Tantissimi auguri di buone feste a tutti!!!
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domenica 24 dicembre 2017
martedì 19 dicembre 2017
MILLE NOTTI DI TE E DI ME SU KINDLE UNLIMITED
Ciao carissimi,
vi informo che ora Mille notti di te e di me è disponibile anche su Kindle Unlimited. Chi è abbonato al programma, potrà leggerlo gratis su Amazon.
https://www.amazon.it/dp/B01MT8QJ5S/
vi informo che ora Mille notti di te e di me è disponibile anche su Kindle Unlimited. Chi è abbonato al programma, potrà leggerlo gratis su Amazon.
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venerdì 8 dicembre 2017
venerdì 1 dicembre 2017
TUTTO PER TE - LA SINOSSI
Finalmente ho la sinossi di Tutto per te (spero sia quella definitiva). Curiosi? Ebbene, eccola!
Il giorno del matrimonio di una sua amica, Fiamma
finisce a letto con Massimo, un affascinante agente letterario. Nessuno dei due
vuole iniziare una storia, le loro vite prendono perciò strade diverse, finché
Fiamma non si presenta nel suo ufficio per comunicargli che è incinta.
All'inizio Massimo la prende male, chi gli assicura che quel figlio sia suo? Ma
poi, riflettendoci, pensa di poter sfruttare la situazione a proprio favore:
suo zio da tempo lo assilla perché si sposi. Massimo allora propone a Fiamma un
accordo: lui la sposerà, ma si tratterà di un matrimonio di facciata. Lei
accetta e così i due partono alla volta dell'Inghilterra, per raggiungere la
famiglia di Massimo. Quello che Fiamma non sa è che la famiglia di Massimo ha
origini aristocratiche ed è tutt'altro che ben disposta ad accoglierla come sua
moglie...
Vi ricordo che il romanzo sarà in vendita a marzo. Continuate a seguirmi, se volete delle anticipazioni.
martedì 14 novembre 2017
TUTTO PER TE - MASSIMO
Chi ha letto Mille notti di te e di me già lo ha conosciuto. Massimo. L'aitante agente letterario. Ebbene, lo troverete come protagonista del mio nuovo romanzo.
Volete sapere qualcosa di più su di lui?
Tanto per cominciare, possiamo svelare un suo segreto: Massimo è qualcosa di più di un semplice agente letterario. In realtà appartiene a una famiglia aristocratica inglese che si aspetta da lui un sontuoso matrimonio con una donna degna delle sue origini blasonate, affinché possa mettere al mondo un erede al casato.
E se lui, invece, si prendesse una sbandata per una bella cameriera dai capelli biondi, all'apparenza volgare e superficiale?
Come la prenderebbe la sua famiglia di sangue blu?
Be', potete immaginarlo.
Troverete questo e molto altro in Tutto per te, in arrivo a marzo 2018.
Volete sapere qualcosa di più su di lui?
Tanto per cominciare, possiamo svelare un suo segreto: Massimo è qualcosa di più di un semplice agente letterario. In realtà appartiene a una famiglia aristocratica inglese che si aspetta da lui un sontuoso matrimonio con una donna degna delle sue origini blasonate, affinché possa mettere al mondo un erede al casato.
E se lui, invece, si prendesse una sbandata per una bella cameriera dai capelli biondi, all'apparenza volgare e superficiale?
Come la prenderebbe la sua famiglia di sangue blu?
Be', potete immaginarlo.
Troverete questo e molto altro in Tutto per te, in arrivo a marzo 2018.
venerdì 10 novembre 2017
SCANDALOSI LEGAMI - PRESTAVOLTO
Tempo fa mi sono divertita a creare delle card coi prestavolto di Scandalosi legami. Volete vederle? Eccole. ;-)
giovedì 2 novembre 2017
TUTTO PER TE - FIAMMA
Carissimi amici, continuiamo con le anticipazioni di Tutto per te, che uscirà a marzo 2018. Se avete letto Mille notti di te e di me, ricorderete il personaggio di Fiamma, giusto? Bene, sarà proprio lei la nostra nuova protagonista.
Ma chi è realmente Fiamma?
Senza ombra di dubbio è una ragazza schietta, senza peli sulla lingua. A volte le sue frecciate la metteranno in situazioni imbarazzanti, specie con Massimo, con cui avrà un rapporto tutto pepe (e non aggiungo altro).
È anche una persona sincera, molto legata alla sua amica Eva, che per lei è come una sorella. Della sua vera famiglia preferisce non parlare; i suoi genitori sono sempre stati assenti e lei ha dovuto imparare a sbrigarsela da sola molto presto.
Fiamma lavora in un bar a Genova, la città in cui vive. È sempre a corto di soldi, tuttavia è una ragazza solare, sempre allegra. La classica persona che vede il bicchiere mezzo pieno. Essendo molto istintiva, ha la tendenza a mettersi nei guai. Ed è infatti a causa di un guaio enorme, causato dalla sua impulsività, che ha inizio questa storia... ma forse vi sto raccontando troppo!
Per sapere di che guaio si tratta dovrete pazientare ancora un po'.
A presto!
sabato 28 ottobre 2017
SCRIVERE ROSA DI EDY TASSI - SEGNALAZIONE
Ciao a tutti,
oggi vorrei segnalarvi un manuale di scrittura interamente dedicato al genere romance. L'autrice è Edy Tassi, nota scrittrice e traduttrice che, sfruttando la sua esperienza, ci svela i segreti e le tecniche dello "scrivere rosa".
Una lettura da non perdere, se nutrite il sogno di scrivere un romanzo d'amore, ma non sapete da dove iniziare.
oggi vorrei segnalarvi un manuale di scrittura interamente dedicato al genere romance. L'autrice è Edy Tassi, nota scrittrice e traduttrice che, sfruttando la sua esperienza, ci svela i segreti e le tecniche dello "scrivere rosa".
Una lettura da non perdere, se nutrite il sogno di scrivere un romanzo d'amore, ma non sapete da dove iniziare.
lunedì 23 ottobre 2017
TUTTO PER TE - L'AMBIENTAZIONE
Ciao a tutti,
vi avevo promesso qualche anticipazione sul romanzo che uscirà a marzo, giusto? Ebbene, oggi vi parlerò dell'ambientazione.
La storia di Fiamma e Massimo si svilupperà tra Genova e il Sussex, una contea in Inghilterra. Precisamente i nostri personaggi soggiorneranno a Buckhurst Park, la tenuta dei conti De la Warr.
Una piccola curiosità: questa tenuta esiste realmente, mi ci sono ispirata per la mia ambientazione e me ne sono anche un po' innamorata.
Buckhurst Park si trova per l'esattezza nell'East Sussex, nella campagna inglese. Si tratta del luogo in cui è cresciuto il nostro protagonista; una tenuta di antiche origini, appartenente a una famiglia aristocratica che vanta tra i suoi antenati un cugino da parte di madre della regina Elisabetta I d'Inghilterra.
Niente male, eh? ;-)
Questa antica tenuta ha l'aspetto di un castello ed è circondato da fantastici giardini e un immenso parco con ben quattro laghi dove è possibile pescare. Nella realtà, la tenuta si può prenotare per eventi come matrimoni, seminari o meeting. Inoltre ospita molti animali da fattoria, tra cui pecore, maiali e pony di razza.
Allora, vi siete innamorati anche voi di questo posto? Spero proprio di sì.
vi avevo promesso qualche anticipazione sul romanzo che uscirà a marzo, giusto? Ebbene, oggi vi parlerò dell'ambientazione.
La storia di Fiamma e Massimo si svilupperà tra Genova e il Sussex, una contea in Inghilterra. Precisamente i nostri personaggi soggiorneranno a Buckhurst Park, la tenuta dei conti De la Warr.
Una piccola curiosità: questa tenuta esiste realmente, mi ci sono ispirata per la mia ambientazione e me ne sono anche un po' innamorata.
Buckhurst Park si trova per l'esattezza nell'East Sussex, nella campagna inglese. Si tratta del luogo in cui è cresciuto il nostro protagonista; una tenuta di antiche origini, appartenente a una famiglia aristocratica che vanta tra i suoi antenati un cugino da parte di madre della regina Elisabetta I d'Inghilterra.
Niente male, eh? ;-)
Questa antica tenuta ha l'aspetto di un castello ed è circondato da fantastici giardini e un immenso parco con ben quattro laghi dove è possibile pescare. Nella realtà, la tenuta si può prenotare per eventi come matrimoni, seminari o meeting. Inoltre ospita molti animali da fattoria, tra cui pecore, maiali e pony di razza.
Allora, vi siete innamorati anche voi di questo posto? Spero proprio di sì.
sabato 14 ottobre 2017
NEWS - IN USCITA A MARZO
Ciao a tutti,
vi segnalo una novità: a marzo uscirà il mio prossimo romanzo, edito da Newton Compton Editori. Il titolo sarà TUTTO PER TE e avrà per protagonisti due personaggi che, chi ha letto Mille notti di te e di me già conosce.
Sto parlando di Fiamma e Massimo.
Pronti a leggere la loro storia? Lo so, manca ancora un po' all'uscita, ma nel frattempo cercherò di postare alcune curiosità sul romanzo e sui suoi personaggi. Quindi, restate sintonizzati sui miei canali.
A questo proposito, vi ricordo che mi trovate sulla mia pagina Facebook, qui:
https://www.facebook.com/laura.gay.writer?skip_nax_wizard=true&ref_type=page_profile_button
Su Twitter: https://twitter.com/lauragay19?cn=cHN0Zg%3D%3D&refsrc=email
Su YouTube: https://www.youtube.com/channel/UCl2EKOAYAdz5SxC9H6pejEg
E su Instagram: https://www.instagram.com/lauragayautrice/
A presto!
vi segnalo una novità: a marzo uscirà il mio prossimo romanzo, edito da Newton Compton Editori. Il titolo sarà TUTTO PER TE e avrà per protagonisti due personaggi che, chi ha letto Mille notti di te e di me già conosce.
Sto parlando di Fiamma e Massimo.
Pronti a leggere la loro storia? Lo so, manca ancora un po' all'uscita, ma nel frattempo cercherò di postare alcune curiosità sul romanzo e sui suoi personaggi. Quindi, restate sintonizzati sui miei canali.
A questo proposito, vi ricordo che mi trovate sulla mia pagina Facebook, qui:
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A presto!
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Nuove uscite,
Romanzi,
Segnalazioni
lunedì 2 ottobre 2017
L'UOMO DEI SOGNI - INCIPIT
Ciao a tutti,
oggi vi parlerò di una novella (o romanzo breve) dal titolo L'uomo dei sogni. L'idea di scrivere questa storia mi venne nel periodo natalizio, un bel po' di anni fa. Mi era stato chiesto un racconto per il blog di un'amica e così scrissi la parte iniziale, che in effetti è ambientata durante la notte di San Silvestro.
Qualche anno dopo, tuttavia, pensai di ampliare la storia e dare più spessore ai miei personaggi regalando loro una storia d'amore coi fiocchi. Nacque così L'uomo dei sogni.
Ecco a voi l'incipit. Buona lettura!
Imbucarsi a una festa non è mai
una buona idea. E se la festa in questione è il cenone di San Silvestro, nel
lussuoso albergo in cui lavori come cameriera, allora è una pessima idea. Ma come ho fatto a lasciarmi
convincere? Avrei dovuto inventarmi una scusa: un feroce mal di testa, un
parente in fin di vita … qualsiasi cosa pur di evitare un disastro e un
probabile licenziamento.
Mentre cammino per la sala con aria
circospetta ho la sensazione che tutti stiano guardando me. Tra un minuto
qualcuno indicherà nella mia direzione urlando: – Ma quella non è una delle
cameriere? Cosa ci fa al ricevimento dei VIP? E perché non indossa la sua
uniforme? Verrò smascherata all’istante!
Mi avvicino a Brenda, la mia migliore
amica. – Spiegami ancora perché siamo qui – le bisbiglio all’orecchio. Lei
scuote la massa di ricci castani che porta sciolti sulle spalle e alza gli
occhi al cielo.
– Te l’ho già ripetuto mille volte. James Wood
parteciperà al ricevimento e io devo
chiedergli un autografo.
– E tu per un autografo metti a
repentaglio il nostro posto di lavoro? Sai che verremo licenziate in tronco se
ci beccano, vero?
Brenda mi guarda come se all’improvviso mi
fossero spuntate due teste. – Ma hai capito che James Wood è qui, in questa
sala?
– Sì, l’ho capito. E allora?
Non comprendo tutta questa agitazione per
un attore di soap opera. Io nemmeno le guardo le soap!
– E allora?
James Wood è l’uomo dei sogni! È l’idolo di tutte le donne. Come fai a startene
così tranquilla quando lui è nelle vicinanze?
Adesso sono io ad alzare gli occhi al
cielo. – Come fai tu a restare così
tranquilla dopo quello che abbiamo fatto? Abbiamo rubato degli abiti da sera in
lavanderia e ci siamo imbucate a una festa dove solo le personalità importanti
sono state invitate. Ci scopriranno subito: io e te siamo come pesci fuor
d’acqua qui dentro!
– Parli così solo perché non l’hai mai
visto! – Brenda mi fissa un po’ imbronciata, mentre scruta l’intera sala alla
ricerca del suo idolo. – Se avessi visto anche solo una puntata di Passione Selvaggia, allora saresti
pronta a sacrificare persino la tua vita per un suo autografo.
Sarà, ma sono un po’ scettica in
proposito. Per quanto belloccio possa essere, di certo non giustifica il
rischio che stiamo correndo. Tuttavia, decido di tenere la bocca chiusa e
assecondare Brenda. – Dividiamoci – mi suggerisce all’improvviso. – Avremo più
possibilità di trovarlo.
Vorrei farle presente che io non ho la
minima idea di come sia fatto, ma lei è già schizzata via verso il tavolo del
buffet e, poiché non ho assolutamente intenzione di mischiarmi a tutta quella
gente che sta sgomitando per impossessarsi di una tartina al caviale, io prendo
la direzione opposta. Fingendo indifferenza mi avvio spedita verso la terrazza.
Lì fuori rischierò di congelarmi, ma la morte per assideramento è preferibile
all’umiliazione pubblica a cui andrei incontro, se venissi riconosciuta da
qualcuno del personale dell’albergo.
Per
fortuna la porta finestra è aperta. Scivolo all’esterno, facendo attenzione a
non inciampare sui tacchi a spillo, ma all’improvviso mi blocco: non sono la
sola ad aver scelto l’intimità della terrazza; un uomo è lì fuori, appoggiato
alla balaustra di marmo. Sentendo i miei passi, si volta lentamente e io mi
ritrovo a fissare gli occhi più azzurri che abbia mai visto in vita mia. Per un
attimo perdo ogni cognizione del tempo e dello spazio e mi metto a
boccheggiare, in cerca di ossigeno.
Intanto, lo sconosciuto ricambia il mio
sguardo gelidamente, quasi con disprezzo. Evidentemente non desiderava essere
disturbato.
– Ehm, chiedo scusa. Non intendevo
interrompere le sue riflessioni.
Ma cosa sto dicendo? Mi è andato in pappa
il cervello? Arrossisco come una collegiale, guadagnandomi un’altra
occhiataccia da parte di Occhioni azzurri.
Del resto me la sono andata a cercare. Devo aver vinto il premio per la frase
più stupida dell’anno!
– Stava cercando me? – la sua voce è
distaccata, quasi fredda. Non deve essere un tipo molto cordiale, questo è
certo.
Abbozzo un sorriso imbarazzato. – No,
desideravo solo prendere una boccata d’aria. Non immaginavo che ci fosse
qualcun altro, a parte me, che ama congelare in terrazza.
Lui solleva le sopracciglia, in un gesto
che lo rende ancora più freddo. A questo punto non so se sia più gelido il
clima invernale di New York oppure l’uomo che ho di fronte.
– Ne è sicura? – mi chiede dubbioso,
mentre si appoggia con la schiena alla balaustra e incrocia le braccia sul
petto.
Io mi lascio sfuggire una
risatina nervosa. Questa conversazione è assurda!
– Certo che ne sono sicura! Cosa potrei
volere da lei, visto che non la conosco?
– Lei non sa chi sono?
Adesso Occhioni
azzurri sembra quasi incredulo. Si passa una mano fra i riccioli biondo
scuro che gli scivolano in morbide onde sulla fronte e intorno al viso, fino a
coprirgli in parte le orecchie.
Per un attimo mi chiedo se ho
commesso una gaffe e vengo assalita
dal terrore che lo sconosciuto mi abbia riconosciuta. Forse è un ospite
dell’albergo e ci siamo incrociati da qualche parte? Non è possibile. Un tipo
così me lo ricorderei.
– Ehm, dovrei? – domando titubante.
Una risatina roca gli esce dalla gola. –
Lei ferisce il mio orgoglio, signora.
– Non capisco…
– Lasci perdere. Non ha importanza.
La sua voce è profonda e ben modulata. Mi
accorgo di essere assalita da un brivido, mentre lo sto ad ascoltare.
– Ma lei sta morendo di freddo! – esclama
lo sconosciuto, facendo un passo verso di me. Mi posa una mano sul braccio e il
mio cuore perde un battito. – Venga, l’accompagno dentro. Non è la serata
ideale per restare in terrazza in abito da sera.
Come mai all’improvviso è così cordiale?
Un attimo prima sembrava che volesse uccidermi da un momento all’altro! Sto per
seguirlo, come ipnotizzata, quando mi ricordo il motivo che mi ha spinta a
uscire dalla sala dei ricevimenti.
– No, la prego. Preferisco restare fuori.
Non amo molto la folla.
La sua presa si fa più forte.
Sento sul braccio il calore della sua mano che mi provoca un piacevole
formicolio. Cosa mi sta succedendo? Erano secoli che non mi sentivo così
attratta da un uomo.
– La capisco. Anch’io sono venuto qui
fuori in cerca di un po’ di tranquillità, ma forse possiamo trovare un posto
dove rifugiarci senza morire assiderati. Mi segua.
I suoi occhi sono intensi e penetranti,
non riesco a controbattere. In realtà non capisco più niente e lo seguo
docilmente, come un animale addestrato. Attraversiamo in fretta la sala. Sembra
che lui abbia compreso all’istante la mia paura di farmi notare perché quasi mi
trascina, correndo, verso l’uscita. Una volta nel corridoio, guarda a destra e
poi a sinistra, finché non scorge una porta chiusa a pochi passi di distanza.
Sempre tenendomi per mano si avvia in quella direzione e apre la porta che, per
fortuna, non è chiusa a chiave.
– Lei è completamente pazzo! – protesto,
non appena mi rendo conto che quello è l’ufficio del direttore dell’albergo.
Sono caduta dalla padella nella brace. Se mi trovano qui dentro con uno degli
invitati al ricevimento, per me è finita.
Lo sconosciuto chiude la porta alle nostre
spalle e mi fa segno di tacere.
– Shhh, non si preoccupi.
Ha assunto un’aria da brigante che gli
dona un fascino irresistibile. Dovrebbe essere proibito essere così belli,
penso mentre la mia volontà vacilla.
– Ma questo è l’ufficio del direttore –
mormoro, riacquistando un briciolo di lucidità. – Non è permesso l’ingresso
agli estranei.
– Ma noi non lo diremo a nessuno, non è
così?
Mi strizza l’occhio e io non riesco a
trattenere un sorriso. In che guaio mi sono cacciata? Eppure è la notte più
eccitante di tutta la mia vita.
– Nemmeno so il suo nome – dico in un
sussurro. – Perché dovrei fidarmi di lei?
– Jimmy. Questo è il mio nome. E il suo?
Mi mordo il labbro, chiedendomi se sia il
caso di rispondergli. Ma ormai ho capito che quest’uomo riesce a farmi fare
tutto quello che vuole.
– Sylvia.
– Sylvia... – pronunciato da lui ha tutto
un altro effetto. – È un nome stupendo. Molto femminile.
Arrossisco, mentre nella stanza
riecheggiano le note di un lento. Evidentemente nel salone sono iniziate le
danze, ma non rimpiango affatto di essere qui, insieme a Jimmy.
A un tratto lui mi scruta con quei suoi
incredibili occhi azzurri. – Mi concede questo ballo? Il suo sguardo brilla di
una luce sbarazzina. È bello da togliere il fiato.
Mi tende la mano e io l’afferro. In un
attimo sono stretta fra le sue braccia, mentre ci muoviamo a tempo di musica.
Il suo profumo, un aroma intenso di tabacco e acqua di colonia, mi dà alla
testa. Le dita mi tremano dal desiderio di toccarlo. Mio Dio, che mi sta succedendo?
Poi lui apre le dita a ventaglio sul mio fondoschiena e mi palpeggia le
natiche, facendomi aderire ancor di più col bacino contro il suo. È eccitato.
Lo sento attraverso la stoffa sottile dell’abito di chiffon nero Dolce & Gabbana. Un calore improvviso mi assale.
Se prima ero mezza congelata, adesso il mio corpo brucia di una passione che
non provavo da tempo. Da quando mio marito se ne è andato con la mia migliore
amica, cinque anni fa, non mi sono più concessa un’avventura. E chi ne ha avuto
il tempo? Dopo il divorzio tutte le mie energie sono state spese per
sopravvivere. Il mio stipendio, da solo, non bastava per mantenermi e ho dovuto
fare i salti mortali per andare avanti. Una storia romantica era l’ultimo dei
miei pensieri.
Ma ora, mentre Jimmy si strofina contro i
miei fianchi, mi sento assalire da un desiderio così potente che ho la
sensazione che il mio cervello sia disconnesso. Non riesco a pensare
lucidamente. So solo che voglio quest’uomo con ogni fibra del mio essere.
Mi inumidisco le labbra e lui le fissa,
come se intendesse divorarle. Appoggio una mano sul suo petto e sento il suo
cuore battere furiosamente, proprio come il mio.
– Sylvia – dice piano, all’altezza del mio
orecchio. Poi si impossessa della mia bocca, accarezzandola dolcemente con la
punta della lingua. È un invito irresistibile a cui non riesco a sottrarmi.
Dischiudo le labbra, ingoiando il suo bacio come il pane un affamato.
Non so come, ma un attimo dopo mi ritrovo
seduta sulle sue ginocchia, su una poltrona di pelle marrone. Jimmy si ritrae
quel tanto che basta per guardarmi negli occhi e leggervi dentro l’immenso
bisogno che provo.
– Cristo, sei bellissima!
In realtà, non mi sono mai considerata
bella. I miei capelli castani sono troppo anonimi e gli occhi, dello stesso
colore, sono troppo grandi. Eppure, quest’uomo mi guarda come se non ci fosse
niente di più affascinante al mondo. Mi fa sentire desiderabile.
Poi la sua bocca cala di nuovo
sulla mia. Riprendiamo a baciarci con foga: labbra contro labbra, lingua contro
lingua. Il fuoco dentro di me divampa di nuovo e io non sono più responsabile
delle mie azioni. Non mi rendo neppure conto del tempo che passa. Solo quando
dalla sala adiacente cessa la musica e inizia il countdown, mi rendo conto che sta per scoccare la mezzanotte.
Dieci, nove, otto… mi
sento come Cenerentola al ballo, tra le braccia del suo principe. Quattro, tre, due, uno... uno scroscio
di applausi, grida gioiose e risate riecheggia nel nostro piccolo rifugio.
Jimmy si stacca un momento dalle mie labbra e mi fissa intensamente. – Buon
anno, Sylvia – dice con quella sua voce roca, così sexy.
– Buon anno, Jimmy – rispondo in un
sussurro.
La sua bocca crea una scia incandescente
dal collo fino alla mia guancia e poi su, fino all’orecchio. Lo morde
delicatamente, facendomi gemere. – Ho una stanza prenotata in questo albergo –
dice, senza smettere la sua esplorazione. – Che ne dici di chiuderci lì dentro
e cominciare l’anno a letto?
Il mio cuore batte all’impazzata. Sento il
sangue scorrere più veloce nelle vene e vengo assalita da una smania febbrile,
mai provata prima d’ora. – Non posso – mi sento rispondere. Vorrei maledire me
stessa, ma non posso perdere del tutto il contatto con la realtà. Io sono una
cameriera squattrinata che ha rubato un abito d’alta moda, fingendosi quello
che non è, mentre Jimmy probabilmente è un ricco uomo d’affari, abituato a
donne ben diverse da me. Non posso illudermi che questa storia possa durare e
non voglio svegliarmi al mattino e scoprire di aver commesso un terribile
errore.
Lui mi fissa in silenzio per un po’.
Sembra non capacitarsi del mio no.
Forse è la prima volta che riceve un rifiuto. Logico, chi si negherebbe a un
uomo così?
– Perché no? Sei sposata?
Io scuoto la testa, celando un sorriso
malinconico. – Non più. Mio marito mi ha lasciata per mettersi con la mia
migliore amica.
– Che idiota! – la sua esclamazione
accorata mi inorgoglisce. Devo ripetermi che in realtà lui non sa nulla di me,
per non cedere alla sua opera di seduzione.
– Allora perché no? C’è un altro? Non ti
piaccio abbastanza?
Si morde il labbro e all’improvviso sembra
un ragazzino impacciato. Decisamente adorabile, ma fuori dalla mia portata.
– Niente di tutto questo. Semplicemente non
posso.
Gli sfioro la guancia con un casto bacio e
scendo dalle sue ginocchia. Mi impongo di non guardarlo negli occhi, altrimenti
non avrei il coraggio di andarmene, e mi dirigo alla porta barcollando
leggermente sui tacchi a spillo. Mi gira un po’ la testa dopo tutti quei baci.
– Addio, Jimmy – mormoro, prima di aprire
la porta e varcarla. – È stato bello conoscerti.
Poi fuggo via, senza voltarmi
indietro.
* * *
L’uniforme mi pesa addosso come
un macigno, stamattina. Non ho chiuso occhio per tutta la notte. Continuavo a
girarmi e rigirarmi nel letto, dandomi della stupida per non aver approfittato
dell’unica occasione di felicità che mi si fosse presentata negli ultimi cinque
anni. Ingoio le lacrime e fisso la porta della stanza 313. È quella di James
Wood, che ironia! Se lo sapesse Brenda mi ucciderebbe per l’invidia, ma a lei è
stato assegnato un altro piano e alla fine sarò io a pulire la camera del suo
idolo.
Con un sospiro apro la porta ed entro
dentro. Per prima cosa decido di rifare il letto. Mi piego in avanti per
sprimacciare i cuscini, ma all’improvviso sento un rumore alle mie spalle.
Qualcuno è appena uscito dal bagno. Sussulto per la sorpresa: la stanza doveva
essere vuota. Forse Mr Wood ha dimenticato di esporre fuori l’apposita
targhetta do not disturb.
Mi volto, con l’intenzione di scusarmi per
essere entrata, e mi ritrovo a fissare un paio di occhi incredibilmente
azzurri. Gli occhi di Jimmy. Non è possibile. Cosa ci fa nella stanza del
famoso attore? Rimango a bocca aperta come una sciocca mentre fisso il suo torace
muscoloso. Arrossisco e il mio sguardo si posa sui fianchi, coperti solo da un
asciugamano. Poi torno a guardarlo in faccia: ha la fronte corrugata, come se
cercasse di risolvere un enigma.
– Sylvia? – chiede incredulo.
Vorrei sprofondare. Avevo sperato
che non scoprisse mai la mia vera identità. Avrei voluto che mi ricordasse come
un’affascinante signora dell’alta società e invece anche questa mia illusione
si è sciolta come neve al sole.
– Co-cosa ci fai tu qui? – riesco a
chiedere con un filo di voce. – Questa è la stanza di James Wood, l’attore.
Una risatina roca spezza il silenzio. – Io
sono James Wood. Jimmy è il
diminutivo con cui mi chiamano gli amici e i familiari.
Sgrano gli occhi, incredula. Lui è
l’attore preferito di Brenda? L’idolo incontrastato di milioni di donne? La mia
umiliazione è completa.
– Perché mi hai nascosto la tua identità?
– Non mi capita spesso di incontrare
qualcuno che non sa chi io sia. Non volevo mentirti. Semplicemente volevo
essere apprezzato per quello che sono e non per ciò che rappresento.
Che cosa? Pensa di
commuovermi, forse?
– Tu hai cercato di portarmi a letto! – la
mia voce ha assunto una tonalità stridula, ma non posso farci niente.
Lui fa un passo verso di me nel
tentativo di accorciare la distanza, ma io mi allontano. Continuo a
retrocedere, finché non mi trovo bloccata fra lui e la parete.
– E con questo? Siamo entrambi adulti e
fra noi è scattato qualcosa, perché non avremmo dovuto approfittarne?
Mi accarezza una guancia col dorso della
mano. I suoi occhi sono puntati su di me, penetranti, e un brivido mi scende
lungo la schiena. Sento la sua eccitazione premere, attraverso l’asciugamano.
Il mio viso è in fiamme e non solo quello. Devo fare un enorme sforzo di
volontà per scostarmi da lui.
– Toglimi le mani di dosso – sibilo,
contrariata. Se pensa che io sia una preda facile solo perché indosso
un’uniforme da cameriera, si sbaglia di grosso. Gli lancio un’occhiata
incendiaria. – Non sono quel tipo di donna, ok? Trovatene un’altra.
Sguscio via, senza dargli la possibilità
di riacciuffarmi. Il cuore mi batte all’impazzata mentre cerco di raggiungere
la porta. La spalanco e in un attimo sono nel corridoio. Fuori c’è un’orda di
ragazzine urlanti che probabilmente sperano di incontrare il loro idolo. Un
sorrisino diabolico mi distende le labbra. – Laggiù – grido, indicando la 313.
– La stanza di James Wood è quella e lui è lì dentro… mezzo nudo!
So di aver esagerato. Rischio di perdere
il mio posto di lavoro per questo stupido scherzo, eppure non ho saputo
resistere. Quel dongiovanni se lo meritava. Guardo quella folla di femmine con
gli ormoni impazziti correre nella direzione da me indicata e sorrido fra me.
Gli sta proprio bene!
TROVATE L'UOMO DEI SOGNI SU AMAZON, ANCHE CON KINDLE UNLIMITED
domenica 24 settembre 2017
LA DAMA MISTERIOSA - INCIPIT
Carissimi lettori,
oggi vi propongo l'incipit di un altro mio romance storico. Se avete amato La contessa delle tenebre, non potete di certo lasciarvi sfuggire La dama misteriosa. Ritroverete l'affascinante sir Drake, personaggio secondario nel primo romanzo, che qui diventa protagonista assoluto. E conoscerete Julia, una donna che si mette in gioco per ottenere ciò che desidera da tutta una vita: l'amore di suo marito.
TRAMA:
Londra, 1805. Sir Jonathan Drake, baronetto impiegato presso i servizi segreti britannici, ha sempre rifuggito l’amore. Ma quando incrocia lo sguardo di una misteriosa e seducente dama con un abito provocante, in un palco all’Opera, se ne invaghisce all’istante.
Quella donna lo affascina e lo turba nel profondo; non ha riconosciuto in lei l’insignificante creatura che ha sposato dieci anni prima e poi dimenticato, relegandola nella sua dimora di campagna.
Ora quella fanciulla timida e impaurita si è trasformata in una donna ammaliante e sensuale, pronta a riprendersi ciò che lui le ha negato. E tutto a un tratto, Drake non desidera altro che prenderla fra le braccia e amarla appassionatamente. Ma le umiliazioni da lei subite, in tutti quegli anni di solitudine, non sono così facili da dimenticare e lui dovrà lottare assiduamente per riconquistarla. Anche se per farlo dovrà mettere a rischio il proprio cuore.
Quella donna lo affascina e lo turba nel profondo; non ha riconosciuto in lei l’insignificante creatura che ha sposato dieci anni prima e poi dimenticato, relegandola nella sua dimora di campagna.
Ora quella fanciulla timida e impaurita si è trasformata in una donna ammaliante e sensuale, pronta a riprendersi ciò che lui le ha negato. E tutto a un tratto, Drake non desidera altro che prenderla fra le braccia e amarla appassionatamente. Ma le umiliazioni da lei subite, in tutti quegli anni di solitudine, non sono così facili da dimenticare e lui dovrà lottare assiduamente per riconquistarla. Anche se per farlo dovrà mettere a rischio il proprio cuore.
PROLOGO
Bedfordshire, giugno 1795
Sedeva davanti alla toeletta, le
mani posate in grembo in una posa rigida e innaturale. Tremava un poco, ma non
perché facesse realmente freddo in quella stanza. Anzi, dalle alte finestre
aperte filtrava una piacevole brezza, considerata la stagione.
Julia sospirò, lanciando un’occhiata
ansiosa alla porta che metteva in comunicazione la sua camera da letto con
quella di sir Jonathan Drake, il suo sposo. Aveva la gola secca e un rivolo di
sudore le scendeva lungo il collo. Non era certa di riuscire a tenere a bada
l’agitazione, non la sua prima notte di nozze.
Si umettò le labbra, tornando a fissare lo
specchio davanti a sé ed esaminando per l’ennesima volta la propria figura
snella, fasciata in un’impalpabile camicia da notte che poco celava del suo
corpo ancora acerbo. Avrebbe desiderato possedere forme più arrotondate e
seducenti per poter compiacere meglio il proprio marito; invece era alta, magra
e spigolosa, senza alcuna attrattiva.
Le dita corsero all’acconciatura. I nastri
con cui aveva legato i capelli si erano disfatti e ora sgradevoli riccioli
ramati sfuggivano al rigido chignon sopra la nuca, dandole un aspetto sciatto e
disordinato. La cameriera si era offerta
di scioglierle le lunghe chiome e pettinarle per lei, ma Julia si era rifiutata. Odiava i suoi capelli color
carota e tenerli sciolti sulle spalle sarebbe servito unicamente a farla
rassomigliare a uno spaventapasseri.
Un rumore di passi la fece irrigidire. La
porta cigolò aprendosi, mentre Sir Drake faceva il suo ingresso nella stanza
nuziale, dopo essersi congedato dagli amici che, giù da basso, avevano brindato
in onore degli sposi fino a tarda sera. Jonathan era un giovane di bellezza
innegabile. Irradiava una forte mascolinità che a Julia non era certo
indifferente. Alto, di corporatura atletica, dimostrava più dei suoi
venticinque anni. Quando irruppe all’interno, lo fece con una disinvoltura naturale,
certamente pronto ad assolvere i propri doveri coniugali senza la minima
esitazione o imbarazzo. Vestiva con eleganza informale, una giacca blu scuro
fatta su misura, dei calzoni color crema che lo fasciavano come una seconda
pelle e un paio di stivali lucidi. I serici capelli biondi contrastavano con il
nero del fazzoletto da collo, annodato in maniera impeccabile.
– Vediamo di portare a termine il nostro
ingrato compito, milady – le disse, lasciandosi cadere su una poltrona per
togliersi gli stivali, lo sguardo che percorreva la sua intera figura
rischiarata dalla flebile luce di una candela.
Julia deglutì, seguendo i movimenti
bruschi del marito con apprensione. Sembrava irritato e forse anche un po’
brillo. Avrebbe voluto dirgli che per lei non vi era nulla di ingrato in tutto
ciò, ma le parole non vollero uscire, costringendola a restare in silenzio.
Poi lui si chinò a sfilarsi le
calze. – Sarò sincero con voi fin dall’inizio: vi ho sposata unicamente perché
vi sono stato costretto. Mio padre pensa che la figlia di un duca possa essere
un buon affare per me. Tuttavia, non illudetevi. Non sono innamorato di voi, né
mai lo sarò.
– Come fate a dirlo? – istintivamente
Julia ritrovò la voce. Incatenò gli occhi ai suoi, sforzandosi di capire se
fosse serio o se quelle parole crudeli fossero il risultato dei troppi
bicchieri di vino che si era scolato durante il ricevimento di nozze. – Ancora
non sapete nulla di me. Forse, conoscendomi meglio…
La sua bassa risata la fece irrigidire. –
Non vi illudete, milady. Non credo nell’amore e sono convinto che qualsiasi
illusione romantica possiate nutrire nei miei confronti sia solo il frutto di
fantasie sciocche e infantili.
Con un movimento repentino, Jonathan si
alzò sfilandosi da sopra la testa la candida camicia di lino, per poi
abbandonarla sul pavimento insieme al resto degli indumenti. Julia sgranò gli
occhi, fissando senza fiato la gloriosa distesa del petto e i capezzoli ritti
che risaltavano sulla pelle abbronzata. Poi, le mani di Jonathan scesero
sull’allacciatura dei calzoni. Il suo primo istinto fu quello di voltarsi e
distogliere lo sguardo, ma si fece forza e rimase inerte, senza muovere un solo
muscolo. Si impose di guardarlo mentre si abbassava le braghe sulle cosce
muscolose, finché non fu completamente nudo di fronte a lei.
Allora sentì stringersi lo stomaco e serrò
i pugni conficcandosi le unghie nei palmi. L’asta del sesso era lunga e spessa
e sembrava crescere sotto il suo sguardo fino a svettare contro i muscoli
dell’addome.
Accorgendosi del suo sbigottimento lui
rise di nuovo, piano. – Be’, come vedete sono perfettamente in grado di
consumare questa unione, quali che siano i miei sentimenti per voi – Fece una
pausa durante la quale Julia ebbe l’impressione che tutto l’ossigeno le venisse
risucchiato dai polmoni. – Allora, vogliamo andare a letto?
* * *
Jonathan cercò di fare tutto il
più velocemente possibile. Julia era stretta e si agitava sotto di lui,
rendendo più complicati gli affondi. Aveva provato a eccitarla accarezzandola
fra le cosce, ma lei si era immediatamente irrigidita, scalciando per spingerlo
via e mettendosi a piangere.
Sospettava che fosse frigida.
Imprecò sottovoce mentre si ritraeva per
penetrarla ancor più in profondità, ignorando le sue lacrime. Ecco perché
odiava le vergini e si guardava bene dall’andare a letto con una donna che non
avesse una certa esperienza. Julia lo stava facendo sentire un bruto e quello
era, senza ombra di dubbio, l’amplesso più insoddisfacente della sua vita.
– Non durerà ancora a lungo – le sussurrò,
muovendosi più in fretta. – Vi avrei evitato tutto questo, ma la nostra unione
non sarebbe stata legale altrimenti.
In risposta udì un altro singhiozzo
sommesso.
Jonathan giurò a se stesso che quella
sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe posseduto la moglie. Forse, se e
quando gli fosse venuta voglia di mettere al mondo un erede, avrebbe ripetuto
l’esperienza. Ma non prima di allora. Per un attimo sperò che lei rimanesse
subito incinta, così da non doversene occupare più.
Con un basso ringhio riversò il proprio
seme dentro di lei e rotolò via, ansimando leggermente. Lei rimase immobile, a
fissare il soffitto sopra le loro teste come una vergine sacrificale. Be’,
vergine non lo era più a ogni modo. Jonathan si sollevò su un gomito e la fissò
accigliato. – Domani partirò per Londra e non mi vedrete per molto tempo, mi
avete capito?
Lei sgranò i suoi occhioni verdi,
mordicchiandosi il labbro inferiore. – Londra? Per quale motivo?
– Ho deciso che vivremo separati, così voi
non dovrete sopportare la mia presenza né io la vostra. Sarà molto meglio per
entrambi.
Si aspettava di sentirla sospirare di
sollievo, ma non fu così. Julia rimase rigida e impettita. Cominciava a credere
che quello fosse il suo stato naturale. Jonathan si schiarì la voce. –
Ascoltatemi, Julia. Non dovete preoccuparvi. Mi occuperò del vostro
mantenimento e di tutto ciò di cui potreste avere bisogno. Non vi mancherà mai
nulla.
Lacrime silenziose ripresero a scendere
lungo le sue guance pallide.
Perché
diavolo piangeva adesso?
Stufo di sopportare tutto ciò, Jonathan si
alzò e si rivestì senza dedicarle un’altra occhiata. – Addio, Julia – disse
infine, varcando la porta.
Sbatté l’uscio con forza alle sue spalle,
lasciandosi dietro una ragazzina in lacrime e una notte da dimenticare. Per
fortuna, era tutto finito.
1
Londra, maggio 1805
Le donne lo affascinavano.
Soprattutto quelle dissolute, prive di inibizioni. Era intrigato dal loro modo
di sedurre, mettendo in mostra i seni voluttuosi attraverso le scollature degli
abiti mentre agitavano i propri ventagli davanti al viso imbellettato.
Jonathan Drake si mosse sulla poltroncina,
lo sguardo rivolto al palco privato in cui sedevano due dame attraenti, intente
a seguire rapite l’esibizione del tenore. Una delle due aveva lunghi capelli
bruni, intrecciati con fili di perle che ne risaltavano la lucentezza. Era una
delle più famose cortigiane di tutta Londra e la conosceva piuttosto bene.
L’altra invece era per lui un vero mistero. La colse nell’atto di sventolarsi
languidamente il viso delicato, arrossato dal caldo, mentre alcune ciocche dei
setosi capelli ramati le sfioravano il collo sottile. Era certo di non aver mai
visto una donna più sensuale e conturbante di quella.
Un brivido caldo gli scese lungo la
schiena quando lo sguardo gli cadde sulla porzione di carne opulenta, contenuta
a stento nel corpetto dell’abito color smeraldo che ben si intonava al colore
dei suoi occhi. La scollatura era dannatamente generosa e gli provocò
un’erezione improvvisa che premeva in modo imbarazzante contro i suoi calzoni
aderenti.
Strattonò il fazzoletto da collo
allentandolo.
Era una sua impressione o lì dentro si
soffocava?
Tornò a osservare quell’ammaliante
creatura domandandosi chi potesse essere. Di certo non un membro del ton, a giudicare dalla compagnia che si
era scelta e dal vestito audace che indossava. Tuttavia, non sembrava neppure
una demi-mondaine, con quei grandi
occhi da cerbiatta impaurita che saettavano a destra e a sinistra, quasi nel
tentativo di prendere familiarità con un ambiente a lei poco consono.
Forse era una parente di Madame Dubois,
giunta da fuori Londra per tenerle compagnia. A ogni modo doveva scoprirlo. Era
giusto in cerca di una nuova amante e quella sembrava fare proprio al caso suo:
bella come una dea, pareva coniugare innocenza e spregiudicatezza in un’unica
persona.
Ne era inevitabilmente affascinato.
All’improvviso, la dama misteriosa si
protese in avanti sollevando il binocolo per mettere meglio a fuoco i cantanti
d’opera sul palcoscenico. Nel farlo, i suoi seni deliziosi premettero contro la
stoffa del corpetto e Jonathan fu quasi certo di intravedere le punte rosee dei
capezzoli.
Deglutì, allungando le gambe alla ricerca
di una posizione più comoda.
Dio, il suo sesso era diventato talmente
duro da risultare doloroso.
Quella donna aveva un seno stupendo, pieno
e delle dimensioni giuste. Gli toglieva il fiato. Si rese conto di non riuscire
a staccare lo sguardo da lei, dalla curva aggraziata delle spalle nude, dalla
sua pelle di porcellana o da quelle labbra turgide e seducenti, incurvate in un
autentico sorriso.
– Sapete per caso chi sia la donna in
compagnia di Madame Dubois? – chiese all’amico che gli sedeva di fianco. Roger Fisher,
visconte Dillon, era al suo pari un gran intenditore di bellezze femminili e
aveva un discreto numero di conoscenze nell’ambiente del demi-monde. Distolse lo sguardo dal palcoscenico, la fronte
leggermente corrugata, e lo rivolse alla dama in questione. Un fischio
d’ammirazione gli sfuggì dalle labbra.
– Non ne ho idea, ma è indubbiamente una
signora di gran fascino.
Jonathan annuì. – Devo esserle assolutamente presentato. Durante
l’intervallo andrò a porgere i miei saluti a Cecile.
Roger lo osservò di sbieco, negli occhi
una luce maliziosa. – Non perdi tempo, vedo. Hai lasciato la tua ultima amante
solo una settimana fa e già ti stai guardando intorno?
– Sai che non riesco a stare lontano dalle
sottane, amico mio – ribatté lui, divertito. – Amanda si era fatta troppo
possessiva e ho dovuto porre fine alla nostra relazione. Ma questo non vuol
dire che debba condurre una vita da monaco, ti pare?
Roger sogghignò e tornò a concentrarsi
sullo spettacolo. Jonathan lo imitò, o almeno ci provò. Gli parve fosse
trascorsa un’eternità quando finalmente l’orchestra smise di suonare e i
cantanti si ritirarono dietro le quinte per l’intervallo. Scattò in piedi,
precipitandosi fuori in direzione del foyer,
dove aveva intravisto l’abito color smeraldo della dama misteriosa. Non l’aveva
persa d’occhio dall’esatto momento in cui era calato il sipario. La sentì
ridere per una battuta sussurratale all’orecchio da un ammiratore, mentre
piegava il capo all’indietro esponendo il lungo collo pallido alla vista dei
presenti. La sua risata roca, di gola, gli fece venire i brividi. Quella donna
era un concentrato di sensualità. Si chiese come sarebbe stato averla a propria
disposizione, nuda in un letto.
–
Buonasera, Cecile – disse avanzando con passi indolenti, un sorriso ironico
stampato sul viso. – Che piacere vedervi.
Madame Dubois lo studiò da sotto le ciglia
abbassate. Ebbe l’impressione di notare un guizzo di malizia in quegli occhi di
un intenso blu notte, ma fu solo un attimo. Subito dopo gli stava porgendo la
mano guantata, con grazia. – Sir Drake, il piacere è tutto mio. Posso
presentarvi mia cugina, madame Juliette Morin? Si trova a Londra da pochi
giorni e ancora non conosce nessuno qui.
In quell’istante la dama misteriosa si
voltò, indirizzandogli un’occhiata languida che lo colpì dritto al cuore. Vista
da vicino era ancora più bella.
– Onorato di fare la vostra conoscenza,
madame Morin – Jonathan si inchinò, senza distogliere lo sguardo da lei un solo
secondo. Nei limpidi occhi verdi scorse delle pagliuzze dorate che parvero
risplendere sotto le luci del lampadario di cristallo che illuminava la sala.
Lei si schiarì la voce celando il bel
volto dietro al proprio ventaglio, in un gesto che gli parve allo stesso tempo
pudico e civettuolo. – Sono io a sentirmi onorata, sir Drake. Ho sentito molto
parlare di voi.
– Sul serio? Spero non diate ascolto ai
pettegolezzi. Non tutto quello che si dice sul mio conto corrisponde a verità.
Juliette rise di nuovo, piano. –
Corrisponde a verità che siete uno degli uomini più ambiti nei salotti
londinesi e che non lasciate mai un’amante insoddisfatta?
Se nutriva ancora qualche dubbio sul fatto
che quella donna non fosse una demi-mondaine,
fu immediatamente fugato da quelle parole. Nessuna signora avrebbe mai
affrontato un argomento tanto audace in pubblico. Decise di stare al gioco. –
Non posso confermare un’affermazione del genere senza peccare di superbia,
madame. Ma sono a vostra disposizione qualora voleste confutare voi stessa tali
dicerie.
Lei arrossì appena, dietro al ventaglio,
causandogli uno spasmo al basso ventre. Finora non si era mai reso conto di
trovare affascinanti le donne capaci di arrossire. Eppure, fu una certezza nel
momento in cui il suo sguardo si posò su quelle gote fiammeggianti.
– Mi state proponendo di diventare la
vostra amante, sir Drake? – Juliette sbatté le lunghe ciglia ramate,
ammaliandolo. Se ancora fosse stato restio a soccombere al suo fascino, sarebbe
caduto ai suoi piedi in quel preciso istante. Quella donna ci sapeva
maledettamente fare.
Rise a sua volta. – Perdonate la mia
sfacciataggine, madame. Proprio non so resistere al fascino di una bella donna.
– Sul serio mi trovate bella?
Gli parve sorpresa, i grandi occhi verdi
che lo scrutavano da dietro il ventaglio. Diamine, ne dubitava forse? Oppure
era semplicemente a caccia di complimenti? Stava per risponderle a tono quando
Madame Dubois posò la mano guantata sul braccio della cugina. – Il secondo
tempo sta per iniziare. Sarà meglio tornare ai nostri posti.
Jonathan si accigliò. Era già finito
l’intervallo? Il tempo era volato in compagnia di Juliette e quasi non se ne
era accorto. – Quando potrò rivedervi? – si affrettò a chiederle,
infischiandosene di apparire troppo insistente.
– Mi piacerebbe visitare Londra – rispose
lei, gli occhi che rilucevano di entusiasmo mal celato. – Potreste farmi da
cicerone, se per voi non è un disturbo.
– Nessun disturbo. In realtà pensavo di
proporvelo io stesso. Posso passare a prendervi domani, nel primo pomeriggio.
Dove alloggiate?
– Sono ospite di mia cugina Cecile.
Immagino sappiate dove abiti, non è vero? Tutta Londra lo sa.
Jonathan annuì. Non c’era da stupirsi che
l’indirizzo di madame Dubois fosse così noto. A turno erano finiti tutti nel
suo letto. – A domani, allora.
Lei gli indirizzò un cenno di assenso e un
ultimo sorriso sbarazzino, prima di congedarsi e sparire dentro al suo palco.
Pur a malincuore, Jonathan si avviò verso il proprio e si lasciò cadere sulla
poltroncina. Ignorò lo sguardo curioso di Roger e sbuffò piano. Quel secondo
tempo sarebbe stato terribilmente lungo, ne era certo.
* * *
Julia si accomodò al suo posto,
stringendo il proprio ventaglio con tanta forza da spezzarlo. Tremava tutta. –
Non mi ha riconosciuta – disse, con un sospiro che non avrebbe saputo dire se
di sollievo o rammarico.
Madame Dubois le prese una mano fra le
sue, in un gesto affettuoso. – Non dovete stupirvene. Voi stessa mi avete detto
che sono trascorsi dieci anni dall’ultima volta che lo avete visto e che da
allora siete cambiata molto.
Lei annuì, fingendo di guardare il
palcoscenico mentre uno scroscio di applausi accoglieva il ritorno dei cantanti.
– Avevo sedici anni quando mi sono sposata con Jonathan. Ero così
insignificante a quei tempi! Magra, senza seno e col viso coperto di
lentiggini. I miei capelli erano indomabili e di un orribile color carota: un’accozzaglia
di riccioli ribelli – rise amaramente al ricordo della ragazzina timida e
ingenua che era stata. Col tempo aveva preso peso, i seni erano fioriti e i
capelli si erano leggermente scuriti diventando di un caldo rosso tiziano.
Anche il viso aveva perso traccia delle lentiggini che tanto l’avevano afflitta
nella sua adolescenza. La sua pelle ora era perfetta: candida e setosa.
Ma i cambiamenti più importanti li doveva
a madame Dubois. Lei era la sua mentore. Le aveva insegnato ad avere fiducia in
se stessa e tutte quelle armi di seduzione, utili a far cadere gli uomini ai
suoi piedi. Grazie a lei era riuscita ad attirare l’attenzione di suo marito,
che in quegli anni si era completamente disinteressato alla sua persona.
Sospirò, trattenendo a stento le lacrime.
– Vuole rivedermi. Domani.
Cecile la studiò un attimo, prima di
risponderle. – E voi? Volete rivederlo?
Cielo, sì! Non era lì per quello?
Lasciò andare il respiro, facendosi aria
col ventaglio. – Certo. È lo scopo del mio viaggio a Londra riconquistare mio
marito.
– Riconquistarlo o diventare la sua
amante? Sono due cose ben diverse, mia cara.
Julia scrollò le spalle. – Voglio sedurlo,
fargli perdere completamente la testa. Pensate che sia sbagliato?
Madame Dubois le rivolse un sorriso
malizioso. – No, affatto. Tuttavia, mi chiedo perché vogliate proprio lui. Non
mi avete detto che la vostra prima notte di nozze fu orribile, insoddisfacente
per entrambi? Qui a Londra ci sono tanti uomini affascinanti che darebbero la
vita per venire a letto con voi. Posso presentarvene alcuni, se lo desiderate.
Julia si irrigidì. – Vi ringrazio per
l’offerta, ma non sono cambiata poi così tanto. Non sono una sgualdrina. E poi
le voci che ho sentito sul conto di mio marito sono entusiastiche. Tutte le sue
amanti sono concordi nel definirlo un uomo appassionato, decisamente al di
sopra di ogni aspettativa a letto. Voi stessa me lo avete confermato.
Cecile ridacchiò, probabilmente ricordando
i tempi della sua antica relazione con Jonathan. – Sì, vostro marito ci sa fare.
Su questo non vi sono dubbi, ma…
– Sono certa che, se mi considerasse alla
stregua di un’amante, si impegnerebbe per soddisfare anche me.
– Ma certo, mia cara. Quello che non
capisco è perché vogliate sedurlo, per poi tornare nel Bedforshire a fare la
reclusa. Cosa ricaverete da questa avventura?
Julia esitò. Vi aveva riflettuto a lungo
negli ultimi mesi, ma era difficile esprimere a parole ciò che provava. Si
schiarì la voce. – Voglio sentirmi una donna sensuale e disinibita, almeno per
una volta nella vita. E voglio fare l’amore con mio marito. Non mi importa se
non sarà per sempre. Non nutro illusioni in tal senso. So bene che tutte le sue
relazioni si concludono, prima o poi, e che
Jonathan non è portato per i legami di lunga durata. Ma è così umiliante
sapere di essere l’unica donna che non ha conosciuto il piacere fisico tra le
sue braccia.
– Dunque è una questione di orgoglio?
– Forse. A ogni modo, mi aiuterete?
Madame Dubois sorrise. – Ma certo, mia
cara. Sarà divertente vedere sir Drake capitolare. Ciononostante, non temete
che possa scoprire il vostro inganno? Se decidesse di raggiungervi nel
Bedfordshire, capirebbe che voi e Juliette Morin siete la stessa persona.
Julia si lasciò sfuggire un’amara risata.
– Non viene a trovarmi da dieci anni. Perché dovrebbe volerlo fare adesso?
– Prima o poi potrebbe desiderare di
mettere al mondo un erede a cui passare il titolo di baronetto.
Lei deglutì. Sì, esisteva quella
possibilità in effetti. Ma non le importava. – Correrò il rischio.
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mercoledì 20 settembre 2017
LA CONTESSA DELLE TENEBRE - INCIPIT
Vi avevo promesso l'incipit de "La contessa delle tenebre". Eccolo! Buona lettura.
Parigi, Torre del
Tempio, settembre 1795
C
|
harlotte aprì gli
occhi all’improvviso, destata da un rumore di passi.
Odiava svegliarsi
in piena notte, preda dell’ansia o del terrore per ogni più piccolo sussurro.
Cercò di calmare il battito furioso del proprio cuore: s’irrigidì,
raggomitolata contro la parete di pietra della sua cella, stringendosi nella
pesante coperta di lana.
Viveva rinchiusa fra quelle umide mura da
circa tre anni, quando era stata arrestata insieme alla sua famiglia dai
rivoluzionari francesi. La sua serena esistenza era stata interrotta per
lasciare spazio solo a paura e dolore. Uno ad uno, i suoi cari avevano
abbandonato questo mondo: prima suo padre, poi sua madre, sua zia Elizabeth e
infine il suo adorato fratellino, di soli dieci anni. Una lacrima le scese giù
da una guancia e si affrettò ad asciugarla con la manica consunta dell’abito
che indossava. Un tempo aveva posseduto vestiti eleganti, confezionati dalle
migliori sarte parigine e con le stoffe più pregiate. Com’era lontano quel
periodo!
A volte aveva l’impressione di pensare
alla sua vita precedente come a un sogno lontano, esistito solo nella sua
fantasia.
Sentì di nuovo quel rumore di passi e il
suo battito cardiaco accelerò. Tese le orecchie, cercando di capire se il suono
fosse ora più vicino, ma il rumore del proprio cuore sovrastava ogni cosa. Si
impose di respirare a ritmo regolare. I passi si avvicinavano con esasperante
lentezza e iniziò ad avvertire degli spasmi alle braccia e alle gambe.
Terrorizzata, si rannicchiò ancor di più in posizione fetale.
In quel momento i passi si arrestarono.
Qualcuno si fermò davanti alla massiccia porta
di legno e lei tremò al pensiero che fossero venuti a prenderla.
Non voleva morire.
L’uscio si aprì con un fastidioso cigolio.
Charlotte trattenne il fiato, sollevando lo sguardo sulla figura in ombra sulla
soglia. Una guardia si intrufolò all’interno. Era un uomo alto, robusto, il
naso leggermente aquilino.
«Cosa volete?» chiese Charlotte in un
sussurro, scattando in piedi. La coperta ricadde sulle grigie pietre del
pavimento e lei avvertì un brivido, che nulla aveva a che fare con la
temperatura all’interno della torre.
L’uomo si mosse nella sua direzione, le
labbra piegate in un enigmatico sorriso. L’afferrò per un braccio, puntando su
di lei i suoi occhi famelici come quelli di una belva.
«Non ti senti tutta sola in questa cella?
Vuoi un po’ di compagnia?»
Il suo alito puzzava di vino. Charlotte
cercò di sottrarsi alla sua presa, ma la guardia la trattenne, stringendole il
polso quasi fino a spezzarlo. Un urlo di dolore le bruciò la gola.
«Lasciatemi, vi scongiuro!»
«Mi scongiuri?» disse l’uomo, divertito.
«La figlia del defunto re che scongiura me.
È quasi divertente.»
Charlotte si divincolò. Era terrorizzata.
Quegli occhi che la fissavano bramosi la confondevano. Avrebbe voluto parlare,
chiedere cosa avesse intenzione di farle… ma le parole non vollero uscire.
Lui le prese il mento, sollevandolo quanto
bastava per poterla guardare negli occhi. «Sei una vera bellezza. Nobile, casta
e inviolabile. Irraggiungibile per uno come me, non è così?»
Charlotte cominciò a tremare. Non capiva
cosa quell’uomo volesse da lei, ma era certa che non fosse nulla di buono. Poi
lui posò gli occhi sul suo seno, messo in evidenza dalla scollatura dell’abito.
La spinse contro la parete, premendo i fianchi contro i suoi.
«La tua pelle candida mi eccita» sussurrò,
sfiorandole una guancia col dorso della mano callosa. «È così bianca… sembra
quella di una bambola di porcellana.»
Lei sussultò, come se l’avesse
schiaffeggiata. Quella mano… provava ribrezzo per ciò che le stava facendo.
Tentò di opporre resistenza, ma la presa della guardia si fece più forte.
«Dimmi, quanti anni hai?»
Quella domanda la colse di sorpresa.
«Di-diciassette, signore» balbettò, confusa.
«Diciassette. Sei abbastanza grande,
allora. Non desideri conoscere il piacere che un uomo può dare a una donna?
Charlotte rabbrividì. Non sapeva nulla di
quelle cose. Talvolta aveva captato qualche discorso, ma le dinamiche
dell’accoppiamento restavano per lei un mistero. Tuttavia, credeva fosse
impossibile provarne piacere. Tutto ciò che sentiva per quell’uomo, che premeva
il proprio corpo sudato contro di lei, era disgusto.
In quel momento percepì qualcosa di duro
contro i fianchi. Abbassò lo sguardo, temendo che lui la stesse minacciando con
una spada. Ma non era una spada, realizzò con orrore.
Deglutì. «Vi prego… »
L’uomo la strattonò, nel tentativo di
slacciarle il corpetto dell’abito. «Riserva le tue preghiere per i santi» la
derise. In quel mentre Charlotte sentì la stoffa lacerarsi e quelle mani rozze le
strinsero i seni. Si irrigidì. Avrebbe
voluto urlare, ma chi mai sarebbe venuto in suo soccorso in quella prigione? Da
quando era stata fatta prigioniera tutti si prendevano gioco di lei. Non vi era
il minimo rispetto: era oggetto di scherno e derisione; le venivano indirizzate
canzoni oscene e insulti di ogni genere.
Cercò di spingere per liberarsi, ma era
inutile. Lui era troppo forte. A un tratto la schiaffeggiò con un impeto tale
da stordirla.
«Stai ferma! Ti piacerà, vedrai.
Aprirai le gambe per me come una qualsiasi sgualdrina. Non vedo l’ora di
scoprire come gode una principessa.
Lacrime silenziose le solcarono il viso.
Non era possibile che le stessero facendo questo. La verginità era l’unico
valore che le fosse rimasto, non potevano privarla anche di quel bene per lei
così prezioso.
«No, per favore… no!
Ridendo sguaiatamente l’uomo le sollevò le
sottane. Lo vide sbottonarsi la patta delle braghe e avventarsi su di lei come
un animale. Tutto quel che percepì dopo fu solo dolore e umiliazione. La
guardia profanò il suo corpo con affondi sempre più veloci. Charlotte urlò con
tutto il fiato che aveva in gola, ma quei colpi non cessarono. Ebbe la
sensazione che la lacerassero in profondità, fino a trafiggerle l’anima.
Il sangue cominciò a colarle giù dalle
gambe, insozzandole le calze. Ma che importava, a quel punto? Lei rimase
immobile, gli occhi chiusi e invasi dalle lacrime, mentre quel mostro terminava
di fare quel che aveva cominciato. Lo sentì tremare e riversare il suo seme
dentro di lei. Dopo di che si ripulì con un lembo della camicia e si
riabbottonò i calzoni, sul viso un sorriso soddisfatto.
«Non sei stata male, principessa. Magari
potrei tornare a trovarti una di queste sere, che ne dici?»
Charlotte non rispose. Le forze l’avevano
abbandonata. Si sentiva sporca nel cuore e nell’anima. Avrebbe voluto lavarsi,
strofinarsi la pelle fino a scorticarla, pur sapendo che il dolore provato non
sarebbe andato via col sapone. L’avrebbe tormentata per l’eternità.
Un attimo dopo sentì la porta della cella
richiudersi alle sue spalle e crollò sul pavimento. Le gambe non la reggevano
più. Tornò a rannicchiarsi contro il muro, cercando di coprirsi con le mani.
Infine pianse. Pianse tutte le sue
lacrime.
CAPITOLO 1
Amsterdam, dicembre 1795
L
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eonardus
Cornelius Van der Valck se ne stava seduto a un tavolo da gioco con un
bicchiere di pregiato madera in una mano e nell’altra un mazzo di carte. Era
solito trascorrere il proprio tempo libero facendo bagordi con gli amici. Gioco
d’azzardo, donne di facili costumi e grosse somme di denaro erano il suo pane
quotidiano. Tutto, pur di sfuggire alla noia e all’inquietudine che
l’opprimevano.
«Tocca a voi dare le carte» gli disse un
baronetto inglese, seduto alla sua destra.
Intanto, una fulgida bellezza bruna dal
seno procace e dalla scollatura generosa gli si era avvicinata, ancheggiando e
mettendo bene in mostra la sua mercanzia.
Con ogni probabilità Leonardus avrebbe
finito per portarsela a letto, dopo qualche altro bicchiere e una ricca
vincita. Considerò l’idea e fece un sorrisino.
«Non abbiate fretta, Fairfax» rispose al
baronetto. «La notte è ancora giovane.»
Lanciò una fugace occhiata alla brunetta e
si accinse a mischiare le carte, quando un uomo dalla sobria eleganza e i
lineamenti aristocratici lo interruppe.
«Il signor Van der Valck?» indagò,
cauto.
Leonardus sollevò lo sguardo e inarcò un
sopracciglio, scrutando incuriosito il nuovo venuto. Il suo accento straniero era piuttosto
marcato. Doveva essere di origine austriaca, suppose da diplomatico esperto. Di
sicuro non l’aveva mai visto prima.
«Posso sapere con chi ho l’onore di
parlare?»
L’uomo si fermò a un passo da lui, lo
sguardo impenetrabile. Sembrava disapprovare quel luogo e il clima dissoluto di
cui era pregno. Doveva essere un tipo piuttosto noioso.
«Sono il conte Brank, al servizio
dell’Imperatore d’Austria.»
«In cosa posso aiutarvi, signor conte?»
«Si tratta di una questione privata. Se
volete seguirmi in un luogo più consono, sarò lieto di illustrarvi i motivi che
mi hanno condotto qui.»
Leonardus trattenne una risatina. Se
quell’uomo pensava di rovinargli la serata, si sbagliava di grosso. Niente e
nessuno l’avrebbero allontanato dal tavolo da gioco e da quella signora
compiacente.
«E cosa vi fa credere che io sia
interessato a conoscere simili dettagli? Come vedete sono piuttosto impegnato
in questo momento.»
Il conte si irrigidì. Evidentemente non
era solito ricevere rifiuti.
«Forse una cospicua somma di denaro
potrebbe aumentare la vostra curiosità.»
«Forse» ammise Leonardus. «Dipende da cosa
intendete per cospicua.»
«Non ho tempo da perdere, signore» si
spazientì Brank. «Volete seguirmi, per favore? Sono ansioso come voi di mettere
fine a questo colloquio.»
Leonardus si scusò coi compagni di gioco e
si alzò. Sperava che tutto si concludesse velocemente, per poter tornare dagli
amici e dalla prosperosa bellezza bruna. Ma aveva il sospetto che la faccenda
fosse complicata e prevedeva guai.
Il conte gli fece strada fino a un
salottino privato – i club di lusso come quello ne avevano sempre uno – e
attese che Van der Valck entrasse, per richiudere la porta con un colpo secco.
«Ebbene?» lo incoraggiò, visibilmente
spazientito. «Di che si tratta?»
«È una questione piuttosto seria. Meglio
che vi mettiate comodo.»
Leonardus sbuffò. Prese posto su
un’elegante poltrona damascata e attese che anche il proprio interlocutore si
sedesse, prima di sollevare uno sguardo indagatore su di lui.
Finalmente, Brank si decise a parlare: «Come
ben saprete, l’Imperatore ha una cugina che è stata tenuta in cattività dai rivoluzionari
francesi…»
«Andate subito al dunque, signor conte.
Non ho intenzione di dedicarvi l’intera serata.»
«Si tratta di una questione diplomatica
molto seria e delicata che non può essere liquidata in due parole. Quindi
abbiate l’accortezza di tacere e lasciarmi continuare.»
Sbuffando leggermente, Leonardus si
dispose all’ascolto.
Gli fu illustrata l’intera vicenda di una
sfortunata ragazza di sangue reale, fatta prigioniera e liberata di recente, in
cambio di dodici prigionieri di guerra. Si chiese irritato cosa avesse a che
fare con lui tutto ciò, finché non gli fu evidente.
«Mi state chiedendo di prendermi cura di
questa ragazzina per il resto dei miei giorni? Mi avete preso per una balia,
forse?» Il suo tono scandalizzato fece scattare in piedi il conte austriaco.
«Non sono io che ve lo chiedo. È un ordine
dell’Imperatore in persona!»
La faccenda si stava facendo più complicata e sgradevole del previsto.
Decisamente peggiore di ogni sua più tetra aspettativa. Ed era chiaro che
all’Imperatore non si potesse dare un “no” come risposta.
«Perché io?» si ritrovò a chiedere,
incredulo che una simile sfortuna fosse capitata proprio a lui.
«Siete la persona più adatta a questo
incarico. Vestite i panni del diplomatico con discreto successo, siete giovane
e attraente e, soprattutto, non siete sposato.»
«Cos’ha a che vedere il mio stato di uomo
celibe con tutto questo?»
Il conte si accese un sigaro con
esasperante lentezza. Tirò una boccata e infine continuò: «Vi viene richiesto
di prendere in moglie la ragazza, signore. Durante la prigionia è stata
stuprata e ora è in attesa di un figlio. Le nozze sono necessarie per mettere a
tacere le malelingue.»
Leonardus sbiancò. Dovette afferrare il
bicchiere di rhum che gli era stato gentilmente offerto e berlo tutto d’un fiato,
per riaversi.
«Maledizione!» fu la sua risposta seccata.
La carrozza
correva veloce sulla strada lastricata che conduceva al confine con la Svizzera.
Charlotte si sporse dal finestrino con aria inquieta e sospirò. Viaggiava da
parecchie ore ed era ansiosa di arrivare a destinazione. Le era stato detto che
la meta era una piccola cittadina di confine, chiamata Huningue. Ancora non era
certa di chi avrebbe trovato ad aspettarla in quel luogo, ma sperava che si
trattasse di una presenza amica. Era così desiderosa di conforto, dopo tutte le
tribolazioni vissute negli ultimi anni.
«Allontanatevi dal finestrino, madame» la rimproverò la voce acida
della sua accompagnatrice. Era una donna rigida e
scorbutica che Charlotte giudicava incapace di provare il minimo sentimento d’affetto. La meno indicata per
chi di affetto ne aveva una fame assoluta, come lei.
Si abbandonò sul sedile e cominciò a
giocherellare distrattamente con il bordo di pizzo del colletto dell’abito che
indossava. Era un capo di eleganza discreta, più accollato di quanto esigesse
la moda e di una taglia superiore alla sua, in modo che nascondesse
l’imbarazzante rotondità del suo ventre. Il grigio scuro della stoffa le
attribuiva più l’aria dell’istitutrice che quella di una principessa e l’acconciatura era altrettanto severa: i
capelli le erano stati pettinati in una rigida crocchia sulla nuca. Solo
accidentalmente qualche ricciolo biondo era sfuggito alle forcine e ora
svolazzava indisturbato, mosso dal vento.
«Quando arriveremo?» si decise a chiedere,
in tono sofferente. Sentiva il bisogno di sgranchirsi le gambe e di respirare a
pieni polmoni l’aria di montagna. Nonostante il freddo rigido dell’inverno,
bramava con tutta se stessa di ritrovarsi all’aperto, di poter finalmente
riabbracciare spazi ampi, senza nessun muro attorno.
«Manca poco, ormai.» La sua
accompagnatrice incrociò le braccia. «Cercate di essere paziente, madame.»
Avrebbe voluto rispondere che la pazienza
l’aveva esaurita durante gli anni di reclusione, ma si morse la lingua e tornò
a guardare fuori dal finestrino.
Stavano attraversando l’Alsazia e la vista
delle distese di neve la rilassò un poco.
Finalmente, la carrozza si fermò di fronte
a una costruzione in pietra a tre piani, con il tetto in mattoni rossi. L’insegna
sulla porta indicava che si trattava di un albergo per i viaggiatori, che
portava il nome di Hotel du Corbeau.
Charlotte si sistemò il pesante mantello
di pelliccia sulle esili spalle e attese che lo sportello della carrozza le
venisse aperto dal cocchiere, che l’aiutò a scendere.
Notò con sorpresa che vi erano due persone
ad attenderla. Un giovanotto alto e snello se ne stava ritto, in piedi, di
fronte alla carrozza. Il suo viso aveva un qualcosa di familiare ai suoi occhi,
che si riempirono di lacrime nel riconoscerlo.
«Louis Antoine!» esclamò, correndo a
gettarsi fra le sue braccia. «Siete proprio voi?»
Il giovane dai lunghi capelli castani e il
viso ovale la strinse brevemente per poi staccarsi e sorriderle impacciato.
«È un piacere rivedervi, cugina» le disse.
Poi si voltò verso l’altra persona che si era tenuta discretamente in
disparte.
Charlotte seguì il suo sguardo e si
ritrovò a fissare un paio di occhi grigi, freddi come il ghiaccio.
Lo sconosciuto si avvicinò cauto. Aveva un
passo deciso che le risultò immediatamente odioso. I capelli erano neri e più
corti di quanto esigesse la moda. Il viso un po’ spigoloso, ma di una bellezza
mozzafiato. Le labbra sottili, invece, erano incurvate in quello che a lei
parve un sorriso forzato, di convenienza.
Il cugino si affrettò a fare le
presentazioni: «Questo è Leonardus Van der Valck, un diplomatico olandese.»
L’uomo dagli occhi di ghiaccio le prese la
mano e la baciò. Charlotte fu percorsa da un brivido improvviso, mentre un
intenso rossore le colorava le guance pallide. Ritirò la mano, come se si fosse
scottata, e distolse immediatamente lo sguardo. Si chiese cosa facesse lì
quello sconosciuto e si sentì infastidita dalla sua presenza.
«Sono molto onorato di fare la vostra
conoscenza, madame» disse l’uomo, con
una voce bassa e profonda, ma con un tono che sembrava smentire le sue parole.
Lei gli indirizzò un lieve cenno del capo
e si sforzò di sorridere mentre si lasciava condurre dal cugino verso l’entrata
dell’albergo.
«Immagino abbiate bisogno di rifrescarvi e
cambiarvi d’abito» fece Louis Antoine, in tono premuroso.
Lei lanciò un’ultima occhiata alle sue
spalle, dove Van der Valck era rimasto a fissarla con un’espressione
indecifrabile in quegli occhi grigi.
«Cosa ci fa qui quell’uomo?» sussurrò,
confusa. Il cugino sorrise enigmatico mentre le apriva la porta dell’albergo.
«Ne parleremo più tardi» le rispose, affrettando il passo.
A Charlotte non restò altro da fare che
seguirlo.
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