CAPITOLO 9
E
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una stupida. Una povera sciocca senza cervello. Come le era saltato in mente di
amoreggiare in quel modo con Giulio? Non aveva già problemi a sufficienza? Da
una storia con lui non poteva uscire niente di buono e lei aveva già avuto la
sua buona dose di sofferenza quando Mario l’aveva lasciata.
Il fatto era che lui le era mancato.
Terribilmente. Solo ora si rendeva conto dell’importanza che il conte di Nardò
aveva assunto nella sua vita e non era per niente una buona cosa. Quando l’aveva
visto arrivare in sella al suo cavallo, bello come un dio, il suo cuore aveva
perso un battito. Quasi non si era resa conto di essere balzata fuori
dall’acqua per correre ad abbracciarlo, finché non aveva sentito le sue braccia
circondarla con una presa ferrea e le sue labbra posarsi sulle proprie come se
intendesse succhiarle l’anima.
Quel bacio l’aveva devastata al punto da
farle perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Si era sentita divorare
da un fuoco inarrestabile, un fuoco che l’aveva spinta oltre ogni limite. Per
un attimo aveva desiderato di trovarsi nuda sotto di lui, un pensiero
assolutamente sconcertante per lei che non perdeva mai il controllo. Ricordava
anche fin troppo bene le lunghe litigate con Mario perché lui voleva fare l’amore
e lei si tirava indietro.
Inspirò, nel tentativo di calmarsi. Per
fortuna nessuno l’aveva vista rientrare con indosso la sola biancheria intima,
mezza strappata. Era riuscita a sgusciare attraverso la porta di servizio e si
era nascosta nella sua stanza, troppo scossa per affrontare le ire della
contessa o della governante. Non era neppure scesa in cucina per la cena, del
resto aveva lo stomaco chiuso in una morsa e dubitava che sarebbe riuscita a
mandar giù un solo boccone.
Rannicchiandosi sul letto, chiuse gli
occhi. La testa le girava e il suo corpo sussultava a causa di continui
brividi. Che si fosse presa l’influenza? Di certo sarebbe stato meglio del mal
d’amore. Una parte di lei continuava a desiderare di trovarsi fra le braccia di
Giulio, persa nei suoi baci famelici. Cosa doveva fare per toglierselo dalla
testa una volta per tutte? Non ricordava neppure l’esatto momento in cui aveva
smesso di pensare a Mario, sostituendo il suo ricordo con l’immagine del conte.
Eppure era stata convinta di amare Mario con tutta se stessa. Forse anche
l’attrazione che provava per Giulio sarebbe scomparsa all’improvviso, così come
era arrivata.
Con un sospiro si tirò le coperte fin
sotto il mento. Le forze stavano per abbandonarla; poteva sentire il proprio
corpo rilassarsi mentre i pensieri si facevano sempre più confusi.
Un buon sonno le avrebbe fatto bene. Forse
al risveglio si sarebbe gettata tutto alle spalle.
*
* * * * * * * * *
Giulio
era furioso. Dopo aver consumato una lauta cena in compagnia della madre, era
salito al piano di sopra con l’intenzione di parlare con Sara, per scoprire che
la ragazza non occupava più la stanza che le aveva assegnato.
– Dove diavolo è? – chiese alla domestica
che era accorsa, sentendo le sue urla.
La ragazza esitò. Gli lanciò un’occhiata
impaurita, cominciando a tremare. – La contessa ha disposto che venisse
trasferita nell’ala dei domestici, signor conte. Occupa la stanza di fianco
alla mia.
Imprecando sottovoce, Giulio si diresse
verso quella parte della casa dove non si recava mai. I padroni non erano
soliti frequentare gli alloggi della servitù e a lui era sconosciuta persino la
disposizione delle stanze in quell’ala. Ma una sciocchezza del genere non
l’avrebbe fermato. Finalmente riuscì
a farsi indicare la porta di Sara e bussò con un diavolo per capello. Sua madre
gliel’avrebbe pagata, questo era certo.
– Chi è? – fece a un tratto la voce
assonnata di Sara. Era già andata a dormire?
Giulio sbuffò esasperato. – Apri quella
dannata porta!
Sentì il rumore della chiave che girava
nella serratura, poi il viso pallido di Sara apparve alla sua vista. Aveva i
lunghi capelli sciolti sulle spalle e indossava una leggera camicia da notte di
lino.
Giulio deglutì. – Fammi entrare – e senza
attendere che lei si facesse da parte la sospinse all’interno, chiudendo la
porta dietro di loro. – Perché non me l’hai detto?
Lei sbatté le lunghe ciglia bionde. – A
cosa ti riferisci?
Giulio prese a muoversi per la stanza come
un leone in gabbia. – Al fatto che mia madre ti ha costretta a trasferirti in
questo buco – indicò l’ambiente circostante come a ribadire l’ovvio.
Sara si limitò a incrociare le braccia sul
petto, lo sguardo accigliato. – E quando avrei dovuto dirtelo? Mentre mi
gettavi sulla spiaggia, ficcandomi la lingua in bocca? Scusami tanto se in quel
momento avevo altri pensieri per la testa, che non riguardavano affatto tua
madre.
Lui inarcò un sopracciglio, passandosi una
mano fra i capelli. – Cos’altro ha preteso? Ti ha infastidita?
Sara sospirò, distogliendo lo sguardo. – Mi
ha solo chiesto di rendermi utile per ricambiare la vostra ospitalità in questa
casa. Ne ha tutto il diritto. Io non sono nulla per lei e sono piombata qui
all’improvviso…
– Ma sei molto per me! – sibilò Giulio, la
collera che gli montava dentro come un fiume in piena. – Sei una mia ospite,
non una sguattera di cui lei può disporre liberamente.
Sara tornò a guardarlo. Pareva turbata e
stanca, ma non aveva perso la sua vena combattiva. – Giulio, io non sono niente
neppure per te – chiarì, con una luce ostinata nello sguardo. – Tu non mi
conosci. Non sai nulla di me: da dove vengo, chi sono realmente… credimi, hai
già fatto fin troppo ospitandomi.
Lui strinse i denti. Si sentiva impotente
di fronte a tutto ciò. Avrebbe voluto donarle il mondo, ma lei continuava a
respingerlo. Quel pomeriggio sulla spiaggia, per un attimo aveva creduto
di essere riuscito a raggiungerla. Era
stato sul punto di possederla, per poi vederla svanire come una bolla di
sapone. – So quello che mi basta – ruggì, attirandola a sé. Il suo corpo era
dannatamente morbido e sensuale contro il proprio. Induceva la mente a pensieri
impuri e peccaminosi. – Non mi importa sapere chi sei, a che casato appartieni
o da dove vieni. Sento la necessità di proteggerti e, dannazione, lo farò.
Prima che lei potesse sottrarsi, calò le
labbra sulle sue. La sua bocca era calda e accogliente, una tentazione
irresistibile. La costrinse ad aprirla, mordicchiandole il contorno delle
labbra, per poi affondare in lei la sua lingua bramosa. In un attimo si
ritrovarono distesi sul letto, ansimanti e bisognosi di qualcosa di più. –
Sulla spiaggia mi sono preso il mio piacere senza ricambiare – mormorò contro
il suo orecchio. – Lascia che lo faccia ora.
Sara tremò fra le sue braccia,
rivolgendogli uno sguardo timoroso. – Giulio, io…
– Shh… non parlare. Lascia solo che ti
ami.
Le sue labbra scesero lungo la curva
morbida del collo, facendola sospirare di piacere. Adorava sentirla così,
totalmente abbandonata fra le sue braccia. Continuando a baciarla, cercò l’orlo
della sua camicia da notte e lo sollevò fino a scoprire del tutto il suo corpo
stupendo. Lei sollevò le braccia per facilitargli il lavoro e permettergli di
togliergliela, finché il sottile indumento non giacque dimenticato ai piedi del
letto.
I loro sospiri aumentarono mentre Giulio
le accarezzava l’avvallamento fra i seni, le dita sempre più impazienti di
sentirla, sfiorarla. Vide i suoi capezzoli ergersi come sassolini e non riuscì
a resistere alla tentazione di assaggiarli con la lingua.
– Hai un sapore delizioso – le disse, gli
occhi incupiti dalla passione. Lei rispose con un gemito, inarcando la schiena
contro di lui. Era talmente bella da fare male al cuore. Poi la sua mano
cominciò a vagare sul corpo di Sara, sfiorandole col dorso la clavicola, lo
sterno e il ventre piatto, fino a insinuarsi fra le cosce. Lei le dischiuse,
lasciandogli via libera, e finalmente Giulio poté raggiungere il bocciolo della
sua femminilità. Allargò le grandi labbra con le dita, stuzzicandola con
movimenti circolari. Quella ragazza era così ricettiva! La vide chiudere gli
occhi e muovere i fianchi al ritmo delle sue carezze, la testa reclinata sul
cuscino e la bocca leggermente aperta, persa nel piacere.
Se aveva dei dubbi sul fatto che quella
fosse la donna giusta per lui, il solo guardarla godere li aveva fugati tutti.
All’istante.
*
* * * * * * * * *
Sara
ebbe l’impressione che il cuore le schizzasse fuori dal petto. Era sul punto di
impazzire. Giulio non le dava tregua: continuava a muovere le dita nel punto
più sensibile della sua vagina, aumentando il suo bisogno a ogni sfioramento.
Con Mario non era mai stato così. Lui era solito preoccuparsi più del proprio
piacere che del suo. Di certo non l’aveva mai portata a quel livello di estasi.
– Oddio, Giulio – ansimò, andando incontro
alla sua mano che si muoveva agile su di lei. – Non smettere, ti prego!
Lui ridacchiò. – Non ci penso neanche a
smettere, dolcezza. Voglio che tu raggiunga il piacere, nello stesso modo in
cui l’hai donato a me. Ti piace così?
Sara pensò che non sarebbe riuscita a
rispondergli. Era come se il fiato le fosse uscito dai polmoni; tutto intorno a
lei era nebuloso, avvertiva solo il piacere riversarsi su di lei a ondate. –
Oh, sì – gemette piano, dimenandosi. – Ancora così… più veloce.
L’orgasmo la travolse con la forza di un
uragano, lasciandola stremata e ansante. Sentiva le palpebre pesanti, mentre
una sensazione di appagamento si impadroniva di lei.
Sospirò. – Dio mio, dove hai imparato a farlo?
– chiese ridacchiando, scimmiottando le stesse parole che le aveva rivolto lui
in spiaggia.
Giulio rise di nuovo. – Nei bordelli di
Taranto, dove se no?
Lei si tirò su all’istante, confusa. – Vai
a puttane? Sul serio?
Vi fu un attimo di silenzio, poi lui le
rivolse un’occhiata divertita. – Dimentico sempre che ti esprimi come un
garzone di stalla, piuttosto che come una signora – le disse, scuotendo la
testa. – Tuttavia, è un tratto che mi piace di te. Non devo mai stare attento a
quel che dico in tua compagnia, come accade con le fanciulle in età da marito
che mi vengono presentate di continuo. Diamine, sai imprecare meglio di me!
Sara corrugò la fronte. – Non hai risposto
alla mia domanda.
– Vuoi sapere se frequento i bordelli?
Certo che sì. Un uomo ha le sue esigenze, dopotutto. Ma non è carino parlarne
con una signora.
– Perché? – si irritò lei. – Pensi che noi
donne sappiamo parlare solo di taglio e cucito?
Lui sollevò entrambe le braccia, mimando
un gesto di resa. – Non ho detto questo. Anzi, mi sembra di aver appena
affermato di apprezzare la libertà di dialogo che ho con te.
Sara si tranquillizzò. Giulio aveva il
potere di farle perdere le staffe, a volte. Ma altre volte era davvero
adorabile. – Per quale motivo paghi per avere una donna nel letto? – gli
chiese, sinceramente incuriosita. – Sei bello, affascinante… potresti averne
mille gratis!
Lui si grattò il mento, pensoso. – Esiste
un modo per avere una donna compiacente nel letto, senza pagare?
A quelle parole lei si inalberò,
tirandogli una gomitata nelle costole. Si mise a sedere a gambe incrociate sul
letto, lo sguardo accigliato. – Non mi sembra di averti chiesto dei soldi
quando ti ho fatto venire sulla spiaggia, qualche ora fa.
La sua risata la colse di sorpresa. – Non
ancora, dolcezza. Ma lo farai, prima o poi. Le prostitute chiedono denaro, le
amanti pretendono regali costosi e le mogli vanno mantenute. Come vedi non
esiste alcun modo per non mettere mano al portamonete, quando si tratta di
donne.
Lei gli affibbiò un’altra gomitata. – Beh,
io non ho intenzione di chiederti assolutamente nulla. Mai.
– Tu puoi chiedermi tutto quello che vuoi,
Sara – le disse lui, facendosi serio all’improvviso. Se ne stava disteso su un
fianco, ancora completamente vestito, sorreggendosi su un gomito. Non le era
mai sembrato tanto sexy.
– Sei così dolce! – mormorò Sara,
chinandosi a sfiorargli le labbra. – Comunque tutto ciò che desidero è qui,
davanti a me.
Lui le passò una mano dietro alla nuca,
approfondendo il bacio. Poi si tirò su, trascinandola con sé. Sara gli allacciò
le gambe intorno alla vita. Poteva sentire la sua erezione premere in quel
punto e un brivido di eccitazione le scese lungo la schiena. All’improvviso si
rese conto che con lui sarebbe riuscita a lasciarsi andare fino in fondo. Aveva
sempre pensato che la sua prima volta dovesse essere speciale, ma non aveva mai
capito esattamente cosa mancasse nel rapporto che aveva con Mario. I momenti di
intimità che avevano avuto erano stati piacevoli, tuttavia le avevano sempre
lasciato un senso di aspettativa; un vuoto che andava colmato, anche se non
sapeva in che modo. Ora invece le era tutto chiaro. Era quello strano
stordimento, la morsa che le prendeva lo stomaco quando Giulio la sfiorava
appena, il tassello mancante.
Si scostò da lui per respirare e stava per
dirgli che era pronta a fare l’amore, quando a un tratto lui parlò con voce
roca. – Non resisto più, Sara. Ti voglio, ma non ho intenzione di farti mia
nella casa in cui vive mia madre. Sarebbe una mancanza di rispetto nei suoi
confronti.
Sara sbatté le ciglia più volte. Una mancanza
di rispetto? Le aveva appena regalato un orgasmo da paura in quella stessa
casa. Per quale motivo adesso si tirava indietro? Proprio quando lei aveva
deciso di compiere il grande passo!
Corrugò la fronte. – Allora cosa
suggerisci?
Giulio le accarezzò uno zigomo, lo sguardo
concentrato su di lei. – Ti procurerò un appartamento qui in città. Un posto
dove potrò raggiungerti tutte le volte che voglio e dove tu possa sentirti a
casa. Sarà il nostro nido d’amore e così non sarai più costretta a fare la
sguattera.
Lei sentì un peso sul cuore. – Mi stai
proponendo di diventare la tua mantenuta?
– Beh, sì. Che c’è di strano? Arrivati a
questo punto direi che è inevitabile che tu diventi la mia amante.
– Così mi sistemerai in un
bell’appartamento, mi comprerai vestiti e gioielli e verrai a trovarmi tutte le
volte che avrai voglia di scopare? – Si accorse che la sua voce si era alzata
di un’ottava, ma non se ne curò. Era a dir poco furiosa.
Giulio la fissò accigliato. – Non è nulla
di diverso da quello che fanno tutti gli altri uomini con le loro amanti,
perché lo fai sembrare così squallido?
Sara gli avrebbe volentieri staccato la
testa. Si scostò da lui, cercando di coprirsi col lenzuolo. All’improvviso la
propria nudità le sembrava inappropriata. – Forse perché è squallido! – rispose, acida. – Nemmeno Pretty woman ha accettato di farsi sistemare in un appartamento,
quando Richard Gere gliel’ha proposto!
Adesso Giulio pareva ancora più confuso. –
Di chi stai parlando, si può sapere?
– Pretty woman è una prostituta che si
innamora di un riccone e quando lui le propone di metterla in un appartamento
lei rifiuta perché…
– Aspetta un attimo… – Giulio aveva
sgranato gli occhi e la fissava come se avesse visto il diavolo. – Tu frequenti
i bordelli?
Lei alzò gli occhi al cielo. – No,
stupido. Non si tratta di una storia vera. Quello che cercavo di dirti è che…
– Senti, non mi interessano le decisioni
di una prostituta, vera o presunta che sia. La proposta che ti ho fatto è più
che ragionevole.
Sara fece un sospiro e lo fissò in
cagnesco. – Più che ragionevole, eh? Pensi che io sia un oggetto di cui
disporre come più ti comoda?
– Non ho detto questo. Solo non vedo altre
soluzioni. Non vorrai mica che ti proponga il matrimonio, vero?
Lei si irrigidì. – Fuori! – gridò,
indicando la porta. – Porta il tuo culo fuori da qui. Subito.
– Cosa?
– Ti ho detto di toglierti dai piedi! È
più chiaro adesso?
Gli lanciò una cuscinata, gli occhi che le
bruciavano per le lacrime trattenute. Non voleva piangere davanti a lui, ma si
sentiva ferita e desiderava essere lasciata sola. Non le era mai passato per il
cervello di farsi sposare da Giulio, eppure solo il fatto che lui le avesse
fatto capire che il matrimonio fra loro fosse fuori discussione la faceva
sentire poco desiderata. Per lui andava bene per una scopata veloce, ma non per
un rapporto serio? Pensava che non fosse degna di qualcosa di meglio?
Trattenendo il respiro, attese che lui
uscisse. Poi si gettò sul letto e lasciò che le lacrime le rigassero il viso.
Non era mai stata più infelice e la colpa era unicamente sua: si era innamorata
di un vero bastardo.
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