*Attenzione!* Per gli argomenti trattati, questo racconto è riservato ad un pubblico adulto.
Tutto ciò aveva dell’incredibile. Andrea si appoggiò allo schienale per stare più comodo e passò un braccio attorno alle spalle di Diana, attirandola contro il proprio petto. Si trovava a casa di una donna incredibilmente attraente e, invece di fare sesso, se ne stava su uno scomodo divano a guardare uno di quei film sdolcinati che di solito evitava come la peste. E ci stava pure prendendo gusto!
Tutto ciò aveva dell’incredibile. Andrea si appoggiò allo schienale per stare più comodo e passò un braccio attorno alle spalle di Diana, attirandola contro il proprio petto. Si trovava a casa di una donna incredibilmente attraente e, invece di fare sesso, se ne stava su uno scomodo divano a guardare uno di quei film sdolcinati che di solito evitava come la peste. E ci stava pure prendendo gusto!
Cazzo, chi
l’avrebbe detto?
Lanciò
un’occhiata di sbieco alla donna conturbante che gli sedeva di fianco e
trattenne il respiro. La vestaglia che indossava si era aperta sul davanti,
lasciando intravvedere un babydoll rosa confetto, semitrasparente. Mantenersi
indifferente stava diventando difficile, se non impossibile. Si sforzò di
concentrarsi sul film, ma non riusciva a capire le battute; nella testa un solo
pensiero costante.
Controllati, Andrea.
Si schiarì la
voce. – Fammi un riassunto delle puntate precedenti.
Lei rise di
nuovo. Da quando la risata di una donna gli faceva quell’effetto? Avrebbe
voluto stringerla a sé e baciarla fino allo sfinimento. – Non è uno sceneggiato
a puntate, stupido – gli rispose lei, stiracchiandosi un poco.
– D’accordo.
Ma cos’è accaduto prima?
Diana parve
rianimarsi mentre gli parlava del film. Si intuiva che era uno dei suoi
preferiti: doveva averlo visto almeno un centinaio di volte. Un tempo lo
avrebbe giudicato ridicolo, ma in quell’occasione gli fece una gran tenerezza.
Diana Ricci, la temibile prof del liceo classico Gioberti, la stessa donna che
lo stava tenendo a distanza da giorni, era in realtà una gran romanticona.
E diamine,
quel lato di lei gli piaceva da impazzire.
Si accorse di
trovare davvero piacevole la sua compagnia. Guardarono il film, risero, si
punzecchiarono e riuscì a non toccarla nemmeno con un dito. Be’, di tanto in
tanto lanciava qualche sbirciatina alla sua scollatura. Ma quello non contava,
giusto? Cioè, quale uomo sano di mente non avrebbe sbirciato?
Andrea si
ritrovò a chiedersi quando fosse stato così bene con una donna senza fare
sesso. Non ricordava. O forse non era mai successo. Con la madre di Viola era
accaduto tutto così in fretta: per lei aveva provato una folle attrazione che
si era esaurita, tuttavia, in un battito di ciglia. E dopo di lei era stato ben
attento a non lasciarsi coinvolgere. I suoi rapporti col gentil sesso si
esaurivano tra le lenzuola di un albergo e il più delle volte non ricordava
neppure i nomi delle donne che si era portato a letto.
Strano che
tutto ciò adesso gli apparisse squallido e triste.
Il film terminò
coi protagonisti che si baciavano su una scala antincendio mentre una voce
fuoricampo diceva: – E voi ce l’avete un sogno?
Diana sospirò
con le lacrime agli occhi, soffiandosi energicamente il naso arrossato in un
fazzolettino di carta. Andrea invece scosse il capo sconcertato. – Cosa diavolo
ci trovi di così romantico in questa storia? Voglio dire, lei non era altro che
una puttana!
In risposta
ricevette una gomitata nello stomaco. – Non capisci proprio niente, Andrea
Sartori.
– D’accordo,
spiegami.
– Questo film
apre una porta di speranza a tutte le donne. Se una prostituta può realizzare
il suo sogno e sposare un miliardario, allora vuol dire che ciascuna di noi può
avere una possibilità. Prima o poi.
Andrea le
indirizzò un sorriso malizioso. – Be’, la tua possibilità è qui davanti a te.
Ora. Sono o non sono un miliardario in carne e ossa, a tua disposizione?
Lei gli diede
un’altra gomitata. – Sei proprio scemo!
Una risata
spontanea gli sgorgò dal petto. Non riuscì a evitarlo: afferrò Diana per la
nuca cercandole le labbra. Fu un bacio dolce, incredibilmente lento. Ma poi si
tramutò in qualcos’altro. Lei gli avvolse le braccia intorno al collo, i seni
premuti contro il suo petto. Poteva percepirne il calore attraverso gli spessi strati
dei vestiti che aveva addosso. E Andrea perse completamente il controllo. Le
mani scivolarono verso il basso, slacciarono la vestaglia aprendola del tutto.
Quindi si tuffarono all’interno della scollatura del babydoll, mentre la sua
bocca divorava quella di lei con piccoli morsi, la lingua che entrava e usciva
famelica. Le dita si strinsero intorno a un capezzolo, pizzicandolo e
strappando a Diana un gemito.
Dio, adorava i
versi che faceva con la gola durante gli amplessi.
Eppure Andrea
sapeva che doveva fermarsi. Si era imposto di rispettare i suoi tempi e lei non
era ancora pronta a infrangere le regole. – Aspetta – disse, sottraendosi
all’abbraccio. – Si è fatto tardi e domani devi alzarti presto.
Diana lo fissò
come se avesse appena detto qualcosa senza senso. – Come?
– Buonanotte,
dolcezza. Dormi bene.
Si alzò,
cercando di nascondere la propria erezione che premeva contro i pantaloni. Diamine,
niente gli era sembrato così difficile come quella ritirata strategica. Ma se
voleva acquistare dei punti con Diana Ricci, doveva imparare a giocare secondo
le sue regole.
Lei sbatté le
lunghe ciglia scure. – Buo-buonanotte – rispose titubante.
E Andrea capì
di aver vinto la battaglia.
Viola entrò nel locale affollato,
cercando di ignorare la musica ad alto volume che le rimbombava nelle orecchie.
Quella sera aveva approfittato dell’assenza di suo padre per partecipare alla
grande festa del liceo, organizzata da alcuni compagni di scuola. Il suo
vecchio probabilmente non le avrebbe dato il permesso di restare fuori fino a
tardi, ma lui non era in casa e, se lo conosceva bene, non sarebbe rientrato
prima dell’alba. Non era la prima volta che faceva le ore piccole e che tornava
a casa con addosso il profumo dozzinale di qualche donna.
I primi tempi
Viola ne era stata infastidita. Ora non più. Pensava che suo padre avesse il
diritto di vivere la propria vita, dopo che sua madre l’aveva lasciato per
inseguire la sua stupida carriera di modella. Non stava a lei giudicarlo.
Sorrise a
Stefano che l’aveva accompagnata e staccò con disinvoltura la mano dalla sua. –
Io vado a sedermi a quel tavolo laggiù. Potresti andarmi a prendere qualcosa da
bere al bancone del bar?
Lui annuì
adorante e corse via. Era una delle cose che non sopportava di Scarpati: sembrava
un cagnolino scodinzolante. Non aveva personalità. Nulla a che vedere con un
certo professore dagli occhi ipnotici, che baciava da dio. Proprio mentre
pensava a Jacopo, lui apparve all’improvviso, un ciuffo ribelle sulla fronte
spaziosa e lo sguardo tenebroso.
Era bello da
impazzire.
Viola rimase
imbambolata a fissarlo, il cuore che le faceva le capriole nel petto. Sapeva
che qualcuno della classe lo aveva invitato alla festa, ma era convinta che non
si sarebbe fatto vedere. Invece, eccolo lì. I jeans scoloriti che gli
fasciavano le natiche sode e una semplice maglietta nera sotto la giacca di
pelle. Le ricordò la frase di una vecchia canzone di Paola e Chiara.
Mi fa morire. Quando lo vedo io sto male.
Sembrava
scritta apposta per lui.
Quasi senza
accorgersene, come se fosse attratta da una calamita, Viola si fece largo tra
gli invitati e lo raggiunse. Per l’occasione aveva indossato un abito da sera
con un’ampia scollatura. Si augurò di destare la sua curiosità.
Ti prego, fa che mi noti!
Jacopo la
squadrò in silenzio, lo sguardo indecifrabile. – Sei venuta insieme a lui?
– Se con “lui”
intendi dire Stefano, la risposta è sì. Per te è un problema?
Il professore
d’inglese si irrigidì. Distolse lo sguardo e imprecò, ma le sue parole si
persero nel baccano del locale. – Ci sto provando, Viola. Mi sto sforzando di
vederti solo come una mia allieva, ma è difficile. Quando ti vedo insieme a
Scarpati, vorrei spaccargli la faccia. Mi rendo conto che è un comportamento
poco professionale, ma è più forte di me.
Viola sentì un
tuffo al cuore. Jacopo era geloso di Stefano?
Oddio, non
riusciva a crederci!
Accorciò la
distanza tra loro e sorrise. – Balla con me.
– Viola, noi
non dovremmo…
– Ti prego.
Lui sospirò e
la prese per mano per portarla al centro della pista da ballo. In quel momento
stavano suonando un lento e Viola si aggrappò al suo collo, dondolando i
fianchi contro i suoi, a tempo di musica. Chiuse gli occhi aspirando l’odore
del suo dopobarba. Avrebbe voluto restare così per sempre: abbracciata a lui,
la testa appoggiata al suo petto. Riusciva persino a sentire i battiti del suo
cuore, che sembrava impazzito esattamente come il proprio.
– Sei
bellissima stasera – fece a un tratto Jacopo, accarezzandole una guancia col
dorso della mano. Il suo tocco era leggero come quello di una piuma. Le fece
venire i brividi.
– Anche tu.
Lui rise
piano. – Viola, cosa devo fare con te?
– L’amore.
Facciamo l’amore, Jacopo. Smetti di pensare a me come a una tua alunna e
guardami come si guarda una donna.
Lui la
trafisse con uno sguardo rovente, la linea della mascella tesa. Sembrava che
stesse ingaggiando una lotta interiore, e forse era proprio così. Non disse
nulla e lei gli sfiorò la nuca con le dita.
– Ti prego,
non respingermi di nuovo. Non potrei sopportarlo.
I muscoli di
Jacopo si tesero e quando parlò, la sua voce era profonda, quasi minacciosa. –
Non sai quello che mi stai chiedendo, Viola. Credimi, non sono così forte da
riuscire a respingerti. Non stasera. Non mentre muovi i tuoi fianchi contro i
miei in questo modo. Cazzo, sono fatto di carne e sangue anch’io.
– E allora
lasciati andare. Se non perderò la verginità con te, stanotte, lo farò prima o
poi con un altro. Cosa cambierebbe? Non sono più una bambina, Jacopo.
Lui inspirò e
si strinse maggiormente a lei, quasi temesse di vederla fuggire via
all’improvviso. Che idea sciocca. Lei non lo avrebbe lasciato. Mai. Poi la
prese di nuovo per mano, con una stretta decisa. – Andiamocene da qui. Ti porto
nel mio appartamento. Lì staremo più tranquilli.
Il cuore di
Viola perse un battito.
Sì, sì, si.
Si sarebbe
messa a saltellare per la gioia, ma si limitò a un semplice sorriso di trionfo.
Complimenti Laura, ho appena scoperto questo tuo racconto e... MI PIACE! L'ho letto tutto di seguito e ora aspetto con ansia il seguito! :)
RispondiEliminaComplimenti anche per il racconto su LMBR (a cui ho dato la mia preferenza)... In bocca al lupo! ;)
Grazie, Donatella. È un piacere sapere di essere arrivata al cuore delle lettrici. E crepi il lupo! ;-)
EliminaQuesto commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiEliminaBello, bello, sempre più bello! Andrea si sta lentamente trasformando, si vede che ha trovato l'Amore... e Jacopo... io lo sapevo che non ce l'avrebbe fatta a resistere! ;-)
RispondiEliminaÈ anche un po' colpa di Viola se Jacopo è pronto a capitolare. Del resto, come resisterle? ;-)
EliminaBellissimo Andrea il grande seduttore che si ferma e Jacopo il bravo ragazzo che invece capitola. Non vedo l'ora di leggere il seguito non ci fare aspettare fino alla prossima settimana pleeeeeeeeeeeeaaaase
RispondiEliminaNon vi farò aspettare troppo. Promesso!
Elimina