venerdì 13 maggio 2016

OLTRE I CONFINI DEL TEMPO - SETTIMA PUNTATA

CAPITOLO 7


Q
uando quella sera Giulio si sedette a tavola, la prima cosa che notò fu l’assenza di Sara. Non l’aveva vista per l’intera giornata. Che lo stesse evitando? Quella ragazza era per lui un vero enigma. A differenza delle altre fanciulle della sua età non arrossiva in continuazione, sapeva come rispondere alle sue battute maliziose ed era terribilmente provocante.
     Eppure, se ci si prendeva qualche libertà nei suoi confronti reagiva sfoderando gli artigli come un gatto al quale si è pestata la coda. Tutto ciò era decisamente frustrante.
     – Madre, non vedo Sara a tavola – disse, fingendo un’indifferenza che era ben lontano dal provare. – L’avete fatta avvisare che la cena viene servita alle otto e mezza?
     Sua madre gli rivolse uno sguardo obliquo, sistemandosi il tovagliolo in grembo. – Sara non cenerà con noi. Come avrai notato tu stesso, le nostre abitudini alimentari non le si confanno. Ha preferito consumare un pasto leggero in cucina, con i domestici.
     C’era da aspettarselo. Evidentemente aveva scelto di stargli lontana. Lo irritava il fatto che avesse deciso di ignorarlo a tal punto. Diamine, era stato solo un bacio! E da quello che aveva potuto constatare, quella non era certo la prima volta che un uomo la baciava in quel modo.
     Era del tutto fuori luogo comportarsi da verginella offesa!
     Addentò un pezzo del suo pasticcio di carne, immerso nei suoi cupi pensieri. Ignorò persino le chiacchiere incessanti di sua madre, riguardo a una giovane debuttante che avrebbe voluto presentargli e consumò l’intera cena in silenzio. Non vedeva l’ora di alzarsi e andare a cercare quella piccola piantagrane.
     Voleva evitarlo? Ebbene, le avrebbe concesso quello che desiderava. Sarebbe partito l’indomani stesso per raggiungere Ciro e gli altri suoi compagni. Forse al suo ritorno la signorina avrebbe smesso di fare stupidi giochetti con lui. Era certo che un’intera settimana in compagnia di sua madre sarebbe stata più che sufficiente a farle apprezzare ciò che adesso sdegnava.
     Mise da parte l’ultima portata e si alzò da tavola, congedandosi con una scusa. Non seppe dare un nome a quell’urgenza che provava di vederla, di parlare con lei. Si disse che voleva accertarsi unicamente che stesse bene, prima di intraprendere il proprio viaggio.
     Ma intanto vedeva labbra morbide da baciare e forme sinuose da accarezzare.
     Forse stava impazzendo sul serio.

* * * * * * * * * *

Sara si gettò sul letto esausta. Per l’intera giornata non aveva fatto altro che battere tappeti, piegare lenzuola e lucidare tutta l’argenteria di casa. E pensare che la governante le aveva detto che per il primo giorno si sarebbero dedicate a lavoretti leggeri! Non osò pensare a cosa l’avrebbe aspettata il giorno successivo. Lei che aveva sempre detestato le faccende domestiche!  
     Un improvviso bussare alla porta interruppe le sue elucubrazioni. Si alzò sbuffando e aprì, ritrovandosi a fissare gli occhi penetranti di Giulio.



     – Che cosa vuoi? – chiese, per nulla felice di vederlo. La sola cosa positiva di quella giornata era stata il fatto di non aver avuto nulla a che fare con lui. Persino la cena le era stata servita in cucina, lontana da quegli occhi acuti e terribilmente affascinanti. Il solo vederlo lì, davanti a lei, le accelerò il battito cardiaco.
     – Potresti almeno fingere di gradire la mia presenza – rispose lui, appoggiandosi allo stipite della porta. Perché doveva essere così bello? Il suo fisico asciutto e muscoloso la confondeva al punto che finiva per scordarsi dov’era e con chi. Era irritante.
     Alzò gli occhi al cielo. – Perché dovrei? – disse, incrociando le braccia al petto. – Non amo le finzioni. Allora, perché sei qui?
     Lui fece un sorrisino. – Non mi fai entrare?
     – Fossi matta!
     Una bassa risata lo scosse. Poi tornò serio all’improvviso e un brivido scese lungo la schiena di Sara, guardandolo. Per un attimo pensò alle sue labbra calde che si muovevano sulle proprie e provò una fitta al basso ventre.
     No, invitarlo a entrare sarebbe stata la cosa più sbagliata da fare. Sarebbero finiti sul letto in meno di cinque minuti, questo era certo! Ma perché doveva esserci un’attrazione così forte tra loro? Era terribilmente sbagliato.
     Infine Giulio si schiarì la voce. Chissà se aveva intuito il suo turbamento? Sara si finse annoiata e attese che rispondesse alla sua domanda.
     – Sono passato a salutarti – disse, dopo un po’. – Domani all’alba parto.
     Non era affatto quello che si sarebbe aspettata. Sara ebbe un tuffo al cuore e corrugò la fronte. – Dove vai? Hai intenzione di lasciarmi qui da sola?
     Lui rise di nuovo e addolcì lo sguardo. – Devo raggiungere i miei compagni nel loro rifugio – spiegò, abbassando la voce e guardandosi intorno come se avesse paura che qualcuno potesse passare di lì e ascoltare i loro discorsi. – Ho ancora con me la refurtiva. Non vorrei che pensassero che li ho traditi e me la sono tenuta.
     Sara lo guardò in tralice. – E che ne dici di restituirla ai legittimi proprietari, invece?
     – Dico che non è un’opzione da prendere in considerazione. Vuoi vedermi penzolare da una forca, per caso?
     Lei sbuffò. Ancora non riusciva a credere di sentirsi attratta da un ladro. Se qualcuno glielo avesse detto, si sarebbe messa a ridere. – Tornerai? – chiese, con un filo di voce.
     Giulio le afferrò il mento per costringerla a guardarlo dritto negli occhi. – Ti mancherò?
     Avrebbe voluto rispondergli di no, ridergli in faccia… qualsiasi cosa pur di non rivelare quello che stava provando in quel momento. Non ci riuscì. – Vedi di non sparire – disse, invece. – Se mi lasci qui per sempre, con quell’arpia di tua madre, giuro che ti vengo a cercare e allora penzolare da una forca ti sembrerà la fine migliore che possa capitarti.
     Il sorrisino che lui le lanciò le fece tremare le gambe. – Ah sì? E cosa avresti intenzione di farmi?
     Sara ricambiò il sorriso con malizia. – Immagino che tu non abbia sentito parlare di una certa Lorena Bobbit, vero?
     – No. Chi diavolo sarebbe costei?
     – Una donna che tagliò l’uccello al proprio marito. Penso che non ti piacerebbe fare la stessa fine, vero?
     L’espressione di Giulio fu impagabile. Lo vide sgranare gli occhi e impallidire. – Stai scherzando – non era una domanda, bensì un’affermazione.
     Sara scrollò la testa, continuando a sorridere. – No, affatto.
     – Perché diavolo una moglie dovrebbe fare una cosa del genere al proprio marito?
     – Lui le aveva messo le corna.
     Giulio si grattò la testa, poco convinto. – La maggior parte dei mariti mette le corna alla propria moglie. Cosa c’è di insolito?
     A quel punto Sara restò interdetta. Quasi si era dimenticata del suo irritante maschilismo. – Evidentemente non tutte le mogli la vedono allo stesso modo – sibilò, lanciandogli l’ennesima occhiataccia.
     Giulio esitò. Pareva incerto se credere alle sue parole oppure farsi una risata. – E questo marito è ancora vivo?
     – Certo. Si è fatto rifare l’uccello, più lungo di quello che aveva prima.
     A quel punto lui rise davvero. Aveva persino le lacrime agli occhi. – Hai un senso dell’umorismo un po’ bizzarro, ma mi piace.
     Sara divenne seria all’improvviso. – Scherzi a parte, non ti azzardare ad abbandonarmi qui.
     Lo sguardo di Giulio si fece più cupo, intenso. Poi lui posò le labbra sulle sue, sfiorandole appena. – Ti prometto che tornerò a liberarti dalle angherie di mia madre – disse divertito, non appena si staccò da lei. – Starò via non più di una settimana.
     Una settimana.
     Sara capì che le sarebbe mancato. Sul serio.

* * * * * * * * * *

Quando fu solo nella sua stanza Giulio si lasciò cadere su una poltrona per sfilarsi gli stivali. Sentiva ancora sulle labbra il sapore di Sara ed era terribilmente eccitato. Diamine, si era trattato di un bacio talmente casto! Com’era possibile che l’avesse turbato in quel modo?



     All’improvviso il pensiero di non vederla per una settimana lo intristì. Non aveva mai provato un simile attaccamento per qualcuno, per una donna poi!
     Per un attimo pensò di placare la propria tensione sessuale con qualche servetta disponibile, ma scacciò quell’idea infastidito. Non voleva una donna qualsiasi. Voleva lei. Disperatamente.
     Forse starle lontano per un po’ era una buona idea. Se la sarebbe tolta dalla testa una volta per tutte e al suo ritorno avrebbe deciso cosa farne di lei. Di certo non poteva continuare a ospitarla nella casa in cui viveva sua madre. Avrebbe potuto proporle di diventare la sua amante e sistemarla in un appartamento da scapolo.
     Sì, quella era un’idea sensata.
     Basta con i giochi, le battute maliziose e via dicendo. In fondo era un uomo e aveva i suoi bisogni. Sara gli sarebbe stata grata per quella proposta. Che alternative aveva? La strada? Un lavoro onesto come istitutrice, presso qualche famiglia benestante, era impensabile. Con quella lingua e i modi di fare licenziosi l’avrebbero sbattuta fuori dopo un solo giorno.
     E di certo non poteva fare la sguattera. L’aveva osservata a lungo e non aveva mani da lavoratrice. Le sue dita erano lunghe e affusolate, la pelle morbida al tatto. Erano le mani di una signora.
     Nemmeno la vita in un bordello avrebbe fatto per lei. Nonostante non fosse una ragazza ingenua, sospettava che non avrebbe affatto gradito essere oggetto delle attenzioni di tanti uomini. Diamine, teneva a distanza pure lui!
     Sospirò, appoggiandosi allo schienale della poltrona. Le avrebbe concesso il tempo necessario per abituarsi all’idea, ma sarebbe stata sua. Molto presto. Un lento sorriso gli incurvò le labbra e finalmente si sentì in pace con se stesso.

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