CAPITOLO 7
Q
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uando
quella sera Giulio si sedette a tavola, la prima cosa che notò fu l’assenza di
Sara. Non l’aveva vista per l’intera giornata. Che lo stesse evitando? Quella
ragazza era per lui un vero enigma. A differenza delle altre fanciulle della
sua età non arrossiva in continuazione, sapeva come rispondere alle sue battute
maliziose ed era terribilmente provocante.
Eppure, se ci si prendeva qualche libertà
nei suoi confronti reagiva sfoderando gli artigli come un gatto al quale si è
pestata la coda. Tutto ciò era decisamente frustrante.
– Madre, non vedo Sara a tavola – disse,
fingendo un’indifferenza che era ben lontano dal provare. – L’avete fatta
avvisare che la cena viene servita alle otto e mezza?
Sua madre gli rivolse uno sguardo obliquo,
sistemandosi il tovagliolo in grembo. – Sara non cenerà con noi. Come avrai
notato tu stesso, le nostre abitudini alimentari non le si confanno. Ha
preferito consumare un pasto leggero in cucina, con i domestici.
C’era da aspettarselo. Evidentemente aveva
scelto di stargli lontana. Lo irritava il fatto che avesse deciso di ignorarlo
a tal punto. Diamine, era stato solo un bacio! E da quello che aveva potuto
constatare, quella non era certo la prima volta che un uomo la baciava in quel
modo.
Era del tutto fuori luogo comportarsi da
verginella offesa!
Addentò un pezzo del suo pasticcio di
carne, immerso nei suoi cupi pensieri. Ignorò persino le chiacchiere incessanti
di sua madre, riguardo a una giovane debuttante che avrebbe voluto presentargli
e consumò l’intera cena in silenzio. Non vedeva l’ora di alzarsi e andare a
cercare quella piccola piantagrane.
Voleva evitarlo? Ebbene, le avrebbe
concesso quello che desiderava. Sarebbe partito l’indomani stesso per
raggiungere Ciro e gli altri suoi compagni. Forse al suo ritorno la signorina avrebbe smesso di fare stupidi
giochetti con lui. Era certo che un’intera settimana in compagnia di sua madre
sarebbe stata più che sufficiente a farle apprezzare ciò che adesso sdegnava.
Mise da parte l’ultima portata e si alzò
da tavola, congedandosi con una scusa. Non seppe dare un nome a quell’urgenza
che provava di vederla, di parlare con lei. Si disse che voleva accertarsi
unicamente che stesse bene, prima di intraprendere il proprio viaggio.
Ma intanto vedeva labbra morbide da
baciare e forme sinuose da accarezzare.
Forse stava impazzendo sul serio.
*
* * * * * * * * *
Sara
si gettò sul letto esausta. Per l’intera giornata non aveva fatto altro che
battere tappeti, piegare lenzuola e lucidare tutta l’argenteria di casa. E
pensare che la governante le aveva detto che per il primo giorno si sarebbero
dedicate a lavoretti leggeri! Non osò
pensare a cosa l’avrebbe aspettata il giorno successivo. Lei che aveva sempre
detestato le faccende domestiche!
Un improvviso bussare alla porta
interruppe le sue elucubrazioni. Si alzò sbuffando e aprì, ritrovandosi a
fissare gli occhi penetranti di Giulio.
– Che cosa vuoi? – chiese, per nulla
felice di vederlo. La sola cosa positiva di quella giornata era stata il fatto
di non aver avuto nulla a che fare con lui. Persino la cena le era stata
servita in cucina, lontana da quegli occhi acuti e terribilmente affascinanti.
Il solo vederlo lì, davanti a lei, le accelerò il battito cardiaco.
– Potresti almeno fingere di gradire la
mia presenza – rispose lui, appoggiandosi allo stipite della porta. Perché
doveva essere così bello? Il suo fisico asciutto e muscoloso la confondeva al
punto che finiva per scordarsi dov’era e con chi. Era irritante.
Alzò gli occhi al cielo. – Perché dovrei?
– disse, incrociando le braccia al petto. – Non amo le finzioni. Allora, perché
sei qui?
Lui fece un sorrisino. – Non mi fai
entrare?
– Fossi matta!
Una bassa risata lo scosse. Poi tornò
serio all’improvviso e un brivido scese lungo la schiena di Sara, guardandolo.
Per un attimo pensò alle sue labbra calde che si muovevano sulle proprie e
provò una fitta al basso ventre.
No, invitarlo a entrare sarebbe stata la
cosa più sbagliata da fare. Sarebbero finiti sul letto in meno di cinque
minuti, questo era certo! Ma perché doveva esserci un’attrazione così forte tra
loro? Era terribilmente sbagliato.
Infine Giulio si schiarì la voce. Chissà
se aveva intuito il suo turbamento? Sara si finse annoiata e attese che
rispondesse alla sua domanda.
– Sono passato a salutarti – disse, dopo
un po’. – Domani all’alba parto.
Non era affatto quello che si sarebbe
aspettata. Sara ebbe un tuffo al cuore e corrugò la fronte. – Dove vai? Hai
intenzione di lasciarmi qui da sola?
Lui rise di nuovo e addolcì lo sguardo. –
Devo raggiungere i miei compagni nel loro rifugio – spiegò, abbassando la voce
e guardandosi intorno come se avesse paura che qualcuno potesse passare di lì e
ascoltare i loro discorsi. – Ho ancora con me la refurtiva. Non vorrei che
pensassero che li ho traditi e me la sono tenuta.
Sara lo guardò in tralice. – E che ne dici
di restituirla ai legittimi proprietari, invece?
– Dico che non è un’opzione da prendere in
considerazione. Vuoi vedermi penzolare da una forca, per caso?
Lei sbuffò. Ancora non riusciva a credere
di sentirsi attratta da un ladro. Se qualcuno glielo avesse detto, si sarebbe
messa a ridere. – Tornerai? – chiese, con un filo di voce.
Giulio le afferrò il mento per
costringerla a guardarlo dritto negli occhi. – Ti mancherò?
Avrebbe voluto rispondergli di no,
ridergli in faccia… qualsiasi cosa pur di non rivelare quello che stava
provando in quel momento. Non ci riuscì. – Vedi di non sparire – disse, invece.
– Se mi lasci qui per sempre, con quell’arpia di tua madre, giuro che ti vengo
a cercare e allora penzolare da una forca ti sembrerà la fine migliore che
possa capitarti.
Il sorrisino che lui le lanciò le fece
tremare le gambe. – Ah sì? E cosa avresti intenzione di farmi?
Sara ricambiò il sorriso con malizia. –
Immagino che tu non abbia sentito parlare di una certa Lorena Bobbit, vero?
– No. Chi diavolo sarebbe costei?
– Una donna che tagliò l’uccello al
proprio marito. Penso che non ti piacerebbe fare la stessa fine, vero?
L’espressione di Giulio fu impagabile. Lo
vide sgranare gli occhi e impallidire. – Stai scherzando – non era una domanda,
bensì un’affermazione.
Sara scrollò la testa, continuando a
sorridere. – No, affatto.
– Perché diavolo una moglie dovrebbe fare
una cosa del genere al proprio marito?
– Lui le aveva messo le corna.
Giulio si grattò la testa, poco convinto.
– La maggior parte dei mariti mette le corna alla propria moglie. Cosa c’è di
insolito?
A quel punto Sara restò interdetta. Quasi
si era dimenticata del suo irritante maschilismo. – Evidentemente non tutte le
mogli la vedono allo stesso modo – sibilò, lanciandogli l’ennesima
occhiataccia.
Giulio esitò. Pareva incerto se credere
alle sue parole oppure farsi una risata. – E questo marito è ancora vivo?
– Certo. Si è fatto rifare l’uccello, più
lungo di quello che aveva prima.
A quel punto lui rise davvero. Aveva
persino le lacrime agli occhi. – Hai un senso dell’umorismo un po’ bizzarro, ma
mi piace.
Sara divenne seria all’improvviso. –
Scherzi a parte, non ti azzardare ad abbandonarmi qui.
Lo sguardo di Giulio si fece più cupo,
intenso. Poi lui posò le labbra sulle sue, sfiorandole appena. – Ti prometto
che tornerò a liberarti dalle angherie di mia madre – disse divertito, non
appena si staccò da lei. – Starò via non più di una settimana.
Una settimana.
Sara
capì che le sarebbe mancato. Sul serio.
*
* * * * * * * * *
Quando
fu solo nella sua stanza Giulio si lasciò cadere su una poltrona per sfilarsi
gli stivali. Sentiva ancora sulle labbra il sapore di Sara ed era terribilmente
eccitato. Diamine, si era trattato di un bacio talmente casto! Com’era
possibile che l’avesse turbato in quel modo?
All’improvviso il pensiero di non vederla
per una settimana lo intristì. Non aveva mai provato un simile attaccamento per
qualcuno, per una donna poi!
Per un attimo pensò di placare la propria
tensione sessuale con qualche servetta disponibile, ma scacciò quell’idea
infastidito. Non voleva una donna qualsiasi. Voleva lei. Disperatamente.
Forse starle lontano per un po’ era una
buona idea. Se la sarebbe tolta dalla testa una volta per tutte e al suo
ritorno avrebbe deciso cosa farne di lei. Di certo non poteva continuare a
ospitarla nella casa in cui viveva sua madre. Avrebbe potuto proporle di
diventare la sua amante e sistemarla in un appartamento da scapolo.
Sì, quella era un’idea sensata.
Basta con i giochi, le battute maliziose e
via dicendo. In fondo era un uomo e aveva i suoi bisogni. Sara gli sarebbe
stata grata per quella proposta. Che alternative aveva? La strada? Un lavoro
onesto come istitutrice, presso qualche famiglia benestante, era impensabile.
Con quella lingua e i modi di fare licenziosi l’avrebbero sbattuta fuori dopo
un solo giorno.
E di certo non poteva fare la sguattera.
L’aveva osservata a lungo e non aveva mani da lavoratrice. Le sue dita erano
lunghe e affusolate, la pelle morbida al tatto. Erano le mani di una signora.
Nemmeno la vita in un bordello avrebbe
fatto per lei. Nonostante non fosse una ragazza ingenua, sospettava che non
avrebbe affatto gradito essere oggetto delle attenzioni di tanti uomini. Diamine,
teneva a distanza pure lui!
Sospirò, appoggiandosi allo schienale
della poltrona. Le avrebbe concesso il tempo necessario per abituarsi all’idea,
ma sarebbe stata sua. Molto presto. Un lento sorriso gli incurvò le labbra e
finalmente si sentì in pace con se stesso.
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