo?
– Prego? – La voce della madre era
diventata insopportabilmente acuta. Il che significava che era sull’orlo di una
crisi di nervi. Evidentemente a Sara non erano state insegnate le regole dell’etichetta:
mai criticare la scelta dei menù in presenza della padrona di casa!
Sorrise. – Temete di diventare grassa e
brutta, Sara? Permettetemi di rassicurarvi, il vostro corpicino è adorabile.
Invece si sentirsi lusingata per il
complimento, lei lo incenerì con lo sguardo. – Per forza! Faccio molta
attenzione a quello che mangio. Ma voi non mangiate sempre così, vero?
Giulio stavolta si lasciò sfuggire
un’aperta risata. – Certo che no. Se diamo un ricevimento le portate aumentano
considerevolmente. E, a proposito di pranzi natalizi, il nostro prevedeva ben cinque
entrate, quattro antipasti, tre primi piatti con altrettanti contorni e quattro
dolci.
Sara rimase a bocca aperta per un
interminabile attimo. – Alla faccia del colesterolo e dei trigliceridi! Non
avete intenzione di campare a lungo, vero?
Giulio era perplesso. Cosa aveva detto? –
Temo di non seguirvi. Talvolta parlate in una lingua che a me sembra del tutto
sconosciuta.
La vide agitare una mano per aria. – Non
ha importanza. Andiamo avanti con la cena. Non sia mai che a causa mia siate
costretti ad andare a dormire a stomaco vuoto!
Giulio si sforzò di non badare al suo tono
ironico e lo stesso fece sua madre. Ma di sicuro lei non le avrebbe perdonato
quella stoccata. Era una donna estremamente rigida e rancorosa.
*
* * * * * * * * *
Sara
si appoggiò allo schienale della sedia, gli occhi pesanti per il troppo cibo e
la stanchezza. La cena era durata quasi tre ore! E a sentir loro era una cena normale, come quella di tutte le altre
sere.
Le veniva da vomitare.
Sollevò uno sguardo stremato su Giulio che
si stava alzando. Era l’ora! Fece per seguirlo, ma la voce stridula della
contessa madre la bloccò. – Desidero scambiare due parole con voi, Sara. Così
mio figlio sarà libero di ritirarsi nel suo studio per bere il suo solito
brandy, prima di raggiungerci nella sala della musica.
Sala
della musica?
Volevano torturarla? In realtà lei sognava
di buttarsi sul letto e dormire fino a tarda mattina. E prima, avrebbe bevuto
volentieri anche lei un bicchierino di qualcosa di forte come digestivo. Non
era carino che nessuno si fosse premurato di offrirgliene. Forse si erano
offesi perché aveva criticato le loro abitudini alimentari.
Trattenne a forza uno sbadiglio. – Come
desiderate, contessa.
Accompagnò con lo sguardo Giulio che, dopo
essersi congedato, uscì dalla stanza. Gliel’avrebbe fatta pagare per averla
lasciata sola con quell’arpia, questo era certo! Poi tornò a fissare quella
donna arcigna, vestita di nero. Sembrava una cornacchia.
– Desidero informarvi che se avete delle
mire su mio figlio, sarebbe meglio per voi lasciar perdere – disse l’arpia.
Sara aggrottò la fronte. – Mire di che
genere?
La contessa sbuffò, tirando fuori da non
so dove un ventaglio – nero anch’esso – e cominciando a sventolarlo con foga. –
Mire matrimoniali, che altro?
Lei restò di nuovo a bocca aperta. Quella
donna doveva essere completamente pazza. Lei e Giulio si conoscevano da appena
due giorni!
– A parte il fatto che sono un po’ troppo
giovane per sposarmi – le rispose, stringendo convulsamente fra le dita il
tovagliolo. – Dubito che sceglierei come consorte vostro figlio. Non so
praticamente nulla di lui.
La donna aggrottò la fronte, studiandola.
– Quanti anni avete?
– Diciotto, signora contessa.
– Allora non siete affatto troppo giovane.
Avete l’età perfetta per essere presentata in società.
Sara la fissò, cauta. – Non voglio essere
presentata a nessuno, signora. Sul serio, non desidero sposarmi adesso.
L’arpia cominciò a giocherellare con le
posate. Pareva nervosa. – E cosa contate di fare della vostra vita? A quanto mi
sembra di capire siete sola al mondo, senza un tutore e senza mezzi di
sostentamento. Sbaglio, forse?
Non sapeva dove volesse arrivare, ma quel
discorso non le piaceva. Avrebbe voluto dirle che aveva una famiglia che
l’amava e attendeva con ansia il suo ritorno, ma non era esatto. Lì, in quel
tempo e quel luogo era realmente sola
e senza mezzi di sostentamento. Un brivido le scese lungo la schiena. – Non
sbagliate, no.
– Ebbene, se in quella vostra testolina
vi siete messa in testa di incastrare mio figlio per farvi sposare e mantenere,
sappiate che non ve lo permetterò nella maniera più assoluta. Farò qualsiasi
cosa in mio potere pur di impedirvelo, mi avete capito bene?
Sara era furiosa. Come si permetteva? Si
alzò di scatto, facendo quasi rovesciare la sedia. – Vi ho già detto che non
desidero sposare vostro figlio. Siete sorda, per caso?
La donna trasalì. Evidentemente non era
abituata a un linguaggio tanto schietto, ma lei non se ne curò. Era stata
oltremodo offensiva con quella storia delle mire matrimoniali e via dicendo. Ci
mancava che l’accusasse di essere una escort in cerca di un protettore!
– E ora vi prego di scusarmi – disse,
avviandosi verso la porta. – Sono molto stanca.
*
* * * * * * * * *
Invece
di salire al piano di sopra, dove le era stata preparata una stanza, Sara
chiese a uno dei servi dove fosse lo studio del conte. Non sapeva se raccontargli
delle farneticazioni di sua madre, ma non se la sentiva di ritirarsi per la
notte con la cena sullo stomaco. Decisamente aveva bisogno di un digestivo.
Bussò alla porta e attese che lui la
invitasse a entrare. Quindi infilò la testa all’interno.
– Disturbo? – chiese, cercandolo con lo
sguardo. Era sprofondato su una poltrona, con un bicchiere in una mano e l’aria
meditabonda.
Vedendola, si alzò di scatto. – Prego,
accomodati. È accaduto qualcosa di spiacevole? Mia madre ti ha aggredita o
rimproverata o…
Lei entrò nella stanza, chiudendo la porta
alle sue spalle. – Non desidero parlare di tua madre. Posso avere qualcosa di
forte da bere? Un brandy andrà benissimo.
Giulio la osservò come se avesse appena
detto una cosa indecente. – Vuoi un brandy?
– Beh, non è quello che stai bevendo tu?
– Certo. Ma io sono un uomo.
Sara roteò gli occhi. Di nuovo con quella
storia del maschilismo. Non ne poteva più. – Sono abituata agli alcolici e non
mi sentirò male, se è questo che temi.
In realtà si era anche sbronzata una volta
o due, in compagnia dei suoi amici. Ma non lo disse. Aveva la sensazione che un
uomo di quell’epoca non potesse capire. Si limitò a prendere il bicchiere che
lui le porgeva e si accomodò a sua volta su una poltrona, piegando le gambe in
modo da rannicchiarcisi sopra. Con tutte quelle sottane fu un po’ difficile, ma
alla fine riuscì a trovare una posizione sufficientemente comoda.
Giulio intanto la fissava coi suoi occhi
da predatore. – Non credo che trovarci da soli in questa stanza, a bere, possa
giovare alla tua reputazione. Se mia madre lo scoprisse andrebbe su tutte le
furie.
Sara scrollò le spalle. – Oh, non ho dubbi
in proposito. Penserebbe che io voglia sedurti.
– Di solito è il contrario.
– Come?
Giulio si portò il bicchiere di brandy
alle labbra, senza distogliere lo sguardo da lei. – Di solito si è portati a
credere che sia l’uomo a voler sedurre la donna.
Sara rise. – Beh, non tua madre. Credimi,
è terrorizzata all’idea che io ti irretisca.
– Prego?
Con una sorsata Giulio finì di svuotare il
proprio bicchiere e lo posò su un tavolino rotondo, alla sua destra. Poi
allungò le lunghe gambe muscolose, alla ricerca di una posizione più comoda.
Sara era, suo malgrado, affascinata da lui. Bevve un po’ del suo brandy mentre
Giulio tirava fuori da una tasca un sigaro, accendendolo con studiata lentezza.
– Non dovresti fumare, sai? È dannoso alla
salute.
Lui inarcò un sopracciglio, in un gesto
che le era ormai familiare. – Questo dove l’hai sentito dire?
– Lo so e basta.
Giulio ignorò il suo avvertimento e prese
una boccata di fumo, gli occhi sempre fissi su di lei. – Sembri ossessionata
dalla salute. Il troppo cibo, il fumo… c’è qualcosa di piacevole che secondo te
non faccia male?
Lei ci pensò su un istante e sorrise. – Il
sesso, per esempio. Si dice che quello faccia benissimo.
Giulio cominciò a tossire. Aveva le
lacrime agli occhi e dovette mettere da parte il sigaro. Quando si fu ripreso,
le lanciò un’occhiata talmente penetrante che Sara sentì le farfalle nello
stomaco. – Ti stai addentrando in un terreno pericoloso, Sara. Vuoi provocarmi?
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