CAPITOLO 10
I
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l
mattino seguente Giulio si svegliò con un forte mal di testa. Non aveva chiuso
occhio per tutta la notte, girandosi e
rigirandosi nel letto con un’unica domanda in testa: cosa diavolo aveva
sbagliato con Sara? Tutto a un tratto quella pazza aveva cambiato atteggiamento
nei suoi confronti. Era stata dolce e appassionata fra le sue braccia. Poi,
senza una spiegazione logica, l’aveva sbattuto fuori dalla propria stanza. Non
poteva essersela presa perché le aveva proposto di diventare la sua amante. Gli
aveva appena concesso di prendersi delle libertà con lei, senza contare
l’episodio della spiaggia che ancora era indelebile nella sua mente.
Ma allora cosa c’era di sbagliato
nell’idea di procurarle un appartamento? Non avrebbe più dovuto lavorare come
una serva agli ordini di sua madre. In più avrebbe avuto una sua indipendenza
economica e vestiti, gioielli e tutto quanto potesse desiderare. Le avrebbe
comprato il mondo, se solo glielo avesse chiesto.
Di pessimo umore scese per la colazione,
senza neppure farsi la barba. Avrebbe chiesto al proprio valletto di
occuparsene più tardi. In quel preciso momento era talmente furioso che avrebbe
mangiato la faccia a chiunque gli fosse apparso davanti. Purtroppo quando
raggiunse la saletta della colazione vi trovò la propria madre, seduta rigida e
impettita come al solito, e il ricordo di come avesse ignorato i suoi ordini
gli affiorò alla mente senza che potesse evitarlo.
Lei sollevò lo sguardo, corrugando
leggermente la fronte. – Tutto bene, caro? Non hai un bell’aspetto.
Di tutte le cose che poteva dire quella fu
la peggiore. – Provate a indovinarne il motivo, madre.
– Non saprei. Qualcosa ti turba?
Giulio si lasciò cadere su una sedia e
attese che il lacchè gli versasse del tè, prima di lanciarle un’occhiata incendiaria.
– Sì, decisamente, madre. Mi turba il fatto che in questa casa le mie
disposizioni siano tenute di così poco conto.
Lei smise di spalmare la marmellata su una
fetta di pane tostato e gli rivolse uno sguardo stupito. – A cosa ti riferisci?
– Sbaglio o vi avevo chiesto di trattare
Sara come una mia ospite? – Non riuscì a evitare di dare alla propria voce un
tono infastidito. – Per caso siamo soliti far dormire gli ospiti nell’ala della
servitù? E farli lavorare al posto dei nostri domestici?
Sua madre impallidì. – Avrei dovuto
immaginare che quella ragazza sarebbe subito corsa da te a lamentarsi. Non ha
perso tempo, vedo.
– Sara non mi ha detto proprio nulla –
rispose lui, sempre più contrariato. – Pensavate che non l’avrei scoperto da
solo?
– Giulio, ascolta… sai bene cosa penso in
proposito. Sara non può restare qui sotto gli occhi di tutti. Già hanno
cominciato a girare delle voci spiacevoli. Per ora le ho permesso di rimanere,
facendo credere a tutti che fosse al nostro servizio. Ma se tu ti ostini a
trattarla come un’ospite dovremo fornire delle giustificazioni. Cosa diremo?
Che è una lontana parente bisognosa d’aiuto?
Lui si accigliò. Buttò giù una sorsata di
tè, rischiando di scottarsi la lingua. Poi tornò a fissare la madre, intenta ad
addentare il suo toast. – Non mi interessano i pettegolezzi. Mi sembrava di
avervelo già detto, no? Comunque mi occuperò io della questione. Potete stare
tranquilla.
Detto ciò si alzò di scatto, avviandosi
verso la porta. Gli era passata del tutto la fame e la compagnia di sua madre
non aveva contribuito a migliorare il suo già pessimo umore. Stava per fare
ritorno in camera sua, quando scorse una chioma color biondo rame
inconfondibile. Si era raccolta i lunghi capelli in una treccia, ma era
indiscutibilmente Sara la ragazza che stava trascinando un enorme secchio di
acqua calda su dalle scale.
– Hai bisogno di aiuto? – le chiese,
avvicinandosi di soppiatto.
Lei trasalì e per poco non rovesciò
l’intero contenuto del secchio. – No, grazie – rispose, dopo essersi lasciata
sfuggire un’imprecazione. – Ce la faccio da sola.
Giulio era scettico. Forse a un’occhiata
distratta poteva sembrare che lei fosse perfettamente padrona della situazione,
ma lui non si lasciò ingannare dalle apparenze: il viso di Sara era leggermente
arrossato e la sua fronte imperlata di sudore. Probabilmente aveva fatto su e
giù per le scale più volte, con un secchio pesante da trasportare. La vide detergersi
con la manica dell’uniforme da cameriera, prima di riprendere a salire la
scalinata.
Con un sospiro esagerato lui le prese il
secchio dalle mani. – Lascia fare a me! – disse spazientito. – Dove lo devi
portare?
Sara gli lanciò un’occhiataccia che lui
finse di ignorare. – Nella tua stanza
– rispose acida. – A quanto pare il signor conte non ha ancora fatto il bagno
stamattina.
Giulio fece un sorrisino. Quella ragazza
era davvero irritante, ma lo divertiva come nessun altro. A pensarci bene, chi
in quella casa avrebbe osato rivolgersi a lui in quel modo? – Io non ho chiesto
nulla – fece con aria angelica.
– Tu no, ma a quanto pare è il tuo
valletto a occuparsi della tua igiene personale. Se fossi al posto tuo mi
vergognerei. Non sai neppure farti il bagno da solo!
Sara cercò di strappargli, a sua volta, il
secchio dalle mani. Tuttavia, Giulio fu più veloce e cominciò a trasportarlo al
piano superiore, ignorando i suoi tentativi di protesta. A un tratto non riuscì
a trattenere una risata. – Sono perfettamente in grado di farmi il bagno da
solo, ragazzina – rispose, inarcando un sopracciglio. – Ma perché dovrei farlo,
visto che ho a disposizione dei domestici pagati per servirmi?
L’espressione di Sara era talmente
infastidita da strappargli un’altra risatina. La osservò di sbieco mentre gli
correva dietro su per la scala, gli occhi che lanciavano saette. – Sei davvero
un presuntuoso! Pensi di poter comprare tutti con i tuoi soldi e il tuo dannato
titolo nobiliare?
Una volta in cima alla scala, Giulio svoltò
a destra. – La mia non è presunzione, ma solo una semplice accettazione dei
fatti. È innegabile che la mia posizione sociale mi metta al di sopra degli
altri – disse, sogghignando.
Sara strinse gli occhi fino a farli
diventare due fessure. – Ah, sì? Eppure non sei riuscito a comprare me col tuo
vile denaro!
Quelle parole lo fecero fermare di scatto.
Posò il secchio per terra, rovesciando dell’acqua sul pavimento, a causa
dell’urto. Poi afferrò Sara per un braccio, sospingendola contro la parete del
corridoio. – Non ancora – rispose, torreggiando su di lei. – Ma è solo
questione di tempo. Ti renderai conto, prima o poi, che ti conviene accettare
la mia proposta. O vuoi fare la sguattera per tutta la vita?
Lei gli sputò in faccia, sorprendendolo. –
Non farò la sguattera per tutta la vita, ma non sarò mai la tua mantenuta. Questo puoi scordartelo.
Lui strinse maggiormente la presa. Erano
così vicini che poteva sentire il suo respiro accelerato sul collo.
Immediatamente si eccitò. Come diavolo riusciva quella ragazza a farglielo
rizzare per così poco? – E come pensi di riuscire a mantenerti? Sei sola, senza
un tutore, né la possibilità di fare un buon matrimonio. Nessuno ti prenderebbe
a servizio senza delle buone referenze e con quella brutta lingua che ti
ritrovi chi ti raccomanderebbe come istitutrice o governante? Sempre ammesso
che tu sia in grado di svolgere una qualsiasi di queste mansioni.
Con suo sommo divertimento la vide
impallidire. Cercò di assestargli una ginocchiata nelle parti basse, ma lui
riuscì a evitarla, senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi bellicosi.
– Io non resterò per sempre qui – sibilò a
un certo punto lei. – Troverò il modo di tornare a casa.
– Che intendi dire? – La sua risposta lo
turbò. – C’è forse qualcuno che ti aspetta a Firenze?
Non ci aveva mai pensato in realtà, ma se
lei avesse avuto un fidanzato o un amante ad attenderla? Forse non era così
sola come voleva far credere.
Tuttavia, Sara ignorò la domanda e cercò
di sfuggirgli. Nel timore che qualcuno potesse vederli in quella situazione
imbarazzante, lei intrappolata contro il muro e lui con un’erezione piuttosto
evidente, Giulio la lasciò andare. Afferrò nuovamente il secchio e le fece
segno di aprire la porta della sua stanza per intrufolarsi dentro e posarlo sul
pavimento. In un primo tempo Sara esitò, ma poi obbedì senza protestare.
– Dove vuoi che lo metta? – le chiese,
inarcando un sopracciglio.
Sara lo guardò corrucciata. – A me lo
chiedi? L’acqua è per te, non per me.
Poi lanciò un’occhiata alle sue spalle,
inducendolo a voltarsi a sua volta. Dietro di lui Pietro, il suo valletto, li
fissava sbalordito. – Dove devo mettere il secchio? – gli domandò, ostentando
indifferenza. Non era difficile immaginare cosa stesse pensando Pietro,
riguardo al fatto che avesse trasportato lui l’acqua fino alla propria stanza,
ma non se ne curò. Lo vide aggrottare la fronte e diventare rosso come un
peperone, prima di rispondere con un inchino esagerato. – Avreste dovuto
chiamarmi, mio signore. Questo non è un lavoro adatto a vossignoria!
Pietro guardò Sara in tralice,
probabilmente con l’intento di rimproverarla, dopo di che versò il contenuto
del secchio nella vasca da bagno, posizionata dietro a un paravento. In quel momento a Giulio venne un’idea. – Puoi
lasciarci soli, ora – fece, rivolto al proprio domestico. – Sarà Sara ad
occuparsi della mia rasatura – E dedicandole un sorrisino trionfante, aggiunse
a suo beneficio: – In fondo devi renderti utile in qualche modo, visto che
finora il lavoro di fatica l’ho fatto io.
Lei lo fissò di sottecchi, ma non ebbe il
coraggio di obiettare. Pietro invece tossicchiò nervoso. – Ma mio signore… –
esordì confuso. Giulio non lo lasciò continuare. Gli lanciò uno sguardo
ammonitore ed alzò volutamente il tono di voce. – È un ordine, Pietro.
Il valletto si arrese all’istante. –
Sissignore! – rispose, congedandosi.
Un attimo dopo era fuori dalla stanza.
*
* * * * * * * * *
Sara
era decisamente in collera. L’ultima cosa che voleva era farsi umiliare da quel
damerino presuntuoso, nonché ladro. E non aveva dubbi sul fatto che il suo
intento fosse proprio quello di umiliarla.
– Cosa vuoi che faccia? – gli domandò,
scontrosa. Prima avesse terminato quell’incombenza meglio sarebbe stato per
lei. Non intendeva trattenersi in quella stanza più dello stretto necessario.
Giulio le dedicò un irritante sorriso. –
Ci sono parecchie cose che vorrei che tu facessi per me, la maggior parte delle
quali prevedono che tu sia nuda in un letto.
Lei si sentì avvampare all’istante. – Vai
a farti fottere!
– Sì, era proprio quello che avevo in
mente.
Sbuffò. Ancora una battuta del genere e il
secchio d’acqua glielo avrebbe rovesciato in testa. – Non mi interessa che
cos’hai in mente, razza di pervertito. Sono qui per aiutarti a farti la barba e
basta. Se hai delle altre necessità dovrai provvedere da solo.
Lui ridacchiò. – Non provvedo da solo a
questo genere di necessità dall’età di quindici anni.
Sara decise di ignorarlo. Cominciò a fischiare
un motivetto, giocherellando con un ciuffo sfuggito alla treccia, che
attorcigliò lungo un dito. Se non recepiva il messaggio, peggio per lui. Non
era lei quella che doveva radersi! Il che le fece venire in mente una cosa. –
Se fossi in te farei meno lo spiritoso – disse con un ghigno divertito. – Non
sono molto pratica di rasatura e potrebbe sfuggirmi involontariamente la mano.
Si osservò con noncuranza le unghie mentre
lui si schiariva la voce. Bene, aveva perso il suo sorriso idiota, a quanto
pareva! Quando riportò lo sguardo su di lui, Giulio si era accomodato su una sedia,
davanti a un tavolino rotondo su cui era posato tutto il necessario per la
rasatura. Con un grugnito le indicò una brocca piena d’acqua e un catino. –
Versa l’acqua lì dentro.
– Chiedilo per favore o non muoverò un
dito.
Un altro grugnito le strappò una risatina.
– Per favore, madamigella, sareste così gentile da versare un po’ d’acqua in
quel catino?
Lei lo accontentò. – Visto? Con le buone
maniere si ottiene tutto.
Nel frattempo Giulio si era sfilato gli
stivali. Sara lo fissò perplessa. – Perché ti togli gli stivali? È un’usanza
nuova quella di radersi a piedi nudi?
Lui sogghignò. – Ho cambiato idea. Prima
penso proprio che mi farò un bel bagno caldo. Non vorrei che l’acqua che ho
così faticosamente trasportato andasse sprecata.
Sara deglutì. Dopo gli stivali, Giulio si
tolse le calze e si alzò in piedi, cominciando a sbottonarsi la giacca di
velluto color prugna, che lasciò ricadere sul pavimento. Lanciandole uno
sguardo obliquo, proseguì aprendo uno a uno i bottoni della camicia bianca di
lino.
– Ehi, questo è sleale! – protestò Sara,
mettendo il broncio. Giulio era uno spettacolo vestito, non osava immaginarselo
completamente nudo!
Lui fece uno sguardo innocente che non la
incantò neppure per un attimo. – Che c’è? Non hai mai visto un uomo senza
vestiti?
Beh, aveva visto Mario ovviamente. Ma lui
non reggeva certo il confronto con il corpo muscoloso e senza un filo di grasso
di Giulio. Era sicura che avesse anche la mitica tartaruga!
Sara,
adesso non sbavare!
Inspirò sonoramente, nel tentativo di
mantenere un briciolo di autocontrollo. – Certo che sì – gli rispose con il
viso in fiamme. – Mi hai presa per una sprovveduta?
Si accorse che Giulio si era fermato di
scatto e la fissava in cagnesco. Cosa gli era preso? In fondo era stato lui a
cominciare quel gioco. Un attimo dopo la sua camicia giacque abbandonata
accanto alla giacca. Il respiro di Sara si fece più affannoso. Non si
sbagliava: Dio mio, la tartaruga l’aveva davvero! Quello era il fisico più
perfetto che avesse mai ammirato. Sforzandosi di non andare in
iperventilazione, si finse concentrata sul materiale per la rasatura: un panno
caldo e un rasoio affilatissimo. Lo prese in mano, osservandolo con aperta
curiosità. – Ehi, questa è una vera e propria arma!
Giulio annuì, cominciando a sbottonarsi i
calzoni. – È un rasoio à rabot. Non a
caso lo chiamano “taglia gola”.
Sara
lo ripose immediatamente. Non era più tanto sicura di essere la persona adatta
a quel lavoro. Il suo sguardo venne calamitato dalla patta dei calzoni di
Giulio che si apriva quel tanto che bastava per lasciarle intravedere il sesso
eretto. Avrebbe voluto voltarsi e distogliere lo sguardo, ma era come ancorata
al pavimento. Nel momento in cui lui fece per calarsi le braghe sentì la
propria voce gracchiante protestare: – Fermati! – Il suo viso era viola per
l’imbarazzo e il cuore sembrava che volesse balzarle fuori dal petto. – Ci ho
ripensato – disse in fretta, coprendosi il volto con le mani. – Non credo di
riuscire a farlo. Non vuoi che ti tagli la gola per sbaglio, vero? Forse è
meglio che tu ti rivolga al tuo valletto.
E senza attendere risposta si lanciò verso
la porta e l’aprì, fuggendo via come un fulmine. Alle proprie spalle udì la
risata di Giulio, ma si costrinse a ignorarla.
*
* * * * * * * * *
Giulio
non riusciva a smettere di ridere. Sara era scappata come se avesse avuto il
diavolo alle calcagna, il volto pallido come un cencio. Non si era mai
divertito tanto in vita sua! C’era stato un unico momento in cui si era sentito
invadere dalla rabbia. Un’ira cieca e terribile che lo aveva indotto a
desiderare la morte di qualcuno, precisamente quella dell’uomo che si era
lasciato vedere nudo da Sara. Perché, a sentire lei, ce n’era stato almeno uno.
Portandosi una mano ai capelli, li
scompigliò nervoso. Ma esisteva davvero un uomo nella vita di Sara? Quella
ragazza era talmente enigmatica! Non aveva provato imbarazzo alcuno sulla
spiaggia, quando gli aveva preso il sesso in mano. Eppure era fuggita subito
dopo, senza riuscire a guardarlo nemmeno in faccia, come colta da un’improvvisa
pudicizia.
E quando lui si era introdotto in camera
sua, spogliandola per darle piacere, non si era negata alle sue carezze. Una
fanciulla casta non gli avrebbe certo permesso simili libertà, ma quando le
aveva proposto di diventare la sua amante era andata su tutte le furie.
Come se non bastasse, poco prima l’aveva
guardato con un bruciante desiderio in quegli occhi incredibilmente belli. Non
si era sbagliato. Lei voleva vederlo
nudo. Ma allora perché era scappata via di corsa? E se era vero che la nudità
maschile non nutriva alcun segreto per lei, per quale motivo sembrava così
terrorizzata? Era come se in lei convivessero due opposti: castità e lussuria,
purezza e perversione, candore e spregiudicatezza. Ed erano proprio quegli
opposti a farlo impazzire.
Chi era realmente Sara Ferrari? Una creatura
angelica o il demonio? Una vergine o una cortigiana? Qualunque fosse la
risposta, lui ne era irrimediabilmente invaghito.
Si ritrovò col sesso in mano, duro e
gonfio, e imprecò. Gli era passata la voglia di farsi un bagno o di radersi.
Tutto ciò che desiderava era il corpo caldo di Sara contro il proprio; voleva sentire
le labbra morbide di lei muoversi contro le sue e quelle mani affusolate
accarezzarlo ovunque.
Stava per diventare pazzo. Sul serio.
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