CAPITOLO 14
S
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ara
stava correndo dietro a Giulio, senza riuscire a raggiungerlo. Il cuore le
batteva furioso nel petto e le ginocchia rischiavano di cederle da un momento
all’altro: era stremata. A un tratto lui si fermò, voltandosi verso di lei con
un sorriso seducente. Le tese una mano, negli occhi uno sguardo ricolmo
d’amore. Sara si protese verso di lui per afferrarla, ma si sentiva inchiodata
al suolo. Non riusciva a muoversi. Poi il viso di Giulio si trasformò e lei si
ritrovò a fissare gli occhi stupiti di Mario, che sembravano trafiggerle
l’anima.
Si svegliò in un bagno di sudore. Il
respiro era affannoso mentre si sforzava di ricordare cosa l’avesse gettata in
quello stato di ansia.
Uno stupido sogno.
Da quando aveva visto Mario, fuori dalla
sartoria, le succedeva ogni notte. Forse era il proprio subconscio che le
lanciava dei segnali? Non era più riuscita a incontrarlo, nonostante avesse
girato le vie di Taranto in lungo e in largo nei giorni precedenti. Era
arrivata persino a chiedersi se vederlo non fosse stato in realtà solo il
frutto della sua immaginazione.
Sospirò, mettendosi a sedere sul letto
disfatto, la mente ancora in subbuglio a causa del sogno. In quel mentre
qualcuno bussò e una Gina trafelata entrò nella stanza, trasportando biancheria
pulita.
– Siete ancora a letto? – le chiese,
corrugando la fronte. – E io che pensavo di trovarvi a camminare su e giù come
un’anima in pena, agitata come tutte le spose.
Gina accompagnò la frase con un sorrisino
furbetto, il che le ricordò immediatamente che quello era il giorno del suo
matrimonio e lei se ne stava lì a pensare a Mario e a un modo per
rintracciarlo.
Non era un buon segno.
Si buttò giù dal letto all’istante. – Devo
fare un bagno. Non posso presentarmi alla cerimonia in questo stato – Come a
ribadire il concetto, indicò la propria camicia da notte fradicia di sudore.
Gina ridacchiò. – Ma certo. Ho già provveduto
a riempirvi la vasca. Volete che vi aiuti a insaponarvi la schiena?
Sarà schizzò dietro il paravento. – No,
grazie. Faccio da sola.
Non era più una bambina e non le importava
se gli aristocratici del tempo fossero abituati a non muovere un dito senza
l’aiuto dei domestici. Lei era stata educata diversamente.
Si immerse nell’acqua calda, chiudendo gli
occhi con un sospiro di piacere che le riscaldò il cuore. Non c’era nulla di
più rilassante di un buon bagno, specie in quell’epoca in cui lavarsi
quotidianamente era un lusso che in pochi potevano permettersi. Afferrò la
saponetta al profumo di rosa, che era stata lasciata al bordo della vasca, e
prese a insaponarsi con forza, lavando via la stanchezza, oltre allo sporco.
Si era tirata su i capelli in uno chignon
alto e ora fischiettava allegramente, sguazzando nell’acqua come una
principessa. Il pensiero delle nozze imminenti si insinuò nei suoi pensieri,
procurandole dei crampi allo stomaco, ma lo scacciò all’istante concentrandosi
su altre cose.
– Il mio vestito da sposa è stato
consegnato?
– Naturalmente. La contessa avrebbe fatto
chiudere il negozio della sarta, altrimenti.
Sara fece una smorfia mentre si insaponava
una gamba. – Non ne sono sicura. Scommetto che ci avrebbe goduto un mondo se io
fossi stata costretta a rinunciare al mio abito.
La voce di Gina arrivò da dietro il
paravento, squillante come sempre. – Oh, non dite così! La contessa ha il
terrore di sfigurare coi suoi invitati, credetemi.
Quando Sara uscì dalla vasca, Gina si
materializzò al suo fianco per porgerle un telo per asciugarsi. – Cos’hai un
radar dietro alla schiena?
La domestica sgranò gli occhi. – Cosa
avete detto?
– Nulla, non ci badare – scosse la testa,
rassegnata, lanciando un’occhiata all’abito che era stato posato sul letto. Era
bellissimo. Si chiese se Giulio lo avrebbe apprezzato e quel pensiero le
procurò un fremito lungo la schiena. – Pensi che gli piacerò?
Gina sollevò su di lei uno sguardo
rassicurante. – Resterà senza parole, vedrete.
*
* * * * * * * * *
Giulio
si risistemò il fazzoletto da collo per la terza volta negli ultimi cinque
minuti. La chiesa in cui avevano deciso di sposarsi era dannatamente affollata.
Aveva sperato in una cerimonia semplice, senza troppi invitati, dato lo scarso
preavviso. Invece sembrava che l’intera Taranto si fosse radunata lì, in quel
giorno di festa, per sbirciare l’ottavo conte di Nardò che si infilava il suo
bel cappio al collo.
Tossicchiò. Non avrebbe voluto metterla in
quei termini. In realtà era impaziente di sposare Sara. Molto impaziente. Il cuore gli batteva nelle costole come se avesse
corso per intere miglia, senza fermarsi a prendere fiato. E sentiva un groppo
in gola che gli impediva di respirare.
Tutto ciò aveva l’aria di una tortura, ma
non era così.
Quello era veramente il giorno più felice della sua vita. Solo che avrebbe
voluto saltare la cerimonia e arrivare direttamente alla prima notte di nozze.
Ma non era concesso, non è vero?
Avrebbe dovuto sopportare ogni cosa
stoicamente, nell’attesa del momento in cui avrebbe potuto avere Sara fra le
braccia.
Si irrigidì, tornando a strattonare il
fazzoletto da collo, a suo parere troppo stretto. A proposito di Sara… dov’era?
Perché non era ancora apparsa? Si augurò che non avesse il cattivo gusto di
abbandonarlo davanti all’altare, di fronte a quella folla di curiosi.
Con lei non si poteva mai dire.
Poi la marcia nuziale cominciò a suonare e
la sposa fece il suo ingresso trionfale, vestita in un semplice abito a vita
alta, color crema, con pochissimi fronzoli.
Era bella da togliere il fiato.
Portava i capelli acconciati sopra alla
nuca, con alcuni boccoli che le scendevano disordinati ai lati del viso, conferendole
un’aria civettuola ed elegante allo stesso tempo.
Non aveva mai visto una sposa più
incantevole.
Si voltò verso di lei mentre avanzava
lungo la navata centrale, il petto gonfio di qualcosa di maledettamente simile
a un moto d’orgoglio.
Quella donna stupenda era sua.
Sua per sempre.
Quando
Giulio le prese la mano, Sara si rese subito conto di avere le dita gelide, a
contatto con la stretta di lui, ferma, forte e calda. All’improvviso fu terribilmente
consapevole della sua vicinanza: le gambe lunghe e slanciate, le spalle larghe,
i muscoli delle braccia che trasparivano dalla giacca dal taglio perfetto. Per
ultimo, ma non meno importante, si sentì invadere le narici dalla sua acqua di
colonia.
Deliziosa.
Cercò di ignorare il battito accelerato
del proprio cuore e si concentrò sulla cerimonia.
Il tempo trascorse alla velocità della
luce, quasi senza che se ne rendesse conto. Ebbe la sensazione di vivere in un
sogno e di assistere a quello che accadeva dall’esterno, come se non fosse lei
la sposa vestita di bianco, davanti all’altare. Quando il sacerdote chiese se
qualcuno conoscesse un ostacolo al matrimonio, quasi temette di vedere apparire
Mario dal nulla, pronto a gridare a tutti che lei non apparteneva a quell’epoca
e pertanto non poteva sposare il conte di Nardò.
Ma Mario non si fece vedere e, dopo una
breve pausa, la cerimonia riprese fino alla sua inevitabile conclusione.
Adesso era la moglie di Giulio. Gli
apparteneva anima e corpo.
Sollevò uno sguardo allarmato su di lui
mentre le infilava la fede all’anulare sinistro. Com’era possibile che avesse
sposato quell’uomo? Era troppo giovane per il matrimonio. Non aveva ancora
fatto le esperienze più importanti della sua vita: l’università, i viaggi, la
sua prima volta… cazzo, non aveva ancora perso la verginità! Cosa sarebbe
accaduto se infine non le fosse piaciuto?
Eppure aveva appena giurato di amare
Giulio e onorarlo per il resto dei suoi giorni. E lui aveva fatto lo stesso.
Si era mai reso conto di quanto poco sapesse
di lei? Cosa avrebbe pensato se un giorno gli avesse rivelato la verità sul suo
viaggio nel tempo?
Quando l’anello scivolò sul suo dito, lui le
sorrise.
Lei non riuscì a farlo. Era troppo nervosa
e confusa.
Infine gli eventi si susseguirono in un
lampo. Firmarono i documenti e poi percorsero insieme la navata, fino
all’uscita. Giulio dispensò sorrisi a tutti e qualche stretta di mano, mentre
lei rimase in un rigido silenzio, frastornata da tutte quelle voci e le
felicitazioni.
L’unica cosa che notò, quando furono fuori
dalla chiesa, fu che il sole splendeva, alto nel cielo senza nuvole di quella
giornata di fine primavera. Il vento portava con sé l’odore salmastro del mare
che cominciava a esserle ormai familiare. Un giorno avrebbe scordato la sua
città, così come la ricordava? Il Ponte Vecchio, gli Uffizi e Piazza della
Signoria. E ancora la sua scuola, il bar dove si ritrovava con le sue amiche e
i giardini sotto casa, dove andavano a giocare a pallavolo o a parlare di
ragazzi.
Tutto questo apparteneva al passato ormai.
Giulio le strinse la mano come per farle
coraggio e salirono sulla carrozza in attesa sul sagrato della chiesa.
Ignorarono le persone che li fissavano incuriosite, mentre facevano ritorno
alla dimora dei conti di Nardò.
Le campane della chiesa risuonarono
festose alle loro spalle.
Sara sorrise malinconica e chiuse gli
occhi. Avevano davanti ancora un’intera giornata di festeggiamenti e quello era
solo l’inizio.
*
* * * * * * * * *
–
Ecco, queste saranno le tue stanze – fece Giulio al termine dei bagordi, quando
salirono ai piani superiori, lasciandosi alle spalle le risate chiassose degli
invitati. – La tua cameriera ti sta aspettando per aiutarti a svestirti.
Lei lo fissò perplessa. – Le mie stanze?
Credevo che avremmo dormito nella stessa camera, ora che siamo sposati.
Giulio le sorrise e i suoi denti bianchi
scintillarono nell’oscurità. – Ti raggiungerò più tardi. Queste sono le usanze.
A Sara parvero delle usanze piuttosto
sciocche. Avrebbe preferito spogliarsi insieme a lui e condividere quel momento
di intimità, ora che avevano la possibilità di restare soli. Tutto ciò la
metteva a disagio.
Sospirò, entrando nella stanza che le era
stata assegnata e che comunicava con quella di Giulio. All’interno Gina pareva
indaffarata come al solito e, quando la vide, le rivolse un sorriso sincero.
Sara esitò. Poi suo marito sì chinò sulla
sua mano, portandosela alle labbra. – A più tardi – le sussurrò, strizzandole
l’occhio. – Non ci mettere troppo.
Quindi si voltò, dileguandosi nella camera
adiacente.
Sara lasciò che Gina l’aiutasse a
togliersi l’abito da sposa, per infilare una camicia da notte che era stata
lasciata sul letto per lei. Si trattava di un capo elegante, in seta color
azzurro ghiaccio, con il corpino in
pizzo. Il tessuto era talmente impalpabile da non lasciare nulla
all’immaginazione, se guardato controluce. Per non parlare della profonda
scollatura che le lasciava i seni quasi interamente scoperti.
Ma in fondo era la sua prima notte di
nozze.
Deglutì, tornando a fissare il letto. Era
un enorme letto a baldacchino, preparato con cura per la notte. Sara si chiese
cosa ci si aspettasse da lei. Doveva infilarsi fra le lenzuola e attendere
l’arrivo di Giulio? Scacciò l’idea immediatamente. Si sedette invece davanti al
tavolo da toeletta, sciogliendo le forcine fra i capelli e lasciando che le sue
folte chiome le ricadessero sulle spalle, in riccioli scomposti.
Gina si offrì di spazzolarli e lei si
affidò fiduciosa alle sue cure.
Era passata all’incirca una mezz’ora
quando sentì bussare alla porta e lui
entrò. Indossava una veste da camera color prugna che lo ricopriva fino alle
caviglie e il suo sguardo era intenso, predatore. Ordinò a Gina di congedarsi e
lei uscì, richiudendo la porta alle sue spalle con discrezione.
Sara si sentiva la gola secca.
– Sei bellissima – Giulio, avanzò verso di
lei lentamente. – Non hai idea di quanto attendessi con ansia questo momento.
Lei arrossì, alzandosi in piedi. Detestava
sentirsi così a disagio, eppure non riusciva a evitarlo. – Tu invece sei buffo
con quella vestaglia. Avrei preferito spogliarti io, prendere confidenza col
tuo corpo… è snervante tutto questo.
Giulio si schiarì la voce e le accarezzò una
guancia col dorso della mano. – Avremo tutto il tempo per fare queste cose. Una
vita intera, in verità.
– Quindi non sarà sempre così?
– Così come?
Le labbra di lui si posarono lievi sul suo
collo. Si era rasato. Sara riusciva a sentire il profumo del suo sapone da
barba e dell’acqua di colonia. Era un aroma così maschio e afrodisiaco che le
diede immediatamente alla testa.
Barcollò, ma lui la prese fra le braccia,
stringendola contro il suo petto solido e muscoloso. Immediatamente si
dimenticò della domanda. Chiuse gli occhi, inalando il suo odore a pieni
polmoni.
Sensazioni incredibilmente piacevoli si
risvegliarono dentro di lei mentre Giulio le sfiorava le labbra con le proprie,
inducendola a dischiuderle per accogliere la sua lingua esigente. Ebbe la
sensazione di andare a fuoco. Un crudo e selvaggio desiderio sessuale si fece
strada dentro di lei. Con un sospiro gli afferrò i lembi della vestaglia, per
attirarlo maggiormente verso di sé.
Lui si scostò appena per guardarla dritta
negli occhi. Pareva divorato dalla stessa bruciante passione. – Vogliamo
spostarci sul letto, ora?
La sua voce era bassa e roca, puro velluto
per le sue orecchie.
Sara deglutì. – Certo.
Si sedettero entrambi sul materasso, l’uno
di fianco all’altro. Lui la fissò intensamente per qualche istante, poi le
accarezzò il labbro inferiore con il pollice. Senza esitazione, Sara lo prese
in bocca, succhiandolo e strappandogli un gemito.
– Dio mio, Sara… – Giulio lasciò la frase
a metà, lasciando scorrere le dita lungo il mento e il collo e poi più in
basso, fino a insinuarle all’interno della camicia da notte. Le abbassò la
spallina, denudandole un seno. Poi, con la mano libera, le scoprì anche l’altro.
Quell’indumento impalpabile le scivolò sul corpo come una carezza leggera,
provocandole un brivido.
Sara percepì lo sguardo bruciante di
Giulio su di sé e si morse il labbro. Non era la prima volta che la vedeva
senza niente addosso, eppure… ora sembrava tutto diverso. Ora era suo marito. A sua volta, allungò una
mano tremante verso la cintura della sua vestaglia e la sciolse.
Sotto, era completamente nudo.
Sara strinse il labbro fra i denti con più
forza, quasi fino a farlo sanguinare.
Intanto Giulio continuava a fissarla.
Scorse un lampo di divertimento nei suoi occhi mentre la invitava a procedere,
abbassando le braccia lungo i fianchi. Sara gli sfilò la vestaglia di dosso,
lasciandogliela ricadere giù dalle ampie spalle.
Aveva già intravisto il suo corpo nudo, quella
volta che aveva improvvisato quello spogliarello per provocarla. Tuttavia,
adesso aveva tutto il tempo per lasciar scorrere lo sguardo su di lui,
studiandone ogni muscolo.
Il suo fisico era perfetto.
Aveva un corpo abbronzato che pareva una
scultura greca. Il David di Michelangelo sbiadiva al suo confronto, anche
perché Giulio non era fatto di marmo. Era vivo e caldo. Accarezzò il suo torace
muscoloso, velato da una leggera peluria scura, memorizzando ogni centimetro di
pelle. Poteva percepirne il calore attraverso i polpastrelli.
Sara trattenne il fiato.
Il petto di Giulio si alzava e abbassava
al ritmo del respiro. Era quasi un movimento ipnotico.
A un tratto sentì la sua rauca risata e
trasalì. – Spero che ti piaccia ciò che vedi – mormorò lui, senza staccare gli
occhi dai suoi.
– Tu che ne dici? – Sara continuò la sua
esplorazione. Giulio aveva i fianchi stretti, gambe forti e cosce potenti e
muscolose. Sarebbe stato l’invidia di tutti i palestrati della sua epoca.
– Dico che abbiamo giocato anche troppo.
Adesso è il momento di fare sul serio.
Sorprendendola, lui la sospinse sul
materasso, coprendola col proprio corpo eccitato. La baciò a bocca aperta,
quasi divorandola, finché lei non sentì dentro di sé una tensione tremenda,
all’altezza del basso ventre.
Si agitò sotto di lui, sfregandosi contro
il suo corpo. Pelle contro pelle. All’improvviso non si sentiva più a disagio o
in imbarazzo. Provava un bisogno così intenso che non avrebbe neppure saputo
spiegare.
Poi le labbra di Giulio scesero lungo il suo
collo, fino a posarsi sull’avvallamento fra i seni. Sara si sentiva davvero in
fiamme, al punto che non riusciva a pensare coerentemente. Percepì la lingua di
lui intorno ai capezzoli, una scia umida che si muoveva in cerchio, facendola
impazzire.
Oh,
mio Dio!
Infine quelle labbra andarono a posarsi
dove lei voleva, prendendole un capezzolo in bocca e succhiandolo avidamente.
Sara non riuscì a trattenere un grido. Lo sentì stuzzicarlo coi denti, per poi
passare all’altro seno.
Se avesse continuato così, era sicura che
sarebbe venuta all’istante, prima ancora che la toccasse fra le gambe.
Quel pensiero le fece venire in mente un
piccolo dettaglio. – Aspetta – mormorò, col fiato corto. – Devo dirti una cosa.
Lui la ignorò. Le aprì le cosce,
infilandole un dito all’interno della vagina. I suoi muscoli interni si
contrassero, strappandole un sospiro. Si rese conto di essere bagnata.
Decisamente bagnata.
Poi Giulio si posizionò fra le sue cosce,
pronto a penetrarla.
Non poteva più aspettare. Doveva
dirglielo. – Aspetta, ti prego. È importante.
Finalmente lui sollevò lo sguardo. Pareva
che si stesse trattenendo a fatica, il respiro era irregolare e gli occhi
sembravano emettere bagliori dorati. – Devi dirmela proprio adesso questa cosa importante?
Lei annuì. – Questa è la prima volta per
me.
Ecco fatto. Si era tolta il dente.
Trattenne il respiro, in attesa della sua reazione. Lui corrugò semplicemente
la fronte. – Cosa?
Sara alzò gli occhi al cielo. – Sono
ancora vergine, è più chiaro così?
Lo sentì rilasciare il fiato
all’improvviso, mentre il suo corpo si tendeva all’istante. Per un attimo il
silenzio invase la stanza. Sara riusciva a percepire soltanto il battito furioso
dei loro cuori.
Infine Giulio parve tornare in sé. – Beh,
si presuppone che ogni sposa lo sia – rispose, inarcando un sopracciglio.
Lei sbatté le palpebre più volte. – Questo
significa che non ti importa?
– Certo che mi importa! – Giulio sbuffò,
tenendosi in equilibrio sulle braccia. – Voglio dire, sono decisamente sollevato.
Sara sorrise. – Bene. Temevo che la cosa
non ti sarebbe piaciuta.
Giulio assunse un’espressione talmente
buffa da risultare comica. Spalancò gli occhi e aprì e richiuse la bocca più
volte. – Temevi che non mi sarebbe piaciuto?
E per quale motivo?
– Beh, i ragazzi preferiscono le tipe con
un po’ di esperienza. È risaputo. Nella mia classe alcune ragazze sono andate a
letto col primo con cui sono uscite, solo per perdere la verginità. Io sono
l’unica a non averlo fatto.
Lo sguardo di Giulio si fece ancora più
sbigottito. – Sara, se avessi voluto una donna con più esperienza non avrei
preso moglie, mi sarei recato in un bordello.
A quel punto fu lei a mostrarsi sorpresa.
Poi a un tratto ricordò dove si trovava e con chi. Che idiota! Per un attimo
aveva scordato di trovarsi nel diciannovesimo secolo, in mezzo a uomini
retrogradi e maschilisti.
Si morse la lingua. – Già. Non ci avevo
pensato.
– Possiamo procedere ora? – Giulio la
sovrastava. Era grosso e pesante su di lei, eppure non lo trovava spiacevole.
Tutt’altro.
– Certo – rispose in un bisbiglio. Sollevò le gambe, intrecciandole
intorno ai suoi fianchi. Sentì le mani di lui che la sollevavano e poi una
leggera pressione proprio lì, dove si trovava la sua apertura. Giulio si sforzò
di entrare lentamente, cercando di provocarle il minimo disagio.
– Ti farà un po’ male – le disse,
stringendo i denti. A guardarlo sembrava lui a provare dolore.
Sara trattenne il fiato. Non era troppo
fastidioso, sentiva solo un vago bruciore. In realtà era così bagnata che il
suo pene le era scivolato dentro facilmente. Solo quando il proprio imene si
lacerò, permettendogli di penetrarla fino in fondo, sentì una fitta che le
tolse il fiato. Ma lui si immobilizzò immediatamente, coprendola di baci
ovunque: sul naso, sulle tempie e alla base del collo. Era molto tenero.
– Non preoccuparti. È tutto a posto – Si
era sentita in dovere di tranquillizzarlo. Sembrava così in ansia! Per un
attimo le venne in mente che Mario non era mai stato così premuroso con lei, ma
scacciò subito quell’idea.
Non voleva pensare a Mario mentre faceva
l’amore con suo marito.
– Sicura? – Giulio la studiò concentrato e
perfettamente immobile. Lo sentiva dentro di sé, riempirla completamente.
Annuì. – Sicurissima – e nel dire ciò,
serrò le gambe con più decisione intorno ai suoi fianchi, cercando di
rilassarsi.
Poi lui cominciò a muoversi. I propri
muscoli interni presero a contrarsi a ogni spinta, aumentando in lei un bisogno
che neppure sapeva di poter provare. Era una dolce agonia. Un puro e semplice
piacere carnale che esplose dentro di lei, sempre più forte.
Inspirò, rilasciando il fiato con un
potente sospiro. Ogni spinta sembrava sempre più forte e profonda della precedente
e lei si ritrovò a gemere, inarcando i fianchi allo stesso ritmo.
Adesso fu lui a inspirare all’improvviso.
Cominciò a muoversi più veloce,
sussurrandole parole incomprensibili all’orecchio. Il piacere era talmente
intenso che Sara si ritrovò a desiderare che non finisse, che lui restasse
sempre dentro di lei, scivolando sempre più a fondo.
Gettò la testa all’indietro mentre ondate
di piacere si propagavano nel suo interno, togliendole il respiro. L’orgasmo
esplose all’improvviso, facendola tremare, finché si ritrovò a urlare il nome
di Giulio, mentre gli arpionava la schiena con le unghie.
Lui
si immobilizzò un istante, dopo di che riprese a muoversi con un ritmo più
serrato, finché non lo sentì tremare a sua volta, il respiro ansante e il
sudore che gli imperlava la fronte.
Qualcosa di caldo e umido si riversò
dentro di lei e a quel punto Sara si irrigidì.
– Mi sei venuto dentro? – gracchiò,
sollevando uno sguardo allarmato su di lui.
Giulio ricadde su un fianco, continuando
ad ansimare come un mantice. – Come? Cosa hai detto?
– Ho detto che mi sei venuto dentro! Sei
impazzito? Cavolo, potresti avermi messo incinta!
Lui l’attirò a sé, cullandola fra le
braccia, mentre una risata roca gli scuoteva le spalle. – Uhm… vedo che sei
informata a riguardo. Sì, in effetti è così che si fanno i bambini. Qual è il
problema?
Sara
boccheggiò, alla ricerca di un po’ d’aria. – Qual è il problema? Ho appena diciotto anni! Non voglio avere un figlio
adesso.
Giulio la ignorò e chiuse gli occhi.
Non avrebbe osato addormentarsi, vero?
Dovevano affrontare insieme la cosa, vagliare le possibilità, cercare una
soluzione…
– Sarai una madre meravigliosa, Sara – le
disse, lasciandosi sfuggire uno sbadiglio. – E adesso dormi.
Infine si addormentò.
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