*Attenzione!* Per gli argomenti trattati, questo racconto è riservato ad un pubblico adulto.
Viola servì il tè e si lasciò cadere sulla sedia. Sul tavolo di cucina aveva sistemato un vassoio pieno di biscotti e merendine del Mulino Bianco; non conoscendo i gusti della professoressa Ricci, aveva tirato fuori un po’ di tutto, anche se la sola idea di mangiare qualcosa le faceva rivoltare lo stomaco. Si sentiva ancora sottosopra per i baci di Jacopo ed era difficile concentrarsi sul cibo.
Viola servì il tè e si lasciò cadere sulla sedia. Sul tavolo di cucina aveva sistemato un vassoio pieno di biscotti e merendine del Mulino Bianco; non conoscendo i gusti della professoressa Ricci, aveva tirato fuori un po’ di tutto, anche se la sola idea di mangiare qualcosa le faceva rivoltare lo stomaco. Si sentiva ancora sottosopra per i baci di Jacopo ed era difficile concentrarsi sul cibo.
In realtà,
avrebbe preferito non invitarla a salire. Ma doveva fugare in ogni modo i
sospetti che la prof nutriva nei confronti suoi e di Jacopo. Non voleva nel
modo più assoluto che lui passasse dei guai a causa sua.
Calmati, Viola. Andrà tutto bene.
Inspirò e mise
una zolletta di zucchero nel tè, rigirando con furia il cucchiaino. – Io e
Scarpati ci siamo innamorati – disse, sforzandosi di essere credibile. La Ricci
la guardò in silenzio, portandosi la tazza alle labbra. Aveva labbra carnose e
rosse. Tutto sommato non era così squallida come aveva sempre pensato.
Ultimamente la stava rivalutando. – So che le sembrerà sciocco, ma alla mia età
una storia d’amore è qualcosa di serio. Ti toglie il respiro e il sonno. Ti fa
venire voglia di piangere e ridere allo stesso tempo.
La professoressa
sorrise. Un sorriso spontaneo, per niente forzato. Viola quasi si pentì delle
bugie che le stava raccontando.
Quasi.
In fondo,
erano bugie solo a metà. Lei era davvero
innamorata, solo non di Scarpati.
– Ti capisco,
Viola – La Ricci parlò con voce limpida e soave. Il suo tono aveva un non so
che di tranquillizzante, che la fece sentire subito meglio. – Ho avuto la tua
età anch’io.
– Lei è mai
stata innamorata? – La domanda le fuoriuscì senza riflettere, ma non si scusò
della propria invadenza. Dopotutto anche la prof si stava intromettendo nella
sua vita. Se dovevano essere amiche, era giusto che si confidassero i loro
piccoli segreti.
Lei arrossì. –
Sì, sono stata innamorata. E so cosa voglia dire avere il cuore infranto. Per
questo mi preoccupo quando vedo una mia alunna che non si impegna come
dovrebbe. L’amore è una cosa bellissima, ma studiare è importante.
– Lo so –
Viola prese un biscotto e lo tuffò nel tè. – Ma è difficile concentrarsi,
quando la mente va in un’altra direzione.
Fece una
pausa, poi chiese di nuovo a bruciapelo: – Quanti anni aveva la prima volta che
ha fatto l’amore?
La prof
arrossì nuovamente. Distolse lo sguardo e bevve un altro sorso di tè. – Avevo
vent’anni – ammise, dopo un po’. – Mi ero presa una cotta per un compagno di
università ed ero convinta di essere ricambiata, che una volta laureati ci
saremmo sposati e avremmo formato una famiglia insieme.
– E cosa
accadde?
La Ricci poso
la tazza sul tavolo e si asciugò le labbra con il tovagliolino di carta. – Lui
andò a letto con la mia migliore amica. Fine della storia.
Viola restò a
bocca aperta. – È per questo che si nasconde dietro a vestiti fuori moda e
pettinature che non le donano affatto? Per nascondersi e rifuggire l’amore?
La prof trasalì.
Rimase in silenzio per un istante, infine rise piano. – Sì, forse è proprio
come dici tu. L’amore è una cosa bellissima, ma può distruggerti.
– Già. Ma vale
la pena di rischiare, non trova?
A quell’ultima
provocazione lei non rispose. Ripiegò con cura il tovagliolino di carta e tornò
a guardarla negli occhi, un velo di malinconia a offuscarle lo sguardo. – Si è
fatto tardi e ho rubato anche troppo del tuo tempo – disse risoluta, alzandosi
da tavola. – Ora è meglio che tu vada a studiare. Domani interrogo su Leopardi.
Viola la seguì
con lo sguardo. Sì, l’aveva giudicata male: in modo affrettato e superficiale.
La nuova Diana Ricci in realtà le piaceva. Molto. – Le prometto che mi
impegnerò di più – disse, alzandosi a sua volta e accompagnandola alla porta. –
E grazie per la visita.
– Grazie a te
per il tè e la chiacchierata.
La guardò
allontanarsi giù per le scale, la gonna al ginocchio che ondeggiava a ogni
passo. Le sarebbe piaciuto avere una madre così, pensò Viola all’improvviso.
Qualcuno che la ascoltasse e con cui confidarsi. Ma ricacciò quel pensiero
inopportuno all’istante e andò a chiudersi in camera sua.
Diana sentì il campanello suonare
con insistenza e sollevò la testa irritata. Chi poteva essere a quell’ora? La
lancetta dell’orologio segnava le nove di sera. Imprecò mentalmente scivolando
giù dal divano e sbattendo il telecomando sul tavolino rotondo della sala.
Chi osava
interromperla mentre guardava uno dei suoi film preferiti? Se era la vicina di
casa che aveva dimenticato di comprare lo zucchero per una delle sue torte, le
avrebbe detto il fatto suo.
Si infilò una
vecchia vestaglia e calzò un paio di pantofole logore, prima di correre alla
porta e guardare dallo spioncino. Il cuore le si fermò. Non era la vicina di
casa, bensì Andrea Sartori in tutta la sua prorompente sensualità. Aprì la
porta quel poco che bastava per sporgersi con la testa, le guance in fiamme per
l’imbarazzo. – Perché sei venuto?
Andrea fece un
sorrisino. – È questo il modo di accogliere un ospite, professoressa Ricci?
– Saresti così
gentile da rispondere alla mia domanda?
Un altro
sorrisino. Andrea Sartori aveva una gran faccia da schiaffi, ma doveva
ammettere che era bellissimo.
– Viola mi ha
detto che sei passata da lei dopo la scuola – Andrea la fissò con i suoi
occhioni ipnotici, togliendole il respiro. – Volevo ringraziarti per aver
parlato un po’ con lei.
– Avresti
potuto telefonarmi.
Diana era
consapevole di risultare brusca e un po’ acida, ma non poteva farci nulla.
Diamine, si trovava davanti a un dio greco e lei era in vestaglia e pantofole,
coi capelli che sembravano una massa indistinta di riccioli. Per fortuna non si
era messa anche i bigodini!
Lui allungò
una mano e le sistemò un ciuffo ribelle dietro l’orecchio. – Avevo voglia di
vederti.
Come poteva una
voce suonare così dolce e armoniosa? Diana non lo sapeva, ma bastarono quelle poche
parole a farla sciogliere come un cono gelato nel deserto del Sahara.
– Non mi fai
entrare?
Oddio, questo proprio no!
Assunse
un’espressione severa e risoluta. – Mi dispiace, ma stavo andando a dormire.
Lui aggrottò
la fronte e si grattò la punta del naso. – Alle nove?
– Perché? Hai
qualcosa in contrario?
– Oh, sì. Ci
sono un mucchio di cose interessanti che si possono fare a quest’ora e dormire
non è fra queste.
Diana deglutì.
Come riusciva quell’uomo a farle venire la palpitazioni in quel modo? – Per
esempio? – chiese con un filo di voce.
– Per esempio…
– fece un passo verso di lei, facendola indietreggiare. A quel punto spalancò
la porta. – Per esempio, potremmo sdraiarci sul divano e guardarci un buon
film.
Lei fu certa
di aver capito male. Sgranò gli occhi. – Hai detto guardare un film?
– Esatto. A
cosa stavi pensando, mia piccola perversa? – La sua risata riecheggiò nel
corridoio. Diana avrebbe voluto unirsi alla sua ilarità, ma non poteva. Se ne
stava lì, fasciata in una vestaglia che aveva visto tempi migliori, mentre lui
la esaminava da cima a fondo. Se avesse potuto, si sarebbe lasciata inghiottire
dal pavimento: tutto, pur di nascondersi al suo sguardo. Tuttavia, lui non
parve badare al suo abbigliamento ridicolo. Si avviò in direzione della sala,
come se conoscesse il suo appartamento a memoria.
Be’, in realtà
aveva già collaudato il suo divano.
Diana si fece paonazza al solo ricordo e gli trotterellò dietro, il cuore che
batteva a mille contro lo sterno. – Ehi, aspetta! Chi ti ha dato il permesso di
entrare?
– Non fare la
difficile, dolcezza. Non ho intenzione di costringerti a fare nulla che tu non
voglia.
Lei roteò gli
occhi senza essere vista. Il problema era che lei avrebbe voluto fare quelle cose. Solo che non poteva. Non poteva
proprio!
Quasi non andò
a sbattere contro quel fascio di muscoli, non appena lui si fermò davanti alla
porta aperta della sala. Dalla tv arrivavano le immagini di Pretty Woman e Richard Gere, seduto in
macchina con Julia Roberts, le stava lanciando un’occhiata seducente. – Si è
gonfiato – disse con la sua voce sexy mentre lei si affrettava a rispondere: –
No, ma ci si può lavorare.
Andrea si
voltò di scatto, un sopracciglio inarcato. – Che film stavi guardando, piccola
sporcacciona?
Ecco uno di
quei momenti in cui Diana avrebbe voluto sparire. Volatilizzarsi. Con le guance
in fiamme abbozzò un sorriso che sembrava più una smorfia. – È Pretty Woman.
Non c’è niente di indecente in questo film, te lo posso assicurare.
Andrea entrò
nella stanza e si lasciò cadere sul divano, come se si trovasse a casa propria.
– Tu dici? Sbaglio o lei ha appena allungato una mano per toccargli il pene? Se
questo è solo l’inizio...
Diana rise e
si accoccolò al suo fianco. – Sul serio non hai mai visto Pretty Woman?
– Non ho molto
tempo per i film: spesso lavoro fino a tardi. Questo però ha il suo perché,
devo ammetterlo. E pensare che ho sempre detestato le commedie romantiche… devo
rivalutarle!
Diana scosse
la testa incredula. Sul serio si trovava sul divano, in compagnia dell’uomo più
sexy del pianeta, a guardare film romantici? Se glielo avessero detto non ci
avrebbe creduto. – E non hai ancora visto niente, Sartori – lo provocò,
dandogli un leggero pizzicotto.
Eccolo qui, Andrea! Gran rientro... ma accidenti, ci lasci così, in sospeso, pregustando la prossima puntata... non tardare, mi raccomando!
RispondiEliminaComplimenti per il secondo posto nel corso della rassegna su LMBR, Laura... il tuo racconto mi era piaciuto davvero molto. E' anche una divertentissima idea per la trama di un romanzo più lungo... pensaci.
Un abbraccio
Grazie, Eva. Ci penserò. :-*
RispondiEliminaAccidenti 2 capitoli questa settimana, fantastico Laura anche a me è piaciuto molto il tuo racconto su LMBR adesso però sono troppo in trepidante attesa per questo racconto, mi raccomando lunedì facci sognare
RispondiElimina